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Sette bambini su 100 in età prescolare (dai 3 ai 5 anni) sono incapaci di articolare correttamente suoni e parole e, nei casi più gravi, fanno fatica a comprendere e esprimere verbalmente idee e sentimenti. Sono queste le manifestazioni tipiche del disturbo dello sviluppo del linguaggio, meglio conosciuto in Italia come Dpl (disturbo primario del linguaggio) al primo posto fra i disordini dello sviluppo in età pediatrica, con una severità tale da compromettere anche il successivo progresso scolastico, ma anche il prosieguo nella vita adulta e quindi sociale e lavorativo.

"Il disturbo dello sviluppo del linguaggio - spiega Tiziana Rossetto, presidente Federazione logopedisti italiani (Fli) - si riferisce a una varietà di condizioni, in alcuni casi limitate alla produzione linguistica fino alle situazioni più gravi in cui è coinvolta anche la capacità di comprensione. Il linguaggio subisce, comunque, in ogni contesto di malattia, le implicazioni maggiori: difficoltà di articolazione, elaborazione fonologica, capacità di apprendere singole parole (semantico-lessicale) e di costruire correttamente le frasi (morfosintattica) sono le abilità più compromesse. A queste si può aggiungere l’incapacità di fare corretto uso delle parole, cioè di conversare ed utilizzare il linguaggio in relazione al contesto e all’interlocutore”.

"Queste difficoltà hanno, inoltre, ripercussioni sulla qualità della vita anche nel periodo dell’adolescenza e in età adulta - sottolinea Annagiulia De Cagno, vicepresidente della Fli -. Dunque non solamente a livello di percorso scolastico ma anche sociale, come evidenziano studi recentissimi. Molto spesso, infatti, si sottovaluta l’impatto che il disturbo può avere successivamente, sul benessere sociale ed emotivo dell’adolescente e sui problemi comportamentali che possono insorgere a scuola o nel contesto di vita quotidiana. Oltre alle ripercussioni in ambito scolastico, ben conosciute, i problemi di linguaggio possono comportare difficoltà nelle relazioni sociali, in termini di condotte devianti, e nell’ambito lavorativo. È quindi importante favorire la consapevolezza che anche gli adolescenti o le persone in età adulta possono avere difficoltà di linguaggio e comunicazione”.

Fondamentale il ruolo rivestito dalla consapevolezza di istituzioni, clinici, ma anche dei caregiver. “Serve una presa in carico integrata, che coinvolga tutti gli attori del percorso educativo, abilitativo e riabilitativo – aggiunge Luigi Marotta, vicepresidente dell’ l’Associazione scientifica italiana logopedia (Asil) -. Presa in carico precoce, ma che sia in grado di prolungarsi e trasformarsi adattandosi alle varie fasi dell’arco di vita, alle diverse esigenze individuali e ambientali, in un contesto di sostenibilità sociale, prima ancora che economica. Informazione, formazione, ricerca e condivisione ne costituiscono le basi fondamentali”.

17/10/2022

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