Il trapianto del midollo osseo o di cellule staminali periferiche consiste in una trasfusione di cellule staminali emopoietiche (prelevate dal midollo o dal sangue periferico, queste ultime con opportuna tecnica) in pazienti affetti da malattie del sangue, sia benigne che maligne
Questo particolare intervento può essere autologo (cioè dato dalla reinfusione di cellule staminali del paziente stesso raccolte precedentemente) oppure allogenico (ovvero quando le cellule staminali appartengono ad un altra persona che le dona per il malato)
Il trapianto allogenico
Questo tipo di trapianto necessita di un donatore, e l’effetto terapeutico è diverso a seconda della patologia (benigna o maligna) per la quale viene effettuato.
In caso di patologie benigne (come la talassemia) l’obiettivo è quello di fornire un midollo osseo sano (ovvero senza difetti genetici) al paziente, sostituendolo con il suo; in questo caso è decisamente più frequente ricorrere a midollo osseo vero e proprio.
In caso di malattie maligne (come leucemie) l’effetto terapeutico che si vuole ottenere risiede nella capacità delle cellule del sistema immunitario del donatore, di riconoscere come “estranee”, o meglio “pericolose”, le eventuali cellule tumorali residue nel paziente, eliminandole e sconfiggendo definitivamente la malattia
Sulla base della tipizzazione HLA (Humal Leukocite Antigens) , ovvero della caratterizzazione genetica di compatibilità tra donatore o ricevente , il donatore può essere:
- un familiare identico più frequentemente, ma non esclusivamente, fratelli o sorelle;
- un familiare non identico ovvero un familiare che può avere più livelli di incompatibilità per i geni di compatibilità testati, fino ad un massimo del 50% all’interno della parentela;
- un volontario adulto (identificato nelle banche internazionali di donatori, identico per i loci testati oppure con una o più differenze);
- sangue cordonale (al cui interno sono presenti le cellule staminali, congelato in apposite banche il cui livello di compatibilità viene comunque determinato sulla base dei dati disponibili).
Le cellule donate sono infuse nel paziente tramite un accesso venoso dopo una chemioterapia chiamata “regime di condizionamento” e l’inizio di una adeguata terapia immunosoppressiva con l’obiettivo di “preparare” l’organismo del paziente a ricevere le cellule del donatore; questa chemioterapia dura mediamente 6 giorni; ; le cellule possono essere infuseil giorno stesso della raccolta o il giorno successivo (per esempio se le cellule provengono da un donatore all’estero) o, nel caso di sangue cordonale, dopo scongelamento. Dopo il trapianto allogenico, la durata del ricovero, in camere opportunamente protette, può variare da un minimo di 3 ad un massimo di 6- settimane, secondo il tipo di trapianto effettuato.
Il trapianto autologo
In questo caso, il paziente è il donatore di sé stesso. Il procedimento, utilizzato soprattutto nella cura dei linfomi e dei mielomi, consiste in una chemioterapia ad alte dosi che ha l’obiettivo di eliminare tutte le possibili cellule malate presenti nel corpo e nel midollo osseo del paziente, di durata variabile a seconda della patologia di base, con reinfusione delle cellule staminali del paziente stesso. Le cellule vengono raccolte circa a dieci giorni al termine di una chemioterapia, definita “mobilizzante” dopo aver effettuato delle specifiche punture sottocutanee che portano nel sangue periferico le cellule staminali che possono essere facilmente raccolte con una procedura simile a quella adottata quando si donano le piastrine. quindi congelate e conservate ad uso esclusivo del paziente sino alla loro renfusione.
Dopo il trapianto autologo la durata del ricovero è mediamente di 3 settimane.
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