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La sclerosi sistemica, nota anche come sclerodermia, è una malattia cronica ed evolutiva del tessuto connettivo che colpisce soprattutto le donne di età compresa fra i 30 e i 50 anni. L’incidenza sulla popolazione è di circa 1-2 casi nuovi per 100mila abitanti all’anno. Il suo decorso interessa inizialmente la cute per poi coinvolgere anche gli organi interni. La caratteristica principale della malattia è una produzione eccessiva di collagene che conduce a fibrosi della cute e di alcuni organi interni, soprattutto il polmone, diventando quindi fortemente invalidante. 

Esordio della malattia e sintomi

Di solito la malattia esordisce con il cosiddetto “fenomeno di Raynaud” ovvero il cambiamento di colore delle estremità del corpo dovuto alla diminuzione del flusso sanguigno nei tessuti. Questo processo interessa in particolar modo le dita delle mani e si verifica soprattutto in caso di improvvisi sbalzi di temperatura. Le dita tendono a diventare bianche, poi bluastre e infine rosse e vengono avvertiti anche formicolii e sensazione di torpore. Altri sintomi che possono insorgere sono ulcerazioni alle nocche, dolori articolari e muscolari, difficoltà digestive, respiratorie e cardiache.

Importanza di una prima indagine epidemiologica

Le cause che la determinano sono ancora oggi sconosciute e si segnala una grossa carenza di attenzione su questa patologia, a livello sia di strutture sul territorio che di studi specifici, risorse indispensabili per offrire buona assistenza e progredire nella ricerca di trattamenti. Solo fra il 2010 e il 2016 è stata condotta la prima indagine epidemiologica sulla sclerosi sistemica in Italia e si è aspettato fino al 2017 perché la sclerosi sistemica fosse finalmente inserita nella lista delle malattie rare.

Differenze regionali nella diffusione e gestione della sclerosi sistemica

Da questa analisi, promossa dalla Lega italiana sclerosi sistemica, emerge che la malattia è più frequente nel Nord rispetto al Centro-Sud, con il tasso di mortalità più alto nella provincia autonoma di Bolzano. In Emilia-Romagna la sclerosi sistemica è risultata essere al secondo posto per le patologie rare più diffuse nel periodo 2007-2018, con ben 1400 casi.

I dati mettono in luce soprattutto le differenze regionali nell’accesso alle cure, sottolineate per esempio dal frequente ricorso alla mobilità passiva, e quindi alla ricerca di trattamenti al di fuori dalla regione di residenza, che riguarda in particolare Abruzzo, Basilicata, Campania e Liguria. I costi medi dei ricoveri spaziano dai 2.000 ai 5.000 euro; le cifre più alte per la spesa ambulatoriale sono quelle del Veneto.

Questo studio evidenzia carenze significative a livello di assistenza e anche notevoli difficoltà nell’ottenere le esenzioni stabilite per esami diagnostici e trattamenti relativi alla sclerosi sistemica, oltre alla mancata realizzazione delle previste reti reumatologiche regionali. Il livellodelle cureresta profondamente influenzato dal luogo di residenza, determinando eccessive disparità fra i malati che in molti casi non riescono ad essere seguiti in maniera adeguata all’interno della propria regione, con effetti negativi sulle condizioni di salute e sulla qualità della vita in generale.

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Emergono forti differenze regionali nella gestione della sclerosi sistemica

Finalmente un prima indagine su una patologia finora poco studiata che può avere conseguenze gravi e il cui trattamento necessita di maggiore attenzione a livello nazionale.

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