Perché un podcast sulla salute
Contenuto a cura di Silvia Bencivelli
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Contenuto a cura di Silvia Bencivelli
Il podcast è in rigogliosa crescita. Sono quattordici milioni gli italiani che ne hanno ascoltato almeno uno, almeno una volta, e sono sempre di più, con una crescita a due cifre rispetto all’anno precedente. Non si tratta solo di giovani e giovanissimi. Perché un podcast è facile, è leggero, te lo porti dove vuoi: lo ascolti passeggiando oppure lavando i piatti, guidando o sdraiato sul divano. Ne parli con gli altri oppure no: lo vivi tra le tue orecchie e il tuo cervello e se ti va lo puoi riascoltare. Lo fanno in tanti, sempre di più.
Prendete Luigi. Luigi è in metropolitana: sta andando al lavoro e ascolta la quarta puntata di un avvincente giallo. Quando stasera uscirà dall’ufficio sarà stanco e forse preferirà ascoltare un programma di novità discografiche, poi andrà a cercarsi l’ultima puntata di un podcast di cucina da cui prenderà ispirazione per la cena. Se andrà in palestra, ascolterà i commenti alle notizie della settimana mentre è sulla cyclette. E, se poi si concederà qualche minuto di relax prima di dedicarsi alla famiglia, ascolterà un paio di pagine di un audiolibro letto dalla sua attrice preferita.
Perché oggi anche in Italia, con un po’ di ritardo rispetto a Stati Uniti e Corea (leader mondiale del settore), si stanno diffondendo podcast di tutti i tipi. Podcast con audiolibri o con letture ad alta voce (i più tradizionali), serie (e il “crime” va moltissimo), gallerie di personaggi, racconti, curiosità, attualità, politica, recensioni, materiali di uso didattico e così via. Non mancano, e anzi stanno scalando rapidamente le graduatorie, i podcast sulla salute.
Negli Stati Uniti il primo podcast di questo tipo è uscito nel 2007 e parlava di medicina d’urgenza. Oggi c’è molta offerta e molta varietà: esistono podcast di notizie mediche, quelli che parlano di prevenzione, quelli che raccontano la storia della ricerca medica e quelli sulla vita di singoli medici e pazienti.
Sono classici prodotti di edutainment: educazione e intrattenimento, che spiegano, informano, danno istruzioni, ma sanno essere vicini all’ascoltatore. Hanno cioè due caratteristiche chiave che li rendono accattivanti: sono corretti, attendibili, aggiornati. Insomma, è buona medicina. In più sono emozionanti, a volte commoventi, persino divertenti, e toccano sempre le corde profonde delle nostre sensibilità. Ascoltare un podcast medico, cioè, è vivere in cuffia, magari passeggiando all’aria aperta, una storia di vita e di salute, e può essere un’esperienza di grande umanità.
Ecco perché “Voci per la salute”: un podcast che promette di avvicinarsi all’ascoltatore con la gradevolezza di una discussione tra amici, sincera, serena, ma anche scientificamente autorevole e corretta. Voci, appunto, di pazienti, esperti, medici, psicologi, ricercatori, che raccontano il presente e il futuro della nostra salute.
Ma che cos’è, tecnicamente, un podcast? È un file audio, semplicemente. Un file audio distribuito attraverso una piattaforma che funziona grazie a internet. Si cerca il contenuto che ci piace di più, ci si iscrive, si seguono gli aggiornamenti.
Qualcuno ha detto che il podcast è il fratello minore della radio: è nato dopo, ed esiste esclusivamente in modalità “on demand”. Entrambi si ascoltano, ma la radio funziona attraverso la diffusione di un segnale via etere (a chi fa radio piace dire on air) che va avanti per tutta la giornata con un’offerta di programmi di vario tipo. Mentre il podcast funziona con file di tipo mp3 distribuiti in modalità digitale, ed essendo singoli file, che semplicemente si scaricano sullo smartphone, l’ascoltatore costruisce da sé il proprio palinsesto. Come fa Luigi.
Perché questa parola: “podcast”? È una crasi: “pod”, che letteralmente significa “baccello”, viene da iPod, il primo supporto per l’ascolto di questo tipo di cose. “Cast” significa “diffondere” ed è la parola da cui origina “broadcast”, cioè “radiodiffusione circolare”, o anche “mandare in onda”.
Pare che a inventare la parola “podcast” sia stato nel 2004 un giornalista inglese che stava raccontando il fenomeno, allora del tutto nuovo, della diffusione di file audio che non passavano da etere ma da internet. Era una delle possibilità che internet offriva alla radio per diffondersi senza antenna. Perché la radio è un medium antico che periodicamente qualcuno dà per morto, ma che è capace di risorgere e anzi crescere e di trovare continuamente nuove forme, nuove vie, nuovi linguaggi. Quindi non solo “Video did not kill the radio stars”, ma nemmeno internet l’ha uccisa e anzi le ha dato modo di veder crescere questo allegro, e sanissimo, fratello minore. Il podcast appunto.
Il vero boom dei podcast è cominciato nel 2014, con lo strepitoso successo del serial dal titolo “Serial” che a oggi conta circa 250 milioni di ascolti. Da lì, è stata tutta discesa. Sono nate case di produzione, scuole di scrittura radiofonica, sale di registrazione e montaggio.
Quanto ai podcast sulla salute, sono cresciuti così tanto che anche le principali riviste mediche hanno cominciato a occuparsene. Per esempio la rivista Jama (il giornale della American Medical Association) nel 2017 si è occupato di una serie sulla psicologia dei militari di ritorno a casa dopo un impegno negli scenari di guerra2. Mentre un anno dopo un paper su una rivista del gruppo del British Medical Journal si occupava di quanto sia efficace il podcast per istruire i diabetici all’uso delle insuline3.
Quindi efficaci, emozionanti, scientificamente corretti. E soprattutto interessanti: i podcast sulla salute sono così. Anche Luigi, stasera, ha cominciato a scaricarli: è curioso e ha bisogno di capire qualcosa di più. Perciò eccolo, con le cuffie in mano, pronto ad ascoltare la sua prima puntata di “Voci per la salute”, e a iscriversi, curioso di seguire l’intera serie.
Medico, giornalista scientifica, conduttrice radiofonica e televisiva
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