L’intelligenza artificiale (Ai) è un’alleata della diagnosi in medicina. Anche i pazienti concordano: l'87% si dice favorevole all'Ai, però vorrebbe essere informato del suo utilizzo durante un esame. Solo il 10% riterrebbe di dover consultare un altro specialista se il proprio usasse l'intelligenza artificiale a supporto del suo lavoro. Tuttavia, il 76% precisa che non si sentirebbe a proprio agio se la diagnosi fosse fatta esclusivamente dall'Ai, senza la supervisione del medico. È quanto emerge da uno studio italiano con un focus sulla radiologia, pubblicato su ‘European Journal Radiology'.
L'indagine è stata condotta da un team composto da ricercatori del Centro diagnostico italiano (Cdi) di Milano ed esperti di interazione uomo-macchina del Centro interdipartimentale di progettazione e ricerca 'Scienza nuova' dell'università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Gli scienziati hanno analizzato, per la prima volta su larga scala - spiega una nota - la percezione che i pazienti hanno nei confronti dell'applicazione in radiologia di algoritmi basati sull'intelligenza artificiale attraverso un sondaggio a cui hanno risposto 2.119 persone. Di queste, 1.216 sono over 60 e dimostrano interesse verso l'Ai pur non essendo nativi digitali.
Ma in pochi casi si va oltre la curiosità: nonostante il 45% degli intervistati abbia dichiarato un alto livello di istruzione, solo il 3% si è detto 'esperto' di intelligenza artificiale; circa il 58% si è definito da "un po' informato" a "estremamente informato", mostrando di avere un concetto di Ai legato soprattutto agli strumenti che ne fanno un uso più esplicito, come gli assistenti vocali (87%), e meno a quelli che ne fanno un impiego più velato, come i social media (45%) e l'e-commerce (47%). Rilevante comunque, secondo gli autori, il fatto che la metà degli intervistati sia in grado di individuare l'intelligenza artificiale negli strumenti che utilizza e che tutti i partecipanti mostrino una dimestichezza diffusa con la tecnologia, dichiarando di usare smartphone (95%) e computer (88%), seguiti da tablet (50%) e smartwatch (19%), e definendosi da "moderatamente" a "estremamente esperti" nel loro impiego (90%). "La percezione dei pazienti sull'uso dell'intelligenza artificiale in radiologia è molto positiva, pur restando strettamente legata alla supervisione del radiologo", rimarca Simona Ibba, specialista di ricerca clinica e qualità imaging presso il Cdi e prima autrice del lavoro.
"Abbiamo soppesato i risultati relativi alla percezione dell'Ai con l'età, il livello di istruzione e il livello di informazione - precisa l'esperta - riscontrando correlazioni molto deboli o nulle, che ci permettono di dedurre un consenso trasversale al nostro campione".
"In uno studio analogo che stiamo conducendo per indagare la percezione di un gruppo di specialisti radiologi - aggiunge Ibba - abbiamo riscontrato una predisposizione altrettanto positiva verso l'Ai, considerata uno strumento in grado di ottimizzare la qualità e l'accuratezza diagnostica, senza però sostituirsi al medico - puntualizza - ma liberando risorse che possono essere impiegate in altri modi, ad esempio dedicando più tempo al rapporto col paziente, cruciale per entrambi".
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