Ancora troppe persone con dislipidemia, condizione che aumenta il rischio di problemi cardiovascolari come ictus e infarto, non raggiungono i valori ottimali di colesterolo LDL indicati dalle Linee guida internazionali. Come dimostra il recente studio Europeo Da Vinci - realizzato su 6.000 pazienti di 18 Nazioni (Italia compresa) che assumevano farmaci per abbassare il colesterolo - il raggiungimento dei valori target riguarda una piccola percentuale. Anche nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, che hanno cioè già avuto un infarto o ictus, solo il 18% raggiunge i livelli target di colesterolo previsto dalle Linee guida ESC (Società europea di cardiologia) del 2019, nonostante risultino in terapia.
In pratica, meno di un terzo della popolazione a rischio cardiovascolare raggiunge valori target di colesterolo - in particolare LDL - in grado di ridurre la probabilità di un evento maggiore, come infarto e ictus. “Si tratta di un problema di aderenza terapeutica – spiega il prof. Claudio Borghi, Direttore dell’Unità Operativa di Medicina Interna al Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna e del Centro Aterosclerosi e Dislipidemie-. È una questione comune a tutte le malattie croniche che, come tali, richiedono l’assunzione continuativa di farmaci. Succede che i pazienti cui viene prescritto un trattamento ipolipemizzante – continua Borghi - tendono a non assumerlo in modo corretto. Secondo recenti studi, dopo solo 4 settimane dalla prescrizione di una statina, già il 30% dei pazienti non la assume in modo adeguato, mentre la percentuale sale al 50% dopo 12 mesi, con un’evidente limitazione di impatto delle strategie di prevenzione”.
Le statine sono i farmaci di riferimento per il trattamento delle dislipidemie, cioè in grado di ridurre la concentrazione del colesterolo LDL circolante. Gli ultimi dati dell’Agenzia del farmaco (Aifa) mostrano che nel 2019 solo il 39,4% dei pazienti è risultato aderente al trattamento ipolipemizzante. La percentuale aumenta in base al numero di patologie concomitanti, per arrivare a un valore pari al 51,2% nei soggetti con più di 4 patologie. Sono numeri in linea con quanto registrato dall’Aifa anche nel 2018 che evidenziano come i farmaci per tenere sotto controllo il colesterolo sono fra le categorie con la peggiore aderenza terapeutica. Circa la metà dei soggetti che assumono per la prima volta una statina presenta una scarsa aderenza alla terapia: il 41.6% di chi assume questi farmaci, con un’età mediana di 65 anni, presenta bassa aderenza. Se a questo fattore si aggiunge un trattamento terapeutico, a volte, insoddisfacente, si capisce perché ci sia una bassa percentuale di pazienti che raggiunge livelli target di colesterolo LDL. C’è poi un altro fattore che riduce l’assunzione delle cure. “La più comune è la dimenticanza o la necessità di assumere altri farmaci contemporaneamente”, osserva Borghi.
Gli effetti di una scarsa aderenza alle statine, a cui segue il non raggiungimento dei livelli terapeutici target, “porta purtroppo al mantenimento, nel tempo, di elevati livelli di colesterolo LDL – aggiunge lo specialista - con una maggiore probabilità di sviluppare la malattia aterosclerotica ed eventi cardiovascolari”.
Invertire la tendenza però è possibile, secondo Borghi anche partendo da “un migliore rapporto medico-paziente o dall’adozione di stratagemmi che aiutino a ricordare l’importanza dell’assunzione della terapia”.
Colesterolo e livelli target
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