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Nel 2020, quando per il lockdown imposto dal Covid si sono 'persi' 1.700 ricoveri, soprattutto quelli programmati, sono calate anche le ospedalizzazioni in urgenza per infarto e rottura del femore, elemento quest’ultimo tutt'altro che negativo. È quanto emerge dal 'Programma nazionale esiti' (Pne), edizione 2021, realizzato dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e il Dipartimento di Epidemiologia della Asl Roma 1, presentato a metà dicembre nella sede del ministero della Salute a Roma.

Per quanto riguarda l'infarto, ha spiegato Giovanni Baglio, coordinatore del Pne, "nel tempo l’ospedalizzazione per il cardiovascolare si è ridotta. Ma nel 2020 si è assistito a una riduzione di 15mila ricoveri, con un decremento direttamente attribuibile alla congiuntura pandemica stimabile intorno al 12%. Una flessione massima nel primo lockdown e all'inizio della seconda ondata". Perché? "Non convince l'ipotesi che le persone non si siano recate in ospedale, visto che i dati di mortalità per infarto non sono cresciuti particolarmente. Più probabile che abbia contato la minore esposizione a fattori di rischio, come inquinamento e iperattività. Ma è ancora più convincente l'ipotesi che si sia avuta una 'auto-selezione' dei casi meno gravi che non si sono recati in ospedale, come dimostrerebbe il leggero aumento della mortalità a 30 giorni dall’evento acuto (+1%)".

Stesso discorso per la rottura di femore, con una flessione 7.200 ricoveri, "dovuta alla riduzione dei casi per la minore mobilità. Possiamo dire, come magra consolazione, considerati tutti i danni legati a questa fase, che il lockdown ha portato anche a una diminuzione di alcune patologie acute". Altro elemento rilevabile, un maggiore ricorso agli ospedali privati, in ragione del maggiore impegno degli ospedali pubblici per il Covid.

Tutt'altro capitolo quello della chirurgia oncologica, "si evidenzia una riduzione degli interventi per il tumore maligno della mammella che nel 2020 ha subìto una riduzione dell’ospedalizzazione pari al 10% rispetto all’anno precedente. Se si tiene conto del trend in aumento prima della pandemia, tale riduzione corrisponde a circa 7mila ricoveri in meno rispetto all’atteso. Il picco negativo si è avuto a giugno, ritardato rispetto all’inizio del lockdown, attribuibile in larga misura a una battuta d’arresto nell’organizzazione dei programmi di screening e nei percorsi di accertamento diagnostico".

Emergono delle differenze in termini di impatto della pandemia sulla riduzione degli interventi per area geografica: il decremento è stato più marcato al Nord (-13%), rispetto al Centro-Sud (intorno a -5%).

16/12/2021

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