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In Italia occorrono fino a dieci anni per una diagnosi di patologia cronica