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L’epilessia è una patologia neurologica tra le più diffuse che l'Oms annovera tra le malattie sociali: in Italia ne soffrono 500mila persone, 50 milioni in tutto il mondo. Ma oltre alla patologia, ad affliggere i pazienti c’è anche lo stigma sociale.

"L’aspetto più negativo della malattia – afferma Giancarlo Di Gennaro, direttore Uo Centro per la chirurgia dell’Epilessia Irccs Neuromed di Pozzilli (Is) e coordinatore del Gruppo di studio Epilessia della Società italiana di Neurologia  - riguarda il fatto che le crisi si manifestano all’improvviso, in qualsiasi momento e contesto, e possono accompagnarsi a un’alterazione della consapevolezza che potenzialmente espone chi ne è affetto a seri rischi, culminando talvolta in cadute traumatiche e lesioni anche gravi. Non meno importante per la qualità di vita delle persone con epilessia è inoltre l’impatto negativo che le crisi non controllate possono avere sulle normali attività quotidiane, dal lavoro allo sport fino alla vita affettiva e sociale: in particolare le restrizioni inerenti la guida rappresentano un significativo limite all’autonomia e sono spesso motivo di frustrazione e rammarico".

Inoltre, tutt’altro che trascurabile è ancora oggi “il peso dello 'stigma', che - denuncia l'esperto - in alcuni contesti si associa in maniera indelebile all’epilessia, gravando pesantemente su quanti ne soffrono. È  importante quindi sensibilizzare sul fatto che, grazie alle terapie oggi disponibili, molte persone con epilessia possono condurre una vita normale e superare gli ostacoli che si trovano ad affrontare a causa di tale condizione”.

Nonostante la continua espansione delle conoscenze riguardo i meccanismi fisiopatologici alla base di questa complessa patologia abbia permesso lo sviluppo di un vasto arsenale di farmaci innovativi, efficaci e con un buon profilo di tollerabilità, ancora oggi un terzo circa dei pazienti risulta resistente al trattamento farmacologico.

“Per alcune persone con epilessia – commenta Alfredo Berardelli, presidente Sin - è possibile valutare, dopo un accurato studio multidisciplinare, la possibilità di ricorrere a un trattamento chirurgico finalizzato a rimuovere la regione di corteccia cerebrale responsabile delle crisi, spesso con ottime possibilità di guarigione. Qualora questa opzione non fosse percorribile, un’ulteriore risorsa - sebbene con intento palliativo - è rappresentata dalla cosiddetta 'neuromodulazione' (stimolazione del nervo vago, stimolazione cerebrale profonda) che, mediante l’impianto chirurgico di dispositivi in grado di erogare stimoli elettrici su diversi bersagli, mira a ridurre progressivamente il numero e la gravità delle crisi”.

22/02/2022

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