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"Il tema dell'oblio oncologico è sicuramente un tema attuale e di grande importanza, anche perché oggi per fortuna, grazie alla ricerca e al progresso della medicina, siamo in grado di guarire definitivamente una percentuale altissima di patologie oncologiche. Le possiamo guarire da un punto di vista clinico, medico. Più difficile da un punto di vista psicologico, perché è difficile togliere l'idea del tumore dalla testa delle pazienti. Ancora più difficile è eliminarlo completamente da un punto di vista sociale, perché sembra che oggi, quando hai avuto una diagnosi di cancro, è come se avessi addosso un'etichetta di paziente oncologico, che ti porti dietro per tutta la vita". È la riflessione di Paolo Veronesi, direttore del Programma senologia dell'Istituto europeo di oncologia di Milano, sull'importanza di arrivare a sancire il diritto all'oblio oncologico, commentando positivamente la ripresa dell'esame in Commissione Affari sociali alla Camera di quattro Ddl sul tema, con l'appoggio trasversale di maggioranza e opposizione.

"Si parla sempre di persona normale e di pazienti oncologici come se fossero due mondi distinti. In realtà una persona che ha avuto un tumore ed è guarita è esattamente come tutte le altre persone", ribadisce il chirurgo senologo osservando che non si può essere pazienti oncologici per sempre, anche quando il tumore non c'è più.

"Chiaramente ci si può riammalare, come può ammalarsi chiunque", incalza Veronesi. Alle persone che hanno avuto un tumore e che si lasciano alle spalle questa esperienza "deve essere garantito il diritto di svolgere una vita assolutamente normale, di poter adottare dei figli se lo si vuole, di poter fare un'assicurazione sulla vita se lo si desidera, di poter essere assunti in qualunque posto come tutti gli altri. Quindi parità di diritti, a guarigione avvenuta dalla malattia".

"Bisognerà decidere quanti anni debbano passare dalla diagnosi" per far scattare il diritto all'oblio, ragiona Veronesi. "È un po' difficile dirlo perché, naturalmente, ogni tumore ha una storia a sé. Ci sono tumori che già dopo 2 o 3 anni si possono considerare guariti definitivamente, altri che magari richiedono un tempo più lungo per sancire la guarigione definitiva. Si arriverà, quindi, a un periodo di compromesso che accontenti un po' tutti. Però l'importante è che riusciamo a togliere questa etichetta di paziente oncologico, di persona che ha avuto il cancro, ai nostri pazienti guariti. È un'etichetta che ancora oggi può costituire un limite per alcune situazioni".

Nel caso dell'adozione di un figlio, "se hai avuto un tumore - ricreda Veronesi - puoi avere un milione di difficoltà. Così come, se hai avuto un tumore e devi chiedere un mutuo in banca, ti fanno più difficoltà a dartelo, deve esserci qualcun altro che garantisce per te. Sono magari piccole, o non piccole, cose che possono essere risolte. Perché oggi abbiamo gli strumenti per poter guarire la maggior parte delle patologie oncologiche, va ribadito".

Dieci anni dalla diagnosi è il tempo di cui si discute per il diritto all'oblio. "Mi sembra un tempo congruo, si potrebbe anche accorciare un po' - commenta Veronesi - Secondo me anche 5 anni sarebbero un tempo congruo. È anche vero che alcune pazienti oggi, soprattutto per alcune patologie come quella della mammella, fanno una terapia endocrina che dura per 10 anni. Quindi per 10 anni fanno controlli. E allora potrebbe essere questa anche la ragione per stabilire questo intervallo di tempo".

24/05/2023

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