Invecchiare in salute è uno dei principali obiettivi della medicina moderna e un ruolo importante, ma non abbastanza conosciuto, è svolto dal microbiota. A chiarire le connessioni e i meccanismi chiave che regolano il microbiota è l'immunologo Mauro Minelli, docente di dietetica e nutrizione umana all’Università Lum di Bari.
"Il microbiota intestinale è un ecosistema ad altissima densità - illustra Minelli all'Adnkronos Salute - composto da miliardi di microrganismi prevalentemente (anche se non esclusivamente) ospitati nel nostro intestino. E di fatto, agendo su molteplici aspetti della fisiologia umana con particolare riferimento al regolare funzionamento del sistema immunitario e alle corrette dinamiche del metabolismo energetico (soprattutto grassi e carboidrati), il microbiota intestinale sembra rappresentare un tassello importante nella definizione del 'quanto' e del 'come' un essere umano possa invecchiare, conservandosi il più possibile in buona salute".
È possibile individuare la presenza nel nostro organismo di batteri in grado di garantirci un invecchiamento di successo? E, se sì, con quali strumenti è possibile identificarli? "Ciò che attualmente emerge da studi sempre più precisi, è che esiste una sorta di 'zoccolo duro' del nostro microbiota (detto 'core microbiota') costituito da alcune specie batteriche – sottolinea l’esperto - che vivono in vicendevole equilibrio con l’organismo ospitante e al quale forniscono un importante contributo in termini di salute, soprattutto attraverso la produzione di acidi grassi a corta catena' (Sfca). Grazie a queste molecole, estremamente importanti per la nostra salute - ricorda Minelli - le specie microbiche 'amiche' riescono a tenere il più possibile sotto controllo le criticità peculiari della vecchiaia, quali la perdita progressiva della funzione cognitiva, la sarcopenia (cioè la perdita della massa e della forza muscolare), lo sviluppo di malattie croniche come il diabete o l'aterosclerosi".
"Oggi, lo sviluppo e la messa a punto di nuovi metodi d’analisi del microbiota intestinale, fondati sulla identificazione del suo specifico patrimonio genetico grazie a tecniche di diagnostica molecolare, ne hanno permesso una caratterizzazione dettagliata e completa e, conseguentemente, un’eventuale correzione pianificata attraverso opportune strategie integrative", avverte l'immunologo.
Ma se esiste ed è documentata la presenza di componenti batteriche 'di supporto' all’età che avanza, perché le modalità dell’invecchiamento possono variare così tanto da soggetto a soggetto? "Purtroppo l’abbondanza delle specie batteriche 'benefiche', nel grande contesto della cosiddetta 'flora intestinale', tende a ridursi quantitativamente e qualitativamente con il progredire dell’età: ciò - afferma Minelli - rende possibile la crescita contestuale di specie opportuniste che, approfittando di eventuali spazi lasciati liberi da altri abitanti dell’intestino, occupano impropriamente postazioni strategiche generando condizione progressive di squilibrio, a loro volta in grado di favorire l’insorgenza di stati infiammatori".
"In effetti, una delle caratteristiche dell’invecchiamento è proprio l’alterazione che si viene a generare nei livelli di rappresentanza con cui le varie specie microbiche si rapportano reciprocamente nel grande calderone del microbiota intestinale. Come dire che la caratteristica più peculiare dei soggetti longevi - conclude - sembra essere proprio quella di mantenere il più a lungo possibile un equilibrio stabile nella composizione della flora intestinale, con abbondanza relativa di batteri antinfiammatori ed immunomodulanti capaci, in quanto tali, di essere veri e propri promotori di salute".
27/05/2023
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