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Diabete. Oltre il 70% dei pazienti è ad alto rischio cardiovascolare. Ruolo di farmaci e insulina

Il 65% delle persone con diabete tipo 1 e più del 78% di quelle con diabete tipo 2 sono a rischio molto elevato di sviluppare un evento cardiovascolare (infarto o ictus). La causa? Un sottoutilizzo dei farmaci antidiabetici con azione specifica nella prevenzione del rischio cardiovascolare, il cui impiego è raccomandato dalle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC). 

Il dato è emerso dalla recente Monografia https://aemmedi.it/annali-amd-profili-assistenziali-nei-soggetti-con-dm1-e-dm2-in-relazione-al-rischio-cardiovascolare/  Annali dell'Associazione medici diabetologi (Amd) “Profili assistenziali nei soggetti con DM1 e DM2 in relazione al rischio cardiovascolare”. L’analisi ha evidenziato come solo tra il 6 e il 10% dei soggetti con diabete di tipo 2 sia in trattamento con farmaci innovativi, nonostante siano raccomandati come prima scelta di trattamento per i soggetti esposti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato.

Sono più di 490 mila le persone monitorate ogni anno nei 258 Centri di diabetologia italiani. La Monografia ha preso in esame i pazienti seguiti da questi centri e appartenenti al database Annali Amd e ha valutato l’assistenza fornita sulla base dei livelli di intensità e appropriatezza farmacologica per il diabete e per i fattori di rischio cardiovascolare e della qualità di cura. L’analisi tiene conto delle Linee Guida ESC-EASD (European Association for the Study of Diabetes), che identificano tre fasce di rischio cardiovascolare - molto elevato, elevato e moderato - sulla base di specifiche caratteristiche, quali malattia aterosclerotica accertata, danno d’organo e fattori di rischio multipli.

 “La fotografia scattata dall’analisi Amd evidenzia una non completa traduzione nella pratica clinica di ciò che dimostrano i risultati degli studi clinici (trial) di sicurezza cardiovascolare -  commenta Basilio Pintaudi, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Amd Real World Evidence. Solo una esigua percentuale delle persone con diabete a rischio molto elevato di danno cardiovascolare risulta in trattamento con un SGLT2-i (10%) e con un GLP1-RA (6%), classi di farmaci che hanno mostrato i maggiori benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare”. 

Come ha evidenziato l’analisi sulla base del “Q Score”, in grado di predire l’incidenza successiva di eventi cardiovascolari in base alla valutazione della qualità di cura complessiva, ad una qualità di cura più bassa corrisponde un maggiore rischio cardiovascolare.

Da oltre 10 anni l’iniziativa Annali Amd fornisce un quadro sui profili assistenziali delle persone con diabete di tipo 1 e 2 e sull’evoluzione della qualità dell’assistenza.  Le proiezioni evidenziano che le persone con diabete tenderanno ad aumentare e, complice il progressivo invecchiamento della popolazione, aumenterà il numero di pazienti a rischio cardiovascolare più elevato.

 “Si tratta di una sfida alla quale il nostro Ssn deve essere in grado di rispondere attraverso soluzioni strategiche costo-efficaci. È auspicabile - dice Paolo Di Bartolo, Presidente Amd - che la diabetologia italiana sia disposta a vincere l’inerzia terapeutica così da mettere in atto una pratica clinica più conforme a quanto le evidenze scientifiche dimostrano in modo non più equivocabile: le nuove terapie sono in grado di cambiare la storia del diabete, aiutando a tenere sotto controllo la malattia e scongiurare gravi complicanze”.

Sull’efficacia di queste terapie innovative è arrivata recentemente un’ulteriore conferma da uno studio https://academic.oup.com/jes/article/5/2/bvaa193/6056674?login=true pubblicato sul Journal of the Endocrine Society.   Gli adulti con diabete di tipo 2 curati con farmaci innovativi hanno tratto beneficio nella riduzione del rischio cardiovascolare, indipendentemente dal fatto che fossero in trattamento o meno con insulina. Gli autori dello studio concludono che, dati i risultati, queste terapie andrebbero prescritte ai pazienti il prima possibile.

Lo studio ha anche mostrato che in quanti utilizzavano insulina, la terapia aggiuntiva con una delle nuove molecole ha comportato una probabilità di poco più elevata di incorrere in un evento avverso cardiovascolare maggiore (MACE) rispetto a chi non faceva uso di insulina.

“Nei soggetti con diabete queste due classi di ipoglicemizzanti dovrebbero essere utilizzate il ​​prima possibile, in modo che possano apportare i maggiori benefici sulla salute cardiovascolare”, scrive il primo autore dello studio Joanna Khatib, ricercatrice di endocrinologia presso la Tulane University School of Medicine a New Orleans, Louisiana. Anche quando viene utilizzata l'insulina, la terapia con queste nuove molecole comporta comunque dei benefici, anche se significativamente inferiori.

Nella premessa, gli autori segnalano che le statistiche dei Centers for Disease Control and Prevention mostrato che nel 2016 circa 23 milioni di adulti statunitensi hanno ricevuto una diagnosi di diabete. Questa condizione comporta un aumento da 2 a 3 volte della malattia aterosclerotica sia negli uomini che nelle donne, con conseguenze come claudicatio intermittens, cardiopatia congestizia e malattia coronarica. Diversi studi hanno inoltre confermato che i pazienti diabetici hanno tassi di mortalità più elevati a causa di malattie cardiovascolari rispetto ai non diabetici.

Gli studi più recenti si sono concentrati sugli esiti cardiovascolari dei farmaci ipoglicemizzanti rispetto al placebo o confrontavano tra loro diversi antidiabetici, ma non chiarivano come era influenzata la salute cardiovascolare quando il regime terapeutico include l'insulina e altri farmaci per il diabete di tipo 2.

“L'uso di inibitori SGLT2 e agonisti del recettore GLP-1 nei regimi terapeutici per il diabete dovrebbero essere maggiormente incoraggiati, indipendentemente dal fatto che ai pazienti venga prescritta insulina”, si legge nello studio. Serve “un maggior numero di studi clinici che valutino i benefici cardiaci di queste due classi di farmaci nei soggetti in trattamento con insulina, ma con maggiori informazioni sul controllo del diabete e sull'entità del beneficio fornito, dal momento in queste persone si ha un peggiore controllo della malattia”.

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