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“Abbiamo scoperto la malattia di Francesco il 9 marzo del 2018, quando ha avuto una ricaduta dopo il trapianto”, dice la mamma commossa. Il pensiero va a quei giorni. “È stata una tragedia, è stata una cosa devastante”, ricorda la donna parlando di un senso di “depressione e tristezza” provato in quei giorni anche per dover dare questa notizia a casa, ai fratelli.

Arriva il ricovero al centro Monzino Maria Letizia Verga, specializzato nello studio e la cura della leucemia del bambino. “Abbiamo scoperto all’inizio della terapia, per caso, solo per caso, la cura”, osserva la mamma di Francesco, sottolineando la sorpresa provata nel vedere la speranza della guarigione di suo figlio prendere forma.

Interviene il papà del ragazzo. Osserva, con emozione, che “il funzionamento di questa terapia è diversa, non ha niente a che vedere con la medicina tradizionale”. Affascinato da questo approccio terapeutico, spiega che “è veramente nuovo: il linfocita è un guerriero”. Il riferimento è al fatto che la terapia Car-T “arma” i linfociti T del paziente inducendo, in laboratorio, l’espressione di specifici – i cosiddetti recettori chimerici – in grado di riconoscere specifiche cellule tumorali e scatenare l’aggressione dell’organismo nei loro confronti.

Il giorno dell’infusione era il giorno del compleanno di Francesco”, racconta la mamma. “È stato buffo” perché inizialmente non lo si voleva a fare in quella data, “ma per noi era la vita che ricominciava, il giorno del compleanno”, osserva sollevata. “Ha rappresentato la speranza, la possibilità di tornare a vivere”, ricorda sorridendo. Rivolta a Francesco aggiunge: “Gli abbiamo tolto la campana di vetro e l’abbiamo rimandato nel mondo, sperando che la  cosa continui”.

Un ritorno alla vita, una rinascita che il papà esprime affermando che “il futuro è Francesco, stare con lui, una persona meravigliosa, un ragazzo eccezionale a cui stare accato”.

La gioia ritrovata diventa motivo di speranza per tutti i genitori e i ragazzi che si trovano in una situazione come quella di Francesco. “A chi aspetta”, confida l’uomo, “la Car-T è una speranza, è diversa dalla terapia tradizionale. È una cosa bellissima”.

Il pensiero va quindi a i ricercatori di Novartis a cui dice, commosso “dobbiamo solo dire grazie: il loro lavoro è indispensabile per l’oggi e soprattutto per il domani “, conclude sorridendo.

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