11 marzo 2021
I sintomi dell’anemia falciforme, soprattutto le tipiche crisi dolorose, insieme a una scarsa conoscenza generale della malattia determinano nella maggior parte dei casi un forte impatto negativo sulla vita dei pazienti e dei caregiver. Diventa quindi essenziale essere correttamente informati sulle caratteristiche della patologia, sui comportamenti più adeguati da adottare e sulle associazioni a cui appoggiarsi per gestire le difficoltà nella maniera migliore, senza sentirsi soli di fronte al dolore. Esempi a questo proposito sono le associazioni Fondazione Giambrone, UNIAMO e UNITED.
Cos’è l’anemia falciforme
L’anemia falciforme è una emoglobinopatia, ovvero una patologia che riguarda un difetto qualitativo dell’emoglobina, non quantitativo. Si tratta infatti di una malformazione genetica ereditaria dell’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno contenuta nei globuli rossi. In pazienti affetti da anemia falciforme i globuli rossi che contengono elevate quantità di emoglobina S, la forma anomala di emoglobina, possono deformarsi e assumere una caratteristica forma a falce, diventando meno flessibili. Il numero di globuli rossi falciformi aumenta in caso di infezioni o in presenza di sangue poco ossigenato.
Tradizionalmente le crisi vaso occlusive sono sempre state attribuite all’occlusione della microvascolatura causata dalla falcemizzazione, con conseguenti fenomeni di ischemia, lesione e dolore. Studi recenti, invece, documentano un processo multicellulare più complesso, causato dall'adesione di leucociti, piastrine ed eritrociti falciformi all'endotelio e dal successivo intrappolamento di ulteriori eritrociti falciformi, che determina una occlusione dei vasi.
Le complicanze, acute o croniche, sono multiorgano e a lungo termine possono compromettere sia la qualità di vita che la sopravvivenza del paziente.
Questa malattia è diffusa soprattutto nel bacino del Mediterraneo e in Africa tropicale. In Italia sono maggiormente colpite le regioni del Sud Italia, in particolare Sardegna e Sicilia.
Evoluzione e sintomi della malattia
La malattia spesso si manifesta con crisi acute ricorrenti ed imprevedibili di occlusione vascolare dolorosa (VOC), con conseguenti complicanze e danno multiorgano acuto e cronico come ictus e infarto silente, sindrome toracica acuta, insufficienza renale, ipertensione polmonare. Queste complicanze sono causate sia dalle manifestazioni acute ricorrenti che dalla condizione di vasculopatia cronica e silente, presente per tutta la vita del paziente, e comportano il rischio di mortalità precoce.
In genere le manifestazioni cliniche della malattia si presentano già in età pediatrica anche in modo silente, portando progressivamente ad un aumento di complicanze e ad alterazioni di funzionalità d’organo, sia come conseguenza delle manifestazioni acute ricorrenti (VOC, crisi emolitiche) che della condizione di vasculopatia.
I principali fattori di rischio per lo scatenamento di una crisi vasoocclusiva acuta comprendono l’esposizione a temperature estreme (sia caldo che freddo), disidratazione, infezioni, febbre, bassa ossigenazione, mantenimento posture obbligate per lungo tempo, uso tabacco e di sostanze alcoliche.
Il danno silente si verifica anche nei periodi di malattia subclinica, in assenza di VOC acuta, e può progredire portando a gravi e invalidanti complicanze in più organi, come insufficienza renale, osteonecrosi, ipertensione polmonare, retinopatia, a causa di piccoli infarti vascolari, occlusione microvascolare e ischemia, e anche a maggiore suscettibilità alle infezioni.
Crisi dolorose e qualità della vita dei pazienti
Le VOC rappresentano un aspetto molto critico della malattia e di difficile gestione da parte del paziente, che si sente spesso solo ad affrontare un intenso dolore.
In molti casi le persone affette da anemia falciforme evitano di chiedere supporto a medici e familiari durante le crisi dolorose, mentre è importante informare il proprio dottore, anche per riuscire a tenere sotto controllo l’evoluzione della malattia: spesso, infatti, le crisi dolorose provocano un peggioramento generale delle condizioni.
