In due anni ha raccolto 247 storie di persone con scompenso cardiaco, di familiari, caregiver e medici che se ne prendono cura. C’è tutto un mondo all’interno di Antologia del cuore stanco, un volume di narrazioni sullo scompenso cardiaco curato dalla Fondazione ISTUD con il supporto non condizionato di Novartis e con la collaborazione di 21 tra i più importanti cardiologi italiani. Alla realizzazione del primo progetto di Medicina Narrativa condotto in Italia sullo scompenso cardiaco, hanno preso parte Massimo Volpe e Marco Testa della Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Andrea, della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e altri 20 professionisti nella cura dello scompenso cardiaco selezionati in centri italiani, loro pazienti e caregiver.
“Alla base di Antologia del cuore stanco - spiega Antonietta Cappuccio, docente e ricercatrice dell'Area Sanità e Salute ISTUD - ci sono i principi della Medicina Narrativa che pongono al centro del processo di cura il rapporto e il vissuto del paziente. Non a caso, l’iniziativa nasce nell’ambito del progetto molto più ampio che si chiama TRUST –The Roadmap Using Story Telling (La mappa dei percorsi attraverso le narrazioni)- il cui obiettivo è quello di raccogliere le narrazioni di pazienti, familiari e medici in merito allo scompenso cardiaco, la prima causa di morte in Italia tra i disturbi cardiovascolari ma che è ancora una malattia troppo sottovalutata nonostante ogni anno si registrino 66.000 nuovi casi. Spesso, quando si parla di cuore, si pensa immediatamente all’infarto piuttosto che all’ischemia o all’ipertensione arteriosa, ma poche persone conoscono la patologia che colpisce 2 milioni di persone ogni anno nel mondo ed è caratterizzata in maniera ricorrente da fasi acute di ospedalizzazione e re-ospedalizzazione tra le persone di oltre i 65 anni di età, oltre che dalle elevate spese sanitarie associate”.
Anche per gli stessi pazienti “lo scompenso altro non è che una “conseguenza” di un infarto o di una ischemia – ancora Cappuccio -. Da qui l’idea del volume per far luce sulla malattia e dare voce a chi ogni giorno convive con questa condizione. Obiettivo: far conoscere all’opinione pubblica cosa vuol dire vivere con lo scompenso cardiaco, quali limitazioni comporta, e cosa significa essere inseriti all’interno di un percorso di cura che a volte può portare a risultati positivi. Questi pazienti hanno affrontato spesso un percorso difficile e, grazie alla Medicina Narrativa, oggi sanno molto di più della loro malattia, sono coscienti che dallo scompenso cardiaco non si può guarire, ma che è possibile tenere sotto controllo i sintomi prendendo farmaci mirati e seguendo il giusto percorso diagnostico-terapeutico”.
L’Antologia del cuore stanco è composta da una selezione di narrazioni raccolte da giugno a novembre 2018: “82 di pazienti con scompenso cardiaco – sottolinea Cappuccio - 61 di loro familiari e 104 cartelle di medici, strumento quest’ultimo da affiancare alla cartella clinica. Tutti hanno condiviso la propria esperienza in modo digitale, accedendo alla pagina web dedicata al progetto TRUST. Ci sono narrazioni che sono esempi di forza e di serenità, storie di persone che vivono in una situazione di estremo disagio, compresi i familiari che si prendono cura dei loro cari, testimonianze di pazienti che vivono con dolore la loro condizione e altre di persone grate per aver riconquistato alcune piccole libertà”.
L’idea del progetto di Medicina Narrativa, ribadisce Cappuccio, “è nata perché lo scompenso cardiaco spesso porta a frequenti ospedalizzazioni, a percorsi di cura interrotti, cambi di medici e di centri di riferimento. Uno spreco – tiene a precisare l’esperta - e un dispendio di risorse economiche a carico del Servizio sanitario nazionale. Quindi conoscere il percorso di queste persone, comprendere le loro esigenze e anche l’idea di far parlare i tre punti di vista (malato, familiare e medico) che permettono di comprendere sia l’esperienza di vita con la malattia, sia le modalità di approccio al paziente con scompenso cardiaco, per noi, era fondamentale”. Un lavoro certosino ma di grande utilità. “Raccogliendo le storie di tutti i protagonisti - ricorda Cappuccio - abbiamo osservato che l’80 per cento dei pazienti non aveva chiaro cosa fosse lo scompenso cardiaco, una malattia progressiva e altamente invalidante, caratterizzata da dispnea e fatica, e che comporta dei cambiamenti profondi nello stile di vita di chi ne viene colpito che quasi sempre si riflettono anche sulla vita dei familiari. E per questi ultimi il racconto è stato una sorta di valvola di sfogo, narrare la loro esperienza di caregiver, di vita scandita da sofferenze, sacrifici e limitazioni, è stata un’esperienza liberatoria”. Anche per i pazienti è stata un’esperienza utile: “Alcuni – ribadisce Cappuccio - hanno percepito la scrittura come un toccasana, tuttavia per il 10% degli intervistati è stato difficile raccontare la malattia perché questo significava far riaffiorare ricordi che magari si erano sepolti. Per questo il progetto raccoglie storie su base volontaria”.
Esperienza istruttiva anche per i medici. “Per alcuni scrivere la narrazione, scegliere le storie, li ha aiutati a riflettere su errori, scelte sbagliate a livello di relazione medico-paziente”.
Quali le principali richieste dei pazienti? “Molti di loro prima della malattia – conclude Cappuccio – avevano una vita lavorativa e sociale molto attiva, praticavano sport. Oggi, invece, sono costretti a ritmi più lenti dettati dalla malattia, vivono nella paura che possa accadere qualche evento spiacevole, che possano ritrovarsi affaticati durante qualche attività. Così si chiudono in loro stessi perché oggi se non corri, se non viaggi, se non hai una vita frenetica e non sei sui social non esisti. Dobbiamo aiutarli a non sentirsi esclusi dalla società”.
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