"Il fenomeno della denatalità è diventato una priorità assoluta. Le tre grandi emergenze del nostro tempo, guerra, pandemia e l’attuale crisi economica, hanno ulteriormente aggravato” la situazione. “I neonati non sono ancora al centro degli obiettivi del nostro Paese e continueranno a non esserlo se non si cambia rotta rapidamente, con politiche strutturali di sostegno alla famiglia e soprattutto ai giovani”, afferma Luigi Orfeo, presidente della Società italiana di neonatologia (Sin) al recente congresso nazionale.
“L’assegno unico universale – aggiunge - ha rappresentato un grande passo avanti, ma da solo non basta. La denatalità è una vera e propria emergenza sociale e come tale deve essere affrontata. Non può essere considerata un problema tra gli altri. Non è una questione meramente demografica ma sociale, economica e culturale".
La guerra in Ucraina - sottolinea la Sin - è solo l’ultima delle grandi emergenze che nell’ultimo decennio in particolare, ma già dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, hanno contribuito a ridefinire l’evento nascita e ancora di più l’infanzia. Le immagini che da febbraio ci giungono dal cuore dell’Europa e soprattutto l’impatto sull’economia, con la crisi energetica e delle materie prime, hanno ulteriormente aggravato una situazione già drammatica e gli effetti sulla natalità non tarderanno a farsi sentire. Secondo i dati provvisori Istat per il primo trimestre 2022, a marzo il calo delle nascite è al massimo: -11,9% rispetto allo stesso mese del 2021.
"Il conflitto è arrivato quando il nostro Paese stava appena uscendo dalla pandemia, di cui stiamo ancora contando i danni - continua Orfeo - Due anni e mezzo terribili, che hanno colpito in particolar modo i nostri piccoli. I lockdown, le mascherine, i vaccini, veder soffrire e morire i propri cari, interrompere le attività ludico-ricreative per lunghi mesi, la didattica a distanza. I centri nascita sono stati messi a dura prova, ma i neonatologi italiani non si sono fatti trovare impreparati, riuscendo a gestire l’emergenza nelle Terapie intensive neonatali e nei reparti materno-infantili”.
Il vero problema, però, a cui la pandemia e gli effetti della guerra hanno dato una forte accelerazione - sottolinea ancora la Sin - è la scarsità di risorse. Un problema che riguarda tanti paesi del mondo, a cui non sfugge neanche il nostro. In Italia ci sono circa 1,4 milioni di minori in condizioni di povertà assoluta su 9,3 milioni di residenti (14,2%) secondo gli ultimi dati Istat. Un dato allarmante, confermato anche dal primo report sull’Assegno unico universale dell’Inps, secondo cui circa il 45% dei figli percettori dell’assegno appartiene a nuclei con Isee inferiore ai 15mila euro, cioè sotto la soglia di povertà. Povertà che si traduce, nella maggior parte dei casi, in difficoltà di accesso all’istruzione, anche superiore, e al lavoro - siamo, infatti, il Paese con il maggior numero di ‘nullafacenti’ tra i 15 e 34 anni”. Sono infatti oltre 2 milioni i Neet (Not in education, employment or training, cioè non studiano, non lavorano e non si stanno formando per nessun mestiere).
Se diminuiscono i bambini, paradossalmente, invece di aumentare la qualità delle cure si investe di meno nelle infrastrutture sociali e sanitarie connesse. "Da oltre 20 anni sentiamo ripetere della mancanza di asili nido, di aiuti alle famiglie e alle mamme post-parto, così come di una ridefinizione dei diritti e delle tutele delle donne lavoratrici, ma ancora troppe poche cose sono cambiate”, incalza il presidente Orfeo. “Nel Pnrr sono previste diverse misure per colmare i gap infrastrutturali e di servizi, ma i tempi saranno ancora lunghi. Abbiamo apprezzato molto l’istituzione di un ministero dedicato espressamente alla natalità, dimostrazione di una presa di consapevolezza concreta del problema. Siamo pronti a confrontarci con la ministra Eugenia Roccella e con il nuovo ministro della Sanità Orazio Schillaci, per mettere a disposizione del Governo e del Paese le nostre conoscenze e competenze sul tema, per avviare un percorso proficuo che aiuti l’Italia a invertire la tendenza negativa sulle nascite, ma anche a migliorare l’assistenza ai bambini e alle famiglie, che presenta ancora grandi differenze tra le diverse zone d’Italia”.
Intanto le nascite continuano a diminuire - allertano i neonatologi - così come il numero di figli per donna, sceso nel 2021 a 1,24. In nessuna provincia d’Italia oggi si raggiungono i 2 figli per donna, anche se non è una novità. È dal 1975, infatti, che non si registra un tasso di fecondità superiore a 2 e, dato ancora più drammatico, mancano all’appello le madri 'potenziali', cioè quelle donne che in questi anni hanno fra i 25 e i 44 anni.
31/10/2022
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