Giornata del mal di testa. Le nuove terapie per l’emicrania migliorano la vita del paziente
Ne parliamo con Piero Barbanti, Neurologo, Responsabile del Centro Diagnosi e Terapia delle Cefalee e del Dolore dell'IRCCS San Raffaele Pisana di Roma
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Ne parliamo con Piero Barbanti, Neurologo, Responsabile del Centro Diagnosi e Terapia delle Cefalee e del Dolore dell'IRCCS San Raffaele Pisana di Roma
“L’emicrania è una malattia del cervello estremamente severa ma non pericolosa”, spiega Piero Barbanti, Neurologo, Responsabile del Centro Diagnosi e Terapia delle Cefalee e del Dolore dell'IRCCS San Raffaele Pisana di Roma. I numeri parlano chiaro. “È la prima causa di disabilità delle donne sotto i 50 anni e la seconda malattia più disabilitante, in assoluto, del genere umano – continua il professore -. L’emicrania è la tempesta perfetta di un cervello che, per un tragico errore, trasforma in dolore ogni variazione climatica, ormonale o emotiva”.
In Italia 10-15 milioni di persone soffrono di questa malattia e si stima che una su 3 abbia almeno un episodio a settimana. Proprio questo gruppo di persone potrebbe trarre beneficio da un nuovo approccio di cura che si basa su terapie preventive.
L’avvento degli anticorpi monoclonali, cioè di “una cura selettiva e specifica per l’emicrania – osserva Barbanti - ha completamente cambiato il mindset, cioè la mentalità e la qualità del lavoro del medico. Da un lato il mondo delle cefalee e dell’emicrania emerge come una delle brache più sviluppate in campo neurologico e, dall’altro, allevia una sofferenza psicologica che non è solo del paziente, ma anche del medico” che ha un’alternativa alle terapie tradizionali “non sempre così efficaci, ma soprattutto anche aggravate i eventi avversi che determinano una interruzione precoce del trattamento”.
I nuovi farmaci biologici (anti Cgrp) sono in grado di bloccare l’azione della proteina Cgrp che aumenta nel sangue quando si scatena una crisi emicranica e che è in gran parte responsabile della fase dolorosa. Gli anticorpi monoclonali non si assumono quando insorge un attacco acuto di cefalea perché sono una terapia di profilassi, cioè mirata a ridurre frequenza, intensità e durata degli attacchi emicranici nel corso del tempo. Queste nuove terapie hanno “rivoluzionato la vita del paziente per una serie di motivi”, ricorda il neurologo che osserva come sia migliorata l’aderenza alla cura perché la somministrazione è “semplice, mensile sottocutanea e ben tollerata”. Sul piano dell’efficacia basta considerare che il 60% dei pazienti ha una riduzione media del 50% dei giorni mensili di emicrania già a partire dal mese successivo alla prima somministrazione e non sono stati riportati, ad oggi, gravi eventi avversi.
Oltre alla “riduzione netta del numero di giorni di emicrania senza avventi aversi – sottolinea Barbanti – il paziente, cosa che non ci saremmo aspettati, non guadagna solo giorni senza dolore, ma anche in termini di felicità e capacità di essere protagonista della propria vita. La disabilità che definiamo intercritica è drammaticamente ridotta da questo trattamento che sembra far tornare la gioia di vivere nei pazienti”.
Le nuove terapie specifiche, efficaci e ben tollerate hanno elevato il grado di comunicazione medico-paziente. Come osserva il professor Barbanti: “Il paziente sa che l’emicrania è una malattia del neurone, la cellula nervosa, e che può essere curata. Questo porta l’interazione con il medico a un livello più scientifico, più motivante per il paziente e appagante per il medico. Inoltre – conclude lo specialista - complice il triste periodo della pandemia, il medico e paziente hanno scoperto la telemedicina che per il follow up di queste cure, aiuta e incontra il favore di entrambi”.
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