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Fortemente sottovalutata, diagnosticata spesso dopo anni, trattata non in maniera adeguata. È l’emicrania, patologia cronica invalidante che, stando alle stime della Società italiana di neurologia (Sin), nel nostro Paese colpisce circa 6 milioni di persone, in particolare le donne. Nel sesso femminile, infatti, la patologia è tre volte più frequente: il 15,8% contro il 5% dei maschi. Quella cronica (15 o più giorni con cefalea al mese, di cui almeno 8 con caratteri emicranici) viene riscontrata soprattutto in età più avanzata (il 42,2% dei pazienti ha tra i 55 e i 65 anni) e anche in questo caso è prevalente tra le donne (il 36,3% contro il 29,9% degli uomini). Per buona parte dei pazienti, l'insorgenza della patologia avviene in epoca giovanile: l'età media dei primi sintomi è di 22 anni, come emerge dalla ricerca 'Vivere con l'emicrania', realizzata dal Censis.

Ad accompagnare il paziente emicranico nel suo percorso di diagnosi e terapia più adeguato c’è NoEmi, ovvero No Emicrania, l’innovativa piattaforma digitale (www.noemicrania.it) voluta e realizzata da Novartis con la collaborazione dei maggiori esperti in cefalea in Italia e di Paginemediche. Obiettivo del progetto: facilitare il dialogo tra medico specialista e paziente, anche a distanza, agevolando la condivisione dei dati clinici, la comunicazione e la gestione dell’emicrania.

NoEmi non solo consente al paziente di realizzare un vero e proprio identikit della propria emicrania, di contattare un centro cefalee e di sviluppare un rapporto diretto con il medico, in attesa della visita e successivamente, ma aiuta anche lo specialista ad avere gli strumenti per arrivare, in sede di visita, alla diagnosi corretta e alla terapia più adatta e mirata in tempi brevi.

“Di emicrania soffre circa il 15% della popolazione, il 20 per cento di tutti i pazienti che vediamo in ambulatorio di neurologia convive con la patologia – afferma Fabrizio Vernieri, Responsabile Unità Cefalee e Neurosonologia, Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma –. La diagnosi resta un problema perché noi neurologi arriviamo spesso tardi, dopo i medici di medicina generale e i farmacisti, che rappresentano il primo livello del percorso del paziente. Il fatto di avere, grazie a NoEmi, la possibilità di interagire a distanza, e di arrivare a visita con una documentazione già completa, aiuta molto il compito del medico e informa anche il paziente”.

Il problema fondamentale per chi è affetto da emicrania, secondo Vernieri, è il difficile accesso alle cure. “Il paziente tarda ad andare dallo specialista perché lavora, non ha tempo – sottolinea il neurologo – così preferisce curarsi con un farmaco acquistato in farmacia per risolvere un attacco e tirare avanti, piuttosto che prenotare una visita, soprattutto se non ha cefalee frequenti”.

C’è poi la questione delle liste di attesa. “Sicuramente – aggiunge Vernieri – i tempi ancora troppo lunghi per una visita non aiutano. Risultato? il paziente si stanca di aspettare e continua con le cure fai-da-te. Quando arriva dallo specialista la sua emicrania ha già una frequenza elevata, se non addirittura cronica. Per questo motivo, uno strumento come NoEmi, pensato per avvicinare il medico al paziente prima ancora dell’arrivo della pandemia, è diventato importante soprattutto in questo periodo, non solo durante il lockdown”.

Articoli e video sono disponibili sulla piattaforma per comprendere più a fondo la patologia e capire quali sono i passi da intraprendere per affrontarla. Inoltre, esiste un percorso guidato per favorire la raccolta delle informazioni che potranno essere utili in fase di visita medica.

“A disposizione di medici e pazienti – ancora Vernieri – anche strumenti quali la possibilità di compilare una cartella clinica e di inserire esami utili al fine della diagnosi. Inoltre, chi soffre di emicrania e decide di iscriversi alla piattaforma può gratuitamente accedere a una serie di servizi digitali pensati per gestire e monitorare la patologia, tra cui: la carta di identità del mal di testa, il diario del mal di testa e il libretto sanitario. Il diario, ad esempio, permette ai pazienti di definire la frequenza degli attacchi di emicrania, la loro durata (per quante ore al giorno e per quanti giorni alla settimana) ma anche di descrivere quelle che sono le caratteristiche dei loro mal di testa, di dirci quali e quanti farmaci assumono, e a quali rinunce sono costretti a causa della malattia (giorni lavorativi persi, disabilità sul luogo del lavoro, attività sociali). Informazioni fondamentali al fine di una oggettiva valutazione della loro emicrania”.

Grazie a un assistente virtuale, l’utente viene accompagnato e aiutato ad accedere a contenuti, informazioni, video e servizi della piattaforma con l’ausilio di un team di medici specialisti, esperti nella gestione dell’emicrania.

Ci troviamo di fronte a “una patologia sottostimata e anche sotto-trattata o trattata non in maniera adeguata – ricorda Vernieri –. Il paziente deve essere informato, educato, deve avere gli strumenti giusti per comunicare. Paziente e medico devono poter avere lo stesso linguaggio e questo facilita molto il compito dell’uno e dell’altro”.

Sebbene sia rivolto a tutti pazienti emicranici, “chiaramente – tiene a precisare l’esperto – NoEmi è uno strumento che permette una descrizione preliminare della loro cefalea e il suo follow-up ma è evidente che nulla può sostituire la visita in presenza. La visita è fondamentale per la diagnosi corretta, ma strumenti come NoEmi comunque facilitano molto il medico in vista dell’appuntamento in ambulatorio e lo aiutano ad arrivare alla terapia più adatta, personalizzata per quel tipo di paziente. Inoltre, permette allo specialista di monitorare a distanza il quadro clinico evidenziato durante la visita”.

Nonostante l’emicrania sia la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante del genere umano, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la malattia, al pari della cefalea a grappolo, nelle forme ad alta frequenza e cronica è stata riconosciuta malattia sociale in Italia soltanto nel luglio 2020. Da allora, per legge non è più invisibile. “Peccato – conclude Vernieri – che manchi ancora un decreto attuativo che ci permetta di capire se i pazienti hanno diritto a farmaci e a esenzioni, piuttosto che alla possibilità di assentarsi dal posto di lavoro a causa della malattia”.

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