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Si prendono cura di un familiare, che ha bisogno di supporto perché fragile o malato. Il ruolo di queste persone non è ancora riconosciuto a livello giuridico, mentre il loro compito è notevolmente aumentato durante la pandemia. In Italia ci sono 8,5 milioni di caregiver (il 16,4% per cento della popolazione), di cui 3,3 milioni si dedicano ai propri familiari. Sono giovani, in prevalenza donne (18,4% contro il 14,3% degli uomini), hanno dai 25 ai 54 anni di età.

I caregiver sono, letteralmente, coloro che «prestano attenzione», «si sostituiscono», «rimediano a», «provvedono» e «risolvono». In altre parole, si dedicano agli altri per amore: a queste figure è dedicata la campagna di sensibilizzazione “Dalla parte del caregiver”, voluta e promossa da Novartis. Obiettivo dell’iniziativa è raccontare le storie di chi, ogni giorno, svolge il ruolo di caregiver o sta al suo fianco, attraverso tre video: la testimonianza della caregiver, il ruolo dell’associazione dei pazienti e la relazione con il medico di medicina generale.

“Ho 36 anni e sono caregiver di mio marito, un paziente cronico. La sua patologia è entrata nelle nostre vite e influenza le scelte che facciamo di tutti giorni e quelle che riguardano il nostro futuro. Ma siamo del tutto positivi perché la medicina sta facendo passi da gigante. Parlo di “noi” perché questo è un percorso che io e mio marito, caregiver e paziente, facciamo insieme”. Con queste parole Dea Ortolani, Associate Engagement Lead di Novartis Italia introduce il primo video che racconta la sua storia di caregiver, oltre ad essere “voce narrante” della campagna. “Nell’immaginario comune – ancora Ortolani – il caregiver è una persona in età avanzata, non si pensa mai che le generazioni più giovani possano essere interessate a tale compito. In verità questo è il mio caso”. Ma nel percorso che il caregiver compie accanto al paziente, “fondamentale – ricorda Ortolani – è il ruolo delle associazioni dei pazienti che, oltre ad accogliere le richieste dei pazienti stessi, sono al fianco dei caregiver per sostenerli affinché affrontino al meglio le sfide e le opportunità del futuro”.

E a Rosanna Di Somma, consigliere dell’Associazione italiana scompensati cardiaci e caregiver, è dedicato il secondo videoracconto. “Quando qualche anno fa è stata costituita l’Aisc – ricorda Di Somma – ho deciso di dare la mia disponibilità come volontaria. Per 18 anni sono stata caregiver di mio marito. Da quell’esperienza ho capito quanto sia importante, per caregiver e malati, avere un punto di riferimento nell’associazione dei pazienti, che rappresenta una nuova famiglia che ti accoglie, ti ascolta, ti informa e ti prepara sulla conoscenza della patologia, sul riconoscimento dei sintomi e ti aiuta a capire quando è il momento di rivolgersi al medico o al pronto soccorso”.

La pandemia ha avuto un enorme impattato sul caregiver che ha comunque trovato un alleato fondamentale nel medico di medicina generale mentre ambulatori, studi medici e ospedali dedicavano tempo e personale esclusivamente ai malati Covid. Per paura del contagio, infatti, per tutti “gli altri” pazienti visite, controlli e interventi chirurgici sono stati sospesi o rimandati. Non solo, l’anziano ricoverato in ospedale spesso si è sentito abbandonato, perché al caregiver non era consentito l’accesso e, di conseguenza, la possibilità di “prendersene cura” anche in quel contesto.

“Il caregiver ha un ruolo fondamentale nell’intero processo assistenziale nei confronti di pazienti fragili e complessi – sottolinea Paolo Misericordia, medico di Medicina Generale e consigliere Fimmg, ovvero la terza videotestimonianza. Il caregiver costituisce un front-end molto importante per l’attività del medico, sia nell’accesso a domicilio sia in tutto il percorso di comunicazione tra medico e paziente. È del tutto evidente che le modalità che hanno teso ad escludere i pazienti fragili da un possibile contatto con il virus hanno coinvolto anche il caregiver, che spesso e volentieri si è trovato da solo a dover gestire la relazione assistenziale con il paziente. È sicuramente auspicabile che per un ruolo così importante e delicato sia predisposto un percorso formativo e che metta a disposizione del caregiver delle soluzioni per migliorare le proprie performance professionali”.

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