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Lavorare per garantire che la diagnosi di autismo avvenga entro i primi 3 anni d'età in tutta Italia. È questo l'obiettivo a cui mira la Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (Sinpia) secondo cui l’autismo nel nostro Paese interessa circa 1 bambino su 77, con prevalenza maggiore nei maschi, colpiti 4,4 volte in più rispetto alle femmine.

"A causa dell'assenza di esami strumentali in grado di identificarlo più precocemente - spiega Massimo Molteni, neuropsichiatra infantile e direttore sanitario dell'Irccs E. Medea di Bosisio Parini (Lecco) - la diagnosi dell'autismo può essere solo di natura clinica e l'evidenza del disturbo si raggiunge solo nel corso dello sviluppo del bambino. Sarebbe auspicabile riuscire a individuare questa condizione entro i 24 mesi e comunque prima dei 3 anni, mentre purtroppo in molte regioni l'età media della prima diagnosi supera tale età. Con la conseguenza di ritardare i percorsi di presa in carico e i necessari interventi abilitativi, che devono coinvolgere tempestivamente e precocemente la famiglia e i contesti di vita".

I disturbi dello spettro autistico (Autism Spectrum Disorders, Asd) - ricordano gli esperti Sinpia - sono un insieme eterogeneo di problemi del neurosviluppo caratterizzati da deficit persistente nella comunicazione e nell'interazione sociale in molteplici contesti, e da comportamenti, interessi o attività ristretti e ripetitivi. Gli studi epidemiologici internazionali rilevano un incremento generalizzato della prevalenza di Asd negli ultimi anni, legato probabilmente a fattori quali le modifiche dei criteri diagnostici, la maggiore consapevolezza degli operatori sanitari, sociosanitari ed educativi, e l'aumentata conoscenza del disturbo da parte della popolazione generale. Per arrivare prima possibile alla diagnosi serve "una competenza clinica molto specifica e specialistica in ambiti diversificati: dalla capacità di differenziare tra autismo e altri disordini del neurosviluppo che possono presentarsi con sintomi simili - elencano gli specialisti - alla genetica per le indagini molecolari necessarie, al neuroimaging per una lettura anche patogenetica attenta e competente, a competenze in campo abilitativo per affiancare i percorsi evidence based, comportamentali ed evolutivi-naturalistici".

I "percorsi abilitativi", avverte Molteni, "devono essere precoci, rispettosi della naturale evoluzione del bambino, specifici e di intensità adeguata, specie nelle prime fasi della crescita o quando si manifestano situazioni problematiche, in particolare nella fase adolescenziale o se la persona e il suo nucleo famigliare non sono stati adeguatamente sostenuti e accompagnati. In breve, servono servizi multiprofessionali di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, che sappiano coniugare competenze, rigore metodologico e quella flessibile attenzione al bambino e alla famiglia che è fondamentale per garantire percorsi di cura appropriati per i disturbi neuropsichici".

L'autismo, come altre condizioni complesse dell'età evolutiva, è considerato dagli esperti Sinpia "il paradigma di un moderno sistema di welfare 'family centered', dove tutti i servizi sono interconnessi a rete attorno al bisogno della persona e della sua famiglia e dove nessuno opera da solo. È stato dimostrato che il coinvolgimento attivo e partecipativo di famiglia e contesto di vita migliora la prognosi. Sono però necessarie risorse di personale adeguate in quantità e qualità, e modelli organizzativi sviluppati appositamente per il complesso mondo di bambini e adolescenti con disturbi del neurosviluppo".

"La sofferenza di molte famiglie con figli con autismo - rimarca Elisa Fazzi, presidente Sinpia e direttore Uonpia Asst Spedali Civili di Brescia - è anche la conseguenza della cronica disattenzione politica e culturale verso la salute mentale dell'infanzia e dell'adolescenza, nonché della conseguente mancanza di risorse adeguate per i servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza. La Sinpia in questa giornata della consapevolezza è vicina a tutti i bambini e i ragazzi con disturbi del neurosviluppo e alle loro famiglie, e vuole impegnarsi assieme a loro per trasformare l'attuale modello di welfare per renderlo più inclusivo, per lo sviluppo di una vera 'rete curante e sociale” impegnata a far crescere il benessere, cioè la salute, attraverso modelli di collaborazione partecipativa con le famiglie e con i tanti attori - pediatri, servizi specialistici, scuola, realtà sociali e territoriali - per un contesto più competente e attento a queste particolari condizioni".

05/04/2022

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