Di Sabato (Policlinico Umberto I): “Serve diagnosi corretta, no all’automedicazione”
Difficoltà ad addormentarsi, frequenti e prolungati risvegli notturni e precoci al mattino. Sono solo alcune facce dell’insonnia, un disturbo che ormai ha raggiunto proporzioni epidemiche: nel mondo una persona su dieci ne soffre ed una su tre dorme male. Stanchezza, sbadigli e frustrazione anche per 9 milioni di italiani colpiti da insonnia cronica, in prevalenza donne e anziani.
“L’insonnia è un vero e proprio disturbo del sonno che non va sottovalutato – spiega Francesco Di Sabato, responsabile Centro per la diagnosi e cura delle cefalee del Policlinico Umberto I di Roma – perché oltre a manifestarsi come un peggioramento soggettivo nella qualità del sonno e difficoltà di addormentamento, causa risvegli mattutini precoci o risvegli nel mezzo della notte che determinano uno stato di stanchezza cronica durante il giorno seguente. Tra i sintomi più frequenti ascrivibili all’insonnia, infatti, ci sono un senso generale di malessere durante l’arco della giornata, diminuzione della capacità di concentrazione e cefalea. Per questo motivo, sempre più spesso nel nostro Centro abbiamo come comorbidità della cefalea l’insonnia, problemi gastrointestinali e sensazione di affaticamento con alterazione dell’umore”.
Le cause possono essere di vario tipo, le più frequenti sono sicuramente l'accumulo di stress e l'ansia. “Anche uno stile di vita poco sano – prosegue il prof. Di Sabato – e alcuni condizioni ambientali possono ostacolare l’addormentamento di un sonno tranquillo. Le persone con cefalee tensiva, ad esempio, conducono una vita frenetica, non si rilassano mai e, di conseguenza, al momento di andare a dormire pensano a tutte le situazioni che si sono create nell’arco della giornata. Tutto ciò, inevitabilmente, causa stress psicologico che chiaramente non favorisce un buon sonno”.
Fondamentale in ogni caso è l’anamnesi e la raccolta dettagliata dei sintomi e delle caratteristiche che rendono specifico questo disturbo in ogni paziente. “Purtroppo – sottolinea il prof. Di Sabato - l’insonnia viene diagnosticata sempre con molto ritardo, dopo anni di qualità di vita scadente, nonostante si tratti di una malattia molto seria che alla lunga determina problemi gastrointestinali (cattiva digestione, alterazione dell’alvo) cardiovascolari (tachicardia). Studi molto importanti ci dicono che una cattiva qualità del sonno influisce sul funzionamento del nostro organismo modificando l’espressione di molti geni. Non solo. Chi dorme meno di sei ore a notte ha una sopravvivenza inferiore. Inoltre, l’insonnia associata ad altre patologie, quali cefalea, sindrome delle apnee ostruttive del sonno e obesità, aumenta nel paziente il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari. Come se non bastasse, le persone che dormono poco hanno un più alto livello di citochine infiammatorie, in particolare la interleuchina 6 e il TNF alfa, il fattore di necrosi tumorale”.
Molti, pur di riposare qualche ora, sono disposti a tutto: dal consumo di sonniferi ai rimedi per dormire, con o senza prescrizione medica, che però non sempre sono efficaci contro l’insonnia. “Essendo una malattia importante – conclude Di Sabato - non si deve mai far riferimento all’auto medicazione perché nel tempo si è visto che porta ad un abuso di benzodiazepine ipnotici da parte di questi pazienti, con mancata risoluzione fra l’altro del problema. Quindi, la raccomandazione è quella di fare sempre riferimento abilmente ad un medico per ricevere le giuste terapie farmacologiche e al personale specialistico che insegna tecniche di rilassamento in modo da poter imparare prima di addormentarsi di rilassarsi e mettere in campo tutte quelle norme igieniche di vita che servono appunto a facilitare il sonno. Prima fra tutte, riconoscere ed imparare a gestire lo stress, effettuare attività fisica, tranne nelle tre ore precedenti all’orario di addormentamento, evitare di assumere alcolici e fumare”.
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