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Per le persone che soffrono di scompenso cardiaco, le misurazioni in serie dei livelli di NT-proBNP (sostanza prodotta dalle cellule dei ventricoli cardiaci in risposta allo stiramento indotto per lo più da un aumento del volume circolante) potrebbero essere utili per la stratificazione del rischio di malattia e morte.

Come predire il rischio cardiaco

È quanto emerge da uno studio osservazionale che ha messo in relazione esiti clinici con misure multiple dei livelli di questo biomarcatore in pazienti senza insufficienza cardiaca (HF). L’indagine, condotta da un gruppo di ricercatori statunitensi, ha coinvolto 9.776 persone senza scompenso cardiaco prevalente (età media 57,1; 56,5% donne) provenienti da quattro comunità arruolate nello studio osservazionale Atherosclerosis Risk in Community (ARIC), il cui protocollo prevedeva una serie di visite complete di misurazione di biomarcatori. I dosaggi di NT-proBNP sono stati effettuati tra il 2011 e il 2013 e le analisi sono state effettuate tra luglio 2021 e ottobre 2022.

Lo studio

Lo studio – pubblicato sulla rivista medica Jama Cardiology - ha analizzato i dati relativi ai soggetti che avevano partecipato alle visite 2 e 4, realizzate a circa sei anni di distanza, quindi raggruppati in base ai livelli di NT-proBNP misurati nelle singole visite (<125 pg/mL o ≥125 pg/mL) e alle variazioni percentuali. I risultati hanno messo in evidenza come, rispetto a quelli con livelli di NT-proBNP inferiori a 125 pg/mL in entrambe i controlli, i soggetti con livelli uguali o superiori a 125 pg/mL in entrambe le visite avevano un rischio maggiore di sviluppare uno scompenso cardiaco o di andare incontro a morte. Al contrario, tra i soggetti con livelli di NT-proBNP uguali o superiori a 125 pg/mL alla visita n.2 e inferiori a 125 pg/mL alla visita n.4 il rischio di scompenso cardiaco e morte è risultato paragonabile a quello dei soggetti con livelli di NT-proBNP inferiori a 125 pg/mL in entrambe le visite. Le variazioni percentuali dei livelli di NT-proBNP, infine, sono risultate associate positivamente con l’incidenza di scompenso cardiaco e morte e con i livelli altri biomarcatori: colesterolo “cattivo” Ldl, trigliceridi, indice di massa corporea e filtrato glomerulare stimato.

Le conclusioni

“I livelli persistentemente aumentati di NT-proBNP sembrano essere associati al rischio più elevato – scrivono gli autori nelle conclusioni – mentre livelli ridotti al follow-up a un rischio minore. Saranno necessari ulteriori studi per verificare questa ipotesi e stabilire se le variazioni nel tempo dei livelli di NT-proBNP possano essere effettivamente utilizzate per stratificare il rischio cardiovascolare in una popolazione di individui asintomatici”.

Lo scompenso cardiaco in Italia

In Italia sono un milione e duecentomila le persone che soffrono di scompenso cardiaco cronico: 1 su 5, con più di 40 anni, svilupperà la malattia nel corso della vita. Una condizione che può verificarsi a tutte le età, tuttavia è la prima causa di ricovero tra gli over65 (dati dell’Aisc). Nel nostro Paese le ospedalizzazioni per lo scompenso cardiaco rappresentano circa il 2 per cento del totale dei ricoveri. Oltre il 25% dei pazienti muore entro un anno dalla diagnosi e circa la metà entro cinque anni.

I costi

L’insufficienza cardiaca aumenta con l’avanzare dell’età media, per questo motivo può avere un impatto sociale molto oneroso, basti pensare agli oltre 190 mila pazienti che ogni anno richiedono il ricovero per tale patologia (dati Associazione medici cardiologi ospedalieri). La spesa totale nazionale – calcola Anmco - ammonta a circa 3 miliardi di euro all’anno nel Paese, di cui per l’85% a causa di ricoveri impropri ed evitabili e una spesa media e per ogni paziente che, nel primo anno dopo il ricovero, supera gli 11.800 euro l’anno. Molti dei costi diretti e indiretti, secondo gli esperti, sono evitabili con l’accesso a percorsi dedicati alternativi all’ospedale, a nuove cure con terapie innovative, a livello ambulatoriale e di prossimità.

03/05/2023

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