Il percorso di cura del paziente affetto da psoriasi spesso è complicato e ricco di insidie, a partire dalla diagnosi che può essere sottovalutata o confusa con patologie che si manifestano in modo simile, ai lunghi tempi d’attesa e alla difficoltà nel definire un percorso di cura adeguato.
Le cure a disposizione per tale patologia sono diverse e variano a seconda del livello di gravità e delle caratteristiche individuali del paziente: si distinguono in farmaci topici, luce ultravioletta e farmaci sistemici (convenzionali e biologici).
I centri specialistici per la diagnosi e cura della psoriasi (ex Centri PSO-Care) sono distribuiti in modo disomogeneo e frammentato in Italia. Questo significa che l’accesso alle terapie di un paziente dipende dalla Regione in cui vive. A titolo di esempio, come rivela studio STETHOS 2020 della The European House– Ambrosetti, in Basilicata c’è un centro che deve rispondere alle esigenze di un bacino di utenti che è il quadruplo di quello della Valle d’Aosta. A questo si deve aggiungere che, a causa dell’aumento del flusso di pazienti, dell’evoluzione dei modelli di cura e dell’inadeguatezza delle risorse disponibili rispetto alla domanda, il paziente si trova ad affrontare lunghi tempi di attesa, difficoltà di accesso e inefficienze.
I numeri
In totale in Italia, secondo lo stesso studio, ci sono 149 centri specializzati per la psoriasi che trattano malattie psoriasiche e 865 medici dermatologi ospedalieri. Solo il 50% di loro, però, prende in considerazione i farmaci biologici tra le terapie che prescrive ai propri pazienti, percentuale che si abbassa al 7,8% se si considerano tutti i dermatologi sul territorio italiano.
Partendo invece dal numero di pazienti affetti da psoriasi (circa 1,7 milioni), gli italiani che da linee guida dovrebbero essere trattati con una terapia biologica sono compresi tra 50 e 200 mila, poiché questi farmaci sono indicati solo nelle forme moderate o gravi della malattia.
In realtà, i pazienti con psoriasi trattati con il farmaco biologico sono attualmente, in Italia, circa 16 mila. Si stima pertanto che ci sia una percentuale elevata di pazienti sotto-trattati.
Le cause di questa situazione sono molteplici e comprendono la scarsa propensione dei medici all’utilizzo di biologici e la limitata diffusione di centri prescrittori sul territorio.
Le cause del sotto-utilizzo delle terapie biologiche
In genere il paziente si rivolge in prima istanza al dermatologo territoriale il quale in funzione della gravità della patologia ha a disposizione i seguenti tipi di trattamento:
- Trattamenti topici, considerati dai pazienti poco efficaci e soprattutto costosi
- Fototerapia, efficace, ma scomoda perla necessità di sottoporsi frequentemente al trattamento (almeno 2 volte la settimana in ospedale)
- Trattamenti sistemici che hanno un’efficacia rapida, ma con un ridotto profilo di tollerabilità.
Specie nelle forme di psoriasi moderate o gravi non sempre l’utilizzo di questi farmaci esita in un risultato terapeutico soddisfacente per il paziente che, non soddisfatto, a volte, perde la fiducia nello specialista e va a cercare altre soluzioni, allungando ulteriormente i tempi di risoluzione del problema.
La prova di questo iter si ricava dal dato che, solitamente, il paziente arriva al centro ospedaliero, che diversamente dal dermatologo territoriale è autorizzato alla prescrizione di farmaci biologici, autonomamente, su suggerimento di parenti e/o amici, piuttosto che di un medico.
Non va meglio per i pazienti che soffrono di artrite psoriasica. Con una prevalenza della malattia intorno a 115 mila persone, i pazienti italiani che, da linee guida, potrebbero beneficiare di un trattamento con una terapia biologica sono compresi tra i 34,5 e i 48mila.
Secondo lo studio STETHOS 2020,i pazienti con artrite psoriasica trattati con farmaco biologico in Italia sono attualmente circa 24 mila. Anche in questo caso si evidenzia una percentuale rilevante di pazienti sotto-trattati.
Cause e costi della scarsa aderenza terapeutica
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità “la scarsa aderenza alle terapie croniche compromette gravemente l’efficacia del trattamento, caratterizzandosi come un elemento critico per la salute delle popolazione e per la sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali”.
In Italia, l’Agenzia del farmaco (AIFA) sottolinea che “la scarsa aderenza alle prescrizioni del medico è la principale causa di non efficacia delle terapie farmacologiche ed è associata a un aumento degli interventi sanitari, della morbilità e della mortalità, con un danno sia per i pazienti che per il sistema sanitario”.
I fattori che incidono maggiormente sulla mancata aderenza alle terapie includono:
- multicronicità, cioè la presenza contemporanea di più patologie croniche, che implicano quindi l’assunzione di più farmaci da parte del paziente;
- scarsa motivazione del paziente per la frustrazione dovuta al non percepire benefici dalle cure,
- scarsa comprensione sulla terapia da seguire,
- difficoltà economiche e sociali che colpiscono il paziente,
- motivi organizzativi e carenze nei servizi sanitari.
Secondo un’indagine dell’Associazione per la Difesa degli Psoriasici (Adipso), l’88% dei malati di psoriasi, deluso dalle terapie, rinuncia alle cure. La non aderenza alle terapie farmacologiche ha delle conseguenze non solo in termini di salute, ma anche economici: in Europa si stimano 194.500 decessi e 125 miliardi di euro l’anno per i costi dei ricoveri dovuti a questo problema (Oms).
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