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Un particolare ceppo di batteri intestinali è in grado di potenziare la terapia antitumorale. “Il Lactobacillus paracasei, uno dei ceppi batterici del microbiota intestinale si è dimostrato capace di indurre le cellule tumorali a mostrare i propri recettori e tornare così “visibili” al sistema immunitario. Il meccanismo è mediato da alcuni postbiotici, sostanze prodotte dal metabolismo dei batteri”. Lo afferma Maria Rescigno, Responsabile del Laboratorio di Immunologia delle Mucose e Microbiota di Irccs Istituto Clinico Humanitas e Prorettrice alla Ricerca di Humanitas University e coordinatrice dello studio pubblicato sulla rivista Cancer Cell. 

I ricercatori hanno dimostrato, in alcuni modelli sperimentali su linee cellulari di tumore del seno e del colon-retto, che se questi postbiotici sono somministrati insieme ai farmaci immunoterapici, sono in grado di potenziarne l’efficacia. I risultati della ricerca aprono la strada a nuovi approcci terapeutici basati sulla combinazione tra farmaci già approvati e postbiotici. 

Studi recenti hanno mostrato la capacità del microbiota intestinale di influenzare la risposta ad alcune terapie contro il cancro. Nel caso del melanoma e di altri tumori di origine epiteliale, ci sono diversi studi che collegano la composizione del microbiota e l’efficacia del trattamento. Il ceppo dei Lactobacillus paracasei, identificato dai ricercatori di Humanitas, è già noto perché ha effetti anti-infiammatori. Secondo i risultati pubblicati su Cancer Cell, i postbiotici prodotti da questo ceppo sono in grado di smascherare le cellule tumorali perché fanno in modo che tornino visibili i recettori, chiamati HLA, che il sistema immunitario riesce a riconoscere e su cui può scatenare una risposta per eliminarle. 

“L’interesse verso i postbiotici è dovuto a due aspetti fondamentali – spiega Rescigno - Il primo è la loro capacità di attraversare la barriera vascolare intestinale e quindi di influenzare in modo sistemico l’organismo attraverso il sangue, di fatto mediando l’azione a distanza del microbiota intestinale in altre aree del corpo; e la seconda è che costituiscono uno strumento terapeutico più preciso e potente: invece di trapiantare o modificare il microbiota – come viene fatto in alcuni studi – si agisce a valle, somministrando direttamente e solo i prodotti metabolici benefici, a volte comuni a più ceppi batterici, che producono però anche sostanze non di interesse terapeutico”. 

Come spiega piega Valentina Ferrari, oggi all’Irb di Bellinzona e prima autrice dell’articolo, il meccanismo del “silenziamento dei recettori HLA permette ai tumori di sfuggire al sistema immunitario, è un meccanismo ben conosciuto e descritto in molti tipi di cancro, tra cui il melanoma, il tumore del seno, del colon-retto, dei polmoni e della vescica”. 

I ricercatori, oltre a dimostrare, per la prima volta la capacità dei postbiotici – e quindi del microbiota – di influenzare l’espressione di HLA sulle cellule tumorali e di rendere il tumore più riconoscibile da parte dei linfociti T, hanno anche dimostrato, sempre in modelli sperimentali di laboratorio di cancro del colon-retto e del seno, che l’aggiunta di questi specifici postbiotici agli inibitori dei checkpoint immunitari è in grado di contrastare la crescita del tumore con maggiore efficacia, di fatto potenziando l’immunoterapia. “Nonostante conosciamo da decenni il meccanismo tumorale di elusione della risposta immunitaria tramite la soppressione dei recettori HLA - ribadisce Rescigno - prima d’ora non si era mai riusciti a trovare un rimedio sicuro ed efficace. Ecco perché il risultato ottenuto è così significativo, anche se per ora i risultati ottenuti sono limitati a esperimenti di laboratorio. Tra i prossimi passi ci sarà anche il disegno di una sperimentazione clinica, per verificare se l’approccio può costituire una nuova ed efficace strategia terapeutica per i pazienti che non rispondono alle immunoterapie”.

04/12/2023

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