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"Quando si affrontano temi come l'identità di genere, l'orientamento sessuale e la disforia di genere, che non vanno confusi o usati come sinonimi, non bisogna mai puntare il dito, ma occorre aiutare i ragazzi e le famiglie nell'essere indirizzate ai centri che possono prendere in carico le situazioni di disagio e accompagnare l'adolescente, in un momento in cui c'è sofferenza per un corpo che non corrisponde all'orientamento sessuale". Si esprime così all'Adnkronos Salute il pediatra Pietro Ferrara, segretario del gruppo di studio 'Diritti dei bambini' della Società italiana di pediatria (Sip), con riferimento a quanto vissuto dal ragazzo transgender del liceo Cavour di Roma, che ha denunciato di essere stato vittima di un episodio di discriminazione da parte di un professore.

La Sip, con una pagina dedicata sul proprio sito curata proprio da Pietro Ferrara, sottolinea che la disforia di genere "propriamente detta rappresenta una condizione piuttosto rara e in Italia è stata stimata una prevalenza 'life-time' di 1 caso ogni 12mila per maschi che vogliono diventare femmine ('Male to Female') e 1 caso ogni 30mila per femmine che vogliono diventare maschi ('Female to Male')". Dal report della Sip appare che "anche se non sono state pubblicate ricerche formali sull’epidemiologia della disforia di genere nell’infanzia, secondo alcuni studi si attesterebbe intorno al 2-3%, ma questa percentuale potrebbe es-sere sottostimata. Fra gli adolescenti, gli studi su gruppi clinici indicano una prevalenza fra 1 su 7400 e 1 su 100mila per i maschi e fra 1 su 30.400 e 1 su 400mila per le femmine, ma anche in questo caso i dati reali potrebbero essere superiori, perché le indagini sono basate soltanto sulle persone che si sono rivolte ai centri specializzati".

"Da qui è nata l'esigenza della Sip - chiarisce Ferrara - di una mappatura dei centri che oggi in Italia offrono ascolto e presa in carico. Ci sono strutture a Firenze, Roma e Napoli, ad esempio, ma serve un monitoraggio accurato come abbiamo fatto per i centri di neuropsichiatria infantile. Non può essere il pediatra di famiglia o i genitori ad accompagnare i ragazzi dal punto di vista psicologico, servono strutture specializzate con un’équipe multidisciplinare integrata costituita da psicologi, neuropsichiatri infantili, endocrinologi pediatri, in grado di prendere in carico la disforia di genere e le problematiche familiari e che - conclude - possano attivarsi con l’obiettivo di creare una rete di sicurezza per l’esplorazione dell’identità di genere del giovane. Ma anche parlare delle possibilità mediche che possono supportare l’affermazione della propria identità di genere".

14/11/2022

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