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Contro la migrazione sanitaria in oncologia, che interessa il 10% dei pazienti, reti multidisciplinari intra ed extra-regionali (networking), teleconsulti, invio di referti online e cartelle sanitarie digitali, consegna di farmaci a domicilio: sono le principali soluzioni al centro delle buone pratiche di assistenza al paziente oncologico sul territorio durante i mesi caldi dell'emergenza Covid-19. È quanto emerge dal racconto delle buone pratiche messe in atto durante la pandemia raccolte dal gruppo di associazioni pazienti 'La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere' e discusse nel corso dell'ottavo Forum istituzionale annuale del gruppo, evento di riferimento a livello nazionale per la valutazione e il dibattito sulle politiche sanitarie in ambito oncologico, che si è svolto in dicembre a Roma.

Secondo le associazioni, sono "soluzioni obbligate durante i mesi di lockdown, ma che devono ora essere istituzionalizzate e messe a regime per contribuire ad arginare il fenomeno della migrazione sanitaria dei pazienti oncologici e oncoematologici, che interessa un paziente su 10". L'apporto fondamentale di telemedicina e teleconsulti, "che hanno consentito ai pazienti di continuare le cure a casa propria riducendo al minimo gli spostamenti e di poter ricevere, quando necessaria, una second opinion - evidenziano i rappresentanti dei pazienti elencando le buone pratiche - La carta vincente della consegna di farmaci oncologici a domicilio o nelle farmacie e nei centri ospedalieri più prossimi, modalità estremamente utile, in particolare per i trattamenti a somministrazione orale e per pazienti che non hanno bisogno di sottoporsi frequentemente a visite per monitorare la situazione o che possono eseguire esami a domicilio comunicandone gli esiti telematicamente".

Proprio per questo, suggeriscono le associazioni, "le lezioni apprese durante la pandemia non vanno dimenticate, ma anzi vanno adottate, potenziate e implementate anche per il futuro". "Il tema della migrazione sanitaria in oncologia, sul quale da sempre è impegnato il nostro gruppo - spiega Annamaria Mancuso, presidente Salute Donna Onlus e coordinatrice del gruppo 'La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere' - in questo momento storico è particolarmente rilevante, anche perché l’emergenza Covid purtroppo non è ancora archiviata e la fragilità dei pazienti oncologici e oncoematologici non deve essere sottovalutata. Inoltre, questo tema è strettamente correlato alla medicina del territorio che, se implementata a dovere, consentirebbe di ridurre al minimo gli spostamenti. La ricerca qualitativa che presentiamo oggi ha coinvolto associazioni del gruppo, membri della Commissione tecnico-scientifica e istituzioni. Abbiamo capito che digitalizzare il sistema sanitario è necessario e urgente, così come, appunto, potenziare la medicina territoriale".
Dalla ricerca qualitativa emergono dunque una serie di soluzioni obbligate durante i mesi di lockdown, ma che devono ora essere istituzionalizzate e messe a regime per contribuire a migliorare l'assistenza sul territorio.
"La leva sulla quale agire è il miglioramento del networking - ha spiegato Filippo de Braud, ordinario di Oncologia medica, direttore Scuola di specialità in Oncologia medica università degli Studi di Milano, direttore Dipartimento Oncologia e Ematologia Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano - Ovviamente è necessario un impegno politico che abbia l'obiettivo di garantire un'omogeneità di approccio alle cure tra le Regioni, con linee guida comuni, regole di sistema omogenee, quali ad esempio la gestione del sistema liste di attesa e delle priorità per patologie e della disponibilità dei farmaci ad alto costo. Se si istaurasse tutto questo, sarebbe facile gestire in maniera efficace la migrazione dei pazienti sia intra che extra-regione. Essenziale poi che le reti oncologiche siano attivate sull'intero territorio nazionale e messe realmente in connessione tra loro".

Secondo Marco Vignetti, presidente Fondazione Gimema Franco Mandelli Onlus, ricercatore Ematologia Sapienza Università di Roma, vicepresidente Ail nazionale, "è indispensabile attivare una infrastruttura informatica analoga a quella già in uso in molti altri campi. Esistono applicativi, come il fascicolo sanitario elettronico, di cui abbiamo potuto prendere conoscenza proprio grazie alla pandemia per la efficienza e rapidità con cui è stato gestito il Green pass, già sviluppati. Si tratterebbe - evidenzia - di fare lo sforzo di governare la pletora di sistemi sviluppati all'interno di singoli reparti, ospedali, città, regioni per surrogare, appunto, la mancanza di una infrastruttura nazionale istituzionale, avviando l'impiego del fascicolo sanitario elettronico, che consente, tra l'altro, non solo la comunicazione e condivisione tra medico e paziente, ma anche tra medico del territorio e specialista, con il paziente al centro, evitando al paziente la necessità di essere lui a far da coordinatore tra le diverse figure sanitarie di cui ha bisogno".

22/12/2021

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