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L'artrite idiopatica giovanile sistemica, anche chiamata Malattia di Still nel bambino, è una patologia infiammatoria sistemica che ha una causa sconosciuta.

“Si tratta di una malattia rara che colpisce ogni anno un bambino ogni 10.000-20.000, in tutta l’età pediatrica, ovvero da 1 a 16 anni” afferma il prof. Angelo Ravelli, Direttore Scientifico dell’Irccs Istituto Gaslini di Genova e presidente della Società Europea di Reumatologia Pediatrica (PRES).

I sintomi

I sintomi sono sostanzialmente “gli stessi che compaiono nell’adulto - sottolinea Ravelli, uno dei reumatologi pediatri più noti a livello internazionale in ambito clinico, così come nella ricerca scientifica -. Febbre quotidiana elevata, intermittente, persistente per almeno 2 settimane associata a rash con eritema e macule (un’eruzione cutanea simile a quella del morbillo) con sfumature color salmone che tende ad accentuarsi con la febbre e si concentra sulle articolazioni colpite (quando compare l’artrite). Nei bambini con artrite idiopatica giovanile sistemica se si sfrega una zona della loro cute non interessata al rash si scatena la stessa eruzione. Il rash, dunque, si può innescare con queste manovre sulla cute”.

Oltre alla febbre e il rash ci sono altri sintomi con cui la malattia si manifesta: ingrossamento dei linfonodi del collo o dell'inguine; aumento di volume di fegato e milza; sierosite, la comparsa di liquido attorno a cuore, polmoni o in addome. “Raramente riscontriamo anche casi di peritonite” ricorda Ravelli.

Le cause

Le cause della malattia di Still nel bambino ad oggi sono sconosciute. “Tuttavia – sostiene Ravelli - si pensa che abbia una genesi auto-infiammatoria, ovvero che sia legata a delle mutazioni di geni coinvolti nella regolazione dei meccanismi dell’infiammazione, dell’immunità. Mutazioni che causano un’attivazione spontanea di questi fenomeni infiammatori. Dunque, si ipotizza che la malattia sia indotta da questi meccanismi auto infiammatori, quindi dal coinvolgimento dell’immunità innata, mentre la fase più avanzata, dove compare l’artrite, abbia più una connotazione autoimmune”.

La diagnosi

La diagnosi è clinica, basata quindi sulla presenza dei sintomi tipici della malattia.

“Non esistono parametri diagnostici di laboratorio – conferma il direttore scientifico del Gaslini - La diagnosi si basa sulla valutazione dei sintomi che non sono specifici, e sulla distinzione da altre patologie. È una diagnosi differenziale e di esclusione. Ad esempio, per confermare che si tratti di artrite idiopatica giovanile sistemica la febbre deve durare almeno un paio di settimane, a differenza delle febbri dovute ad infezioni virali che si spengono in genere nel giro di 5 giorni. Non solo, nel caso di artrite idiopatica giovanile sistemica quando la febbre scompare il bambino appare in condizioni inaspettatamente buone. In caso di sepsi e leucemie, invece, il bambino è in condizioni cliniche deteriorate anche quando no ha più la febbre. L’artrite, invece, può comparire dopo giorni, mesi e addirittura in alcuni casi anche dopo anni”.

Secondo Ravelli l’artrite idiopatica sistemica giovanile è una malattia di cui si parla poco, “come del resto per tutte le malattie reumatiche del bambino – spiega - perché si pensa che le malattie reumatiche colpiscano solo gli adulti e gli anziani. Ma non è così”.

Terapie

“Fino a pochi anni fa l’unico farmaco efficace disponibile era il cortisone – ricorda Ravelli -. Il medico era costretto a dare cortisonici a dosaggi elevati per lungo tempo. Certamente questa terapia sopprimeva l’infiammazione ma non curava la malattia e in più esponeva il bambino ad effetti collaterali seri (osteoporosi, rallentamento della crescita, malattie del metabolismo, diabete)”.

Fortunatamente dal punto di vista delle terapie “sono stati fatti enormi passi in avanti – sottolinea il reumatologo pediatrico - con l’introduzione di farmaci che inibiscono l'interleuchina 1 e l’interleuchina 6, che sono le due citochine principalmente implicate nella patogenesi della malattia”. Le opzioni terapeutiche attuali “rappresentano una vera e propria rivoluzione. Ma questo non vuol dire che tutti i bambini rispondano a questi farmaci: un 10-15% dei piccoli pazienti, purtroppo, non risponde nemmeno ai farmaci biologici e questi sono i casi più difficili su cui bisognerà lavorare per trovare nuove strategie” conclude Ravelli.

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