Cambiare il modo di interpretare la spesa delle terapie avanzate da costo a investimento e liberare da vincoli di bilancio l’accesso alle cure in grado di cambiare il decorso di una malattia: è questa la proposta presentata al Parlamento europeo da un gruppo di esperti italiani e da 43 associazioni civiche e di pazienti nel corso dell’evento “Securing equitable patient access to advanced therapies across europe” svoltosi recentemente presso il Parlamento europeo. L’iniziativa, sostenuta dal gruppo di interesse degli eurodeputati “Diritti dei pazienti europei e assistenza sanitaria transfrontaliera”, è stata organizzata da Active citizenship network (Acn), la rete europea di Cittadinanzattiva, con il supporto incondizionato della coalizione #VITA – Value and innovation of advanced therapies, coordinata dallo studio legale globale Ls Cube.
Come spiegano i promotori dell’iniziativa, queste terapie avanzate, per l’impatto che hanno sulla gestione della malattia con risultati efficaci in termini di salute duraturi nel tempo, per i pazienti, ma anche per i sistemi sanitari, dovrebbero essere valutati non solo per il costo iniziale, evidentemente elevato, ma per i risparmi che generano nel tempo. Per questo, sostengono gli esperti, occorre contabilizzare la spesa delle terapie avanzate come investimento e non come una spesa corrente. L’operazione sarebbe possibile rivedendo – da Eurostat in giù – le classificazioni economico/finanziarie della spesa sanitaria attualmente in vigore.
“La soluzione sta in un cambio di prospettiva che porta a considerare questa spesa anche come un investimento e non solo come un costo”, spiega Mauro Marè, docente di Economia pubblica all’Università della Tuscia e alla Luiss. “Le terapie avanzate, infatti, offrono benefici non solo nel breve termine, ma soprattutto nel lungo termine. Non solo per la salute e il benessere delle persone, ma anche in termini di risparmio diretto e indiretto: nel caso delle terapie innovative si ha un miglioramento radicale della storia naturale della malattia, con la completa eliminazione di terapie e trattamenti che spesso dureranno per l’intera esistenza della persona. Oltre all’impatto sulla salute, c’è un effetto altrettanto importante sulla qualità della vita e sulla produttività sul lavoro. Per questi motivi, è importante considerare la spesa per le terapie avanzate come una spesa di investimento – visti gli effetti durevoli nel lungo periodo – per rimuovere eventuali barriere e garantire che ci sia equità di accesso per i pazienti in ogni singolo stato membro perché questo significa equità di accesso per tutti i cittadini europei”.
“La spesa per questo tipo di terapie non è oggi contabilizzata come un investimento in nessun Paese europeo”, sottolinea Giorgio Alleva, professore ordinario di Statistica alla Sapienza Università di Roma ed ex presidente Istat (Istituto nazionale di statistica). “Se fosse consentito, però, il costo di queste terapie potrebbe essere ammortizzato negli anni in relazione ai risparmi generati nel tempo. Un approccio totalmente innovativo, che avrebbe la caratteristica di una formula vincente per entrambi (win win): vantaggiosa sia per il paziente, che beneficerebbe di trattamenti altamente innovativi ed efficaci, sia per il Servizio sanitario nazionale, che potrebbe ammortizzare il costo della terapia oltre gli anni”.
Per raggiungere questi risultati “occorre coraggio e una forte convinzione – aggiunge Alleva - da parte del Parlamento europeo. Le attuali convenzioni contabili sono sempre state aggiornate periodicamente secondo l’evoluzione del dibattito scientifico e politico-istituzionale. Le revisioni del sistema contabile nazionale introdotte a partire dagli anni ’90 dalla comunità internazionale (Onu e Ue) hanno sempre riguardato un progressivo allargamento del perimetro degli investimenti, classificando come tali le spese precedentemente ritenute correnti, riconoscendo così l’aumento dello stock di capitale di una nazione. Pertanto, è determinante per il futuro di un Paese e la sua sostenibilità economica, che le spese per le terapie avanzate possano essere considerate, almeno in parte, come spese di investimento. Del resto, con la revisione dell’Esa del 2010, anche la spesa militare è stata riclassificata da spesa corrente a spesa per investimenti”.
Per garantire il diritto di accesso alle cure al maggior numero di pazienti potenzialmente eleggibili, “evitando forme di razionamento o problemi di sostenibilità finanziaria - sottolinea Mariano Votta, direttore di Active citizenship network, la rete europea di Cittadinanzattiva - è stato chiesto alle istituzioni europee un cambio di paradigma, dovuto anche a tutti quei cittadini europei che credono ancora in un’Europa capace di mettere al primo posto i loro bisogni concreti, che in questo periodo buio che stiamo attraversando rischiano di rimanere totalmente invisibili”.
Le norme contabili stabilite a livello Ue, e un approccio ‘sylos’, chiuso e verticale “tra istituzioni e Direttori generali all’interno della Commissione europea si scontra terribilmente con le legittime aspettative di salute e, in alcuni casi, di guarigione riposte da un numero sempre crescente di pazienti europei, le cui esigenze di salute – conclude Votta - non possono attendere o scontrarsi con la fredda logica della contabilità”.
27/10/2022
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