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Autodiagnosi, tamponi fatti in casa, ricorso ad antibiotici e a cure non supportate dall'evidenza scientifica: è così che gli italiani stanno vivendo la nuova fase della pandemia di Covid-19. Una gestione “fai da te” che preoccupa, e non poco, gli psichiatri.

"Test rapidi da fare e rifare a casa e in farmacia, scuole e classi a rango ridotto e fughe dagli uffici spesso auto-imposte, al di là dei protocolli ufficiali e delle misure di prevenzione, alimentano l'ansia degli italiani anziché ridurla - afferma Emilio Sacchetti, professore emerito di Psichiatria dell'Università di Brescia -. Alla ricerca di un sempre nuovo equilibrio con il virus, abbiamo vissuto fasi alterne durante tutta la pandemia. E, soprattutto nelle ultime settimane, siamo passati dall'idea trionfalistica dell'immunità di gregge e della guarigione allo scoramento, quando siamo stati colpiti da questa nuova ondata. Ora, nella consapevolezza di dover accettare una prolungata convivenza col virus gestita in modo sempre più individuale, l'atteggiamento collettivo sta cambiando. Da una parte si fa strada una visione più matura e meno spaventata, che riconosce l'efficacia della scienza e osserva come i continui record di contagi da Omicron sembrino causare sintomi più lievi, grazie all'aiuto dei vaccini e della dose booster. Dall'altra aumenta il carico d'ansia associato alla consapevolezza che la scienza ha limiti intrinseci, specialmente in una pandemia di cui si imparano a conoscere davvero i contorni man mano che la affrontiamo".

"Per superare l'ansia e il malessere che tuttora proviamo - sottolinea Sacchetti - l'adesione alla campagna di vaccinazione e l'uso delle idonee misure di prevenzione devono però andare di pari passo con una spinta alla socializzazione e a una nuova normalità, per arginare gli effetti devastanti sulla psiche dei cittadini già provata da 2 anni di emergenza sanitaria". E per trovare una nuova normalità, secondo gli esperti "serve anche dedicare un'attenzione particolare alla salute mentale della popolazione, a partire dalle persone con disagi psichici più o meno gravi, che hanno più difficoltà a gestire un'eventuale condizione di positività al Covid o un periodo di auto-isolamento".

Il Covid e la salute mentale sono legati a doppio filo: stando a un recente studio pubblicato su 'The Lancet Psychiatry' i problemi di salute mentale pregressi come ansia e depressione possono aumentare in media del 65% il rischio di infezione da Sars-CoV-2, indipendentemente da qualsiasi altro fattore di rischio, e anche accrescere la probabilità di morire per l'infezione, triplicandola per esempio nei pazienti con schizofrenia. Viceversa, una persona sana che si ammali di Covid ha un rischio notevolmente maggiore di sviluppare un sintomo o disturbo psichiatrico nei 14-90 giorni successivi al contagio, rispetto a chi si ammala di influenza o altre infezioni.

Tutto ciò - osservano gli specialisti - è ulteriormente aggravato dalle conseguenze sulla psiche delle misure di isolamento sociale istituite per contrastare la diffusione del contagio, che contribuiscono ad aumentare lo stress emotivo e il disagio psichico non solo nelle persone positive, ma anche in quelle negative al Sars-CoV-2. Eppure, nonostante la pandemia abbia aumentato drasticamente il bisogno di assistenza psichiatrica, le risorse sanitarie sempre più scarse e tutte rivolte a fronteggiare l'emergenza Covid hanno portato a tagliare anche molte attività dei servizi dedicati alla salute mentale.

"Un paradosso che deve essere ridotto - esorta Sacchetti - per garantire alla popolazione almeno i livelli essenziali di cura psichiatrica. Per questo, ad esempio, sono fortemente indicati interventi validati, ma con un impatto limitato sul carico di lavoro dei servizi di salute mentale e una discreta facilità di gestione-autogestione da parte dei pazienti, come i servizi di psichiatria digitale e la correzione di stili di vita non salutari attraverso l'esercizio fisico e l'adesione a diete sane. Studi condotti prima della pandemia dimostrano che si tratta di interventi che contribuiscono alla prevenzione e alla cura di numerosi disturbi mentali fra cui depressione, ansia, disturbi cognitivi e, seppur con evidenze meno solide, Adhd, alcuni disturbi del neurosviluppo e le psicosi. L'associazione bidirezionale tra pandemia e disturbi mentali comporta anche che la popolazione con disturbi psichiatrici debba a tutti gli effetti essere considerata una popolazione fragile per quanto riguarda il Covid e come tale gestita".

17/01/2022

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