All’interno di un’indagine internazionale, The Sickle Cell World Assessment Survey, che ha coinvolto 16 paesi e ha visto la partecipazione di più di 2100 pazienti, sono stati valutati diversi aspetti proprio per capire quanto questa malattia influenzi la vita quotidiana e come vengano gestite le crisi e il rapporto con i medici.
Il 90% dei soggetti afferma di aver subito almeno 1 crisi nell’ultimo anno e nel 39% dei casi il numero sale a 5. 1 persona su 4 non ha cercato durante la crisi nessun tipo di assistenza medica, rimanendo a casa a curarsi da solo. Indagando sulle motivazioni, è emerso che il 39% degli intervistati è stato frenato da una passata esperienza ospedaliera negativa e il 29% sostiene che i medici non riescono ad avere una reale comprensione della malattia. Un quadro complesso, in cui appare chiaro che i pazienti si sentono abbandonati e poco capiti.
Inoltre, il peso della malattia si riflette pesantemente nei diversi ambiti della vita, costringendo per esempio il 61% dei soggetti a limitare le attività fisiche intense e il 26% anche quelle leggere. L’impatto negativo comprende anche la sfera familiare, affettiva e sociale e si calcola che ogni settimana venga perso più di 1 giorno di lavoro a causa dei disturbi legati all’anemia falciforme.
Le difficoltà dovute al dolore, ai frequenti ricoveri e all’isolamento connesso sono spesso anche responsabili di fenomeni di ansia, depressione, minore capacità di concentrazione e apprendimento e di disturbi del sonno.
Impatto sulla vita di familiari e caregiver
Solitudine, incomprensione e senso impotenza finiscono per colpire anche le persone che si prendono cura dei malati di anemia falciforme, rendendo complicato prestare adeguata assistenza e, nel caso dei familiari, continuare a svolgere una vita normale. La situazione è ancora più difficile se il paziente è in età pediatrica e spetta al genitore in prima persona occuparsi della gestione della malattia, del supporto durante le crisi e i ricoveri, dei controlli medici e della somministrazione delle terapie. Inoltre, la fase di transizione delle cure, dal periodo infantile a quello adulto, comporta un’attenzione e uno sforzo ancora superiore, perché bisogna rendere poco alla volta il paziente sempre più consapevole della malattia e autonomo nell’assunzione dei medicinali.
I pazienti non sono soli
Le numerose problematiche che emergono dall’indagine non devono far pensare che sia impossibile condurre una vita più serena. L’importante è innanzitutto chiedere aiuto, sia per l’aspetto prettamente medico che più generale a livello emotivo e relazionale.
Dal punto di vista della gestione dei sintomi e delle terapie, si raccomanda di rivolgersi ad un medico ematologo esperto, per sottoporsi a una visita approfondita e mirata. È anche essenziale, come già sottolineato, comunicare sempre al dottore i dettagli e la frequenza delle crisi, in modo da poter pianificare le terapie nella maniera più efficace possibile, e informarlo se il dolore persiste nonostante la somministrazione di antidolorifici.
Per quanto riguarda la sfera emotiva, è fondamentale appoggiarsi a familiari e amici, condividendo con loro le proprie difficoltà ed evitando di chiudersi in se stessi. A questo scopo, è consigliabile rivolgersi alle specifiche reti di sostegno e associazioni: una buona opportunità per confrontarsi con altre persone che si trovano in una situazione simile. Nel mondo gli individui affetti da anemia falciforme, quindi con alta probabilità di sviluppare i sintomi, sono infatti più di 6 milioni: condividere con un gruppo di loro paure, speranze e dettagli relativi alla gestione della malattia, sia per quanto riguarda opzioni terapeutiche che per scambiarsi suggerimenti pratici sulla routine quotidiana, è senza dubbio un modo costruttivo di affrontare le difficoltà e provare a riappropriarsi della propria vita.
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