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L’asportazione chirurgica del tumore al seno è sempre più attenta alla qualità di vita delle donne, soprattutto quando la diagnosi è di cancro in fase iniziale (Ebc, Early breast cancer), cioè “uno stadio clinico precoce con tumori piccoli e senza riscontro di linfonodi ascellari apprezzabili anche all’ecografia”, spiega Corrado Tinterri, senologo, chirurgo e direttore Breast Unit Irccs Istituto Clinico Humanitas e Humanitas San Pio X di Milano.
 
Grazie ai programmi di screening, oggi lo stadio più frequente di diagnosi è proprio in fase iniziale e, nella maggioranza dei casi, è localizzato, senza interessamento linfonodale. “Dei circa 60mila nuovi casi all’anno - continua Tinterri - il 40% interessa donne con meno di 50 anni, il 25% nelle under 44.

“La chirurgia è cambiata molto in questi anni perché tiene conto della qualità della vita delle donne - sottolinea Tinterri - Non facciamo più l’asportazione completa dei linfonodi ascellari che impatta notevolmente sulla qualità della vita delle donne con gonfiore, dolore, parestesie e alterazioni funzionali del braccio, tutti disturbi che spesso sono permanenti. Da due decenni - prosegue - abbiamo sdoganato la tecnica del linfonodo sentinella che, come è noto, se non risulta infiltrato da metastasi, significa che il tumore è circoscritto al seno o ha appena iniziato a espandersi, quindi non è necessaria una dissezione ascellare”.

In realtà, “siamo andati ulteriormente avanti - afferma il professore - La chirurgia conservativa dell’ascella, indicata nella popolazione femminile con Ebc, quindi con tumore circoscritto alla mammella, oggi consiglia l’omissione della dissezione ascellare anche a fronte di 1 o 2 linfonodi sentinella positivi. Questo approccio conservativo - aggiunge Tinterri - ha anche migliorato la terapia post intervento. La chirurgia non è solo curativa ma è anche informativa perché gli esami istologici successivi alla chirurgia ci consentono informazioni fondamentali per definire i successivi percorsi terapeutici medico-farmacologi e radioterapici”.

Una terza grande conquista interessa “la chirurgia onco-plastica - ricorda Tinterri - che abbina, contestualmente all’intervento, la presenza contemporanea dei due specialisti (chirurgo senologo e plastico). Questo permette, da una parte, una maggiore radicalità oncologica chirurgica e, dall’altra, un miglior risultato estetico con una migliore conservazione della immagine corporea femminile. A questo proposito, l’impatto sulla qualità della vita assume un particolare significato, visto che il 90% delle donne con Ebc è vivo a 5 e oltre il 75% a 10 anni. Con questa aspettativa di vita, il recupero dell’immagine corporea è un aspetto non secondario in chi ha avuto questa diagnosi”. Proprio per questo, “anche le mastectomie sono quasi sempre conservative - sottolinea l’esperto - La chirurgia ricostruttiva, è infatti, una componente di riabilitazione oncologica che affianca quella fisioterapica, nutrizionale e di attenzione allo stile di vita. Il cancro al seno - prosegue - si cura in ambito multidisciplinare, nei Centri di Senologia, o Breast unit, che sono una grande conquista, la prima rete oncologia con connotazione di Lea (Livello essenziale assistenza). Oggi i centri regionali rappresentano una grande conquista del nostro Servizio sanitario”.

La diffusione della chirurgia conservativa è possibile anche grazie a un’evoluzione della governance sanitaria. “L’organizzazione della presa in carico in centri senologici è il fiore all’occhiello della sanità italiana - ribadisce Tinterri - L’Italia è uno dei primi Paesi ad aver obbligato ciascuna regione a dotarsi di un Centro per il tumore al seno. Certo, le regioni vanno a diverse velocità, ma si stanno riducendo i viaggi della speranza, la mobilità sanitaria. Nel 2010 - dettaglia l’esperto - solo il 12% dei tumori al seno erano trattati in ospedali che ne curavano più di 150 all’anno, ma sappiamo che, in centri ad alto volume di trattamento (Breast unit) la probabilità di guarigione aumenta del 20% a parità di stadio di malattia. La diffusione dei centri sul territorio nazionale è cresciuta nel già anni e, dal 12% del 2010 siamo oggi a quali al 90% di afflusso di donne ammalate in centri dedicati”. In questo, l’Italia ha fatto scuola.

04/08/2023

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