L'attività sportiva nei pazienti con Trombocitopenia immune (ITP)
Intervista a Marco Spinelli, medico dell’U.O. Ematologia Pediatrica - Day Hospital Clinica Pediatrica, all’Ospedale S. Gerardo di Monza
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Intervista a Marco Spinelli, medico dell’U.O. Ematologia Pediatrica - Day Hospital Clinica Pediatrica, all’Ospedale S. Gerardo di Monza
L'attività sportiva, fonte di benessere fisico e mentale per tutti, va considerata in modo particolare per alcuni pazienti fragili, come le persone con trombocitopenia immune (ITP), una malattia del sangue che può causare eventi emorragici. Nota anche come porpora trombocitopenica idiopatica o immune, o anche piastrinopenia immune, la ITP rappresenta una rara forma di malattia autoimmune della coagulazione. A causa di un sistema immunitario che produce anticorpi contro le proprie stesse piastrine e le distrugge, la ITP si caratterizzata per una carenza di piastrine nel sangue (piastrinopenia o trombocitopenia) con valori <100.000/mm3, in assenza di altre patologie associate. I sintomi emorragici variano sensibilmente e sono spesso direttamente correlati al valore di piastrine: si può passare da sanguinamenti muco-cutanei (petecchie ed ecchimosi) a gravi emorragie gastrointestinali o cerebrali, molto più rare (0,1-0,4% nei pazienti con conta piastrinica <20.000/mmc) ma potenzialmente fatali. In circa un terzo dei casi, la malattia si sviluppa in maniera asintomatica.
Pur essendo disponibili le Linee Guida nazionali per la gestione dei pazienti con ITP, le raccomandazioni sulle attività quotidiane e sportive per i pazienti pediatrici affetti da ITP si basano soprattutto sul “buonsenso” e sull’esperienza del singolo Centro di cura. “Dovendo affrontare una patologia per la quale non si conoscono i tempi di risoluzione, è importante che i pazienti, ma anche i loro genitori, siano adeguatamente informati circa le possibili attività quotidiane, compreso il gioco e lo sport”, spiega Marco Spinelli, medico dell’U.O. Ematologia Pediatrica - Day Hospital Clinica Pediatrica, all’Ospedale S. Gerardo di Monza. L’approccio deve quindi considerare l’età e il tipo di traumatismi in cui si può incorrere.
Il rischio principale per i pazienti con ITP deriva dal fatto che semplici traumi e infortuni possono rappresentare un serio pericolo per la salute. Infatti, la conseguenza delle piastrine basse, condizione tipica per chi è affetto da questa patologia, è l’alterazione dei corretti meccanismi di coagulazione del sangue e, di conseguenza, dell’arresto delle emorragie.
“Bisogna tenere conto, però – continua Spinelli - che il rischio di traumi esiste per qualsiasi persona che pratichi sport. Anche i rischi associati all’assenza di attività fisica - sovrappeso, diabete etc.- sono uguali per tutti. È consigliabile, quindi, praticare sport con moderazione, salvo in presenza di ITP grave e associata a importanti emorragie. Il giusto compromesso si raggiunge con la scelta dello sport adeguato e adottando, quando necessario, protezioni appropriate”.
“I bambini in età prescolare che frequentano il nido e la scuola materna non rischiano traumi maggiori se non esposti incoscientemente dai genitori – osserva Spinelli -. Possono cadere dalla loro altezza mentre giocano, possono cadere dal divano, possono colpire accidentalmente una superficie dura (muro, pavimento, armadio), possono essere colpiti accidentalmente da un oggetto lanciato da un compagno, etc. Tutti questi episodi comportano la comparsa di una ecchimosi e nessun rischio aumentato di emorragia interna”.
I bambini che vanno a scuola e iniziano a fare attività fisica dovrebbero rispettare le norme minime di protezione previste per tutti i bambini di questa età. “Se, per esempio, si usa la bicicletta, bisogna indossare il casco - precisa lo specialista - se in casa c’è un letto a castello non bisogna dormire su quello superiore, se si scia bisogna indossare il casco, se si pattina bisogna indossare le protezioni, etc. Le attività sportive nelle quali esiste un minimo contatto fisico (calcio, pallacanestro, rugby, e le stesse arti marziali quali judo e karate) non rappresentato a questa età un rischio aumentato di emorragie interne in quanto l’entità del trauma non è di inerzia significativa”.
Alle regole di “buon senso” da mantenere nelle attività quotidiane in questa fascia d’età, in merito allo sport, bisogna tener conto di alcune giuste e ragionate indicazioni. “Le attività sportive sono state suddivise in 3 fasce di rischio traumatico”, continua Spinelli.
Sono sport sconsigliati perché comportano attività ad alto rischio di contatto e traumi ripetuti (concussioni): boxe, arti marziali, motociclismo, rugby, tuffi.
Sono sport consentiti con un medio rischio di trauma: calcio, pallacanestro, sci alpino, ginnastica artistica, pattinaggio, equitazione.
Gli sport autorizzati per il basso rischio traumatico sono: pallavolo, golf, tennis, ciclismo, nuoto.
“In questa fascia d’età il grosso limite è soprattutto l’impossibilità di praticare a livello agonistico gli sport a basso/medio rischio, perché finora è il medico dello sport che definisce l’idoneità di una persona all’agonismo – sottolinea lo specialista -. In caso di un numero basso di piastrine (<20.000/mm3) un medico che non è uno specialista ematologo tende ad evitare di concedere questo certificato. Pertanto, negli ultimi anni si sta lavorando insieme agli organi competenti affinché possa essere redatto e riconosciuto un certificato di attività sportiva agonistica “a 4 mani” (medico di medicina sportiva e specialista ematologo).
In generale, le attività sportive si possono classificare come: - alto rischio: rugby, arrampicata sportiva, hockey, sport da combattimento. - rischio moderato: calcio, pallacanestro, ginnastica, sci, equitazione, corsa, pattinaggio, tennis, pallavolo, karate e altre arti marziali. - basso rischio: camminata, jogging, nuoto, sollevamento pesi, ciclismo.
Pochi ci pensano, ma “le piastrine sono necessarie anche per il recupero post-attività – ricorda Spinelli -. Chi è affetto da ITP presenta un recupero più lento rispetto agli altri. Dolore, infiammazione e rigidità sono sintomi tipici e persistenti nei giorni successivi all’attività fisica”. Nella fase di recupero, quindi, bisogna “soprattutto riposarsi – conclude -. Il ricorso agli antidolorifici è consigliabile solo in caso di grande disagio e deve essere comunque subordinato alle indicazioni del proprio medico”.
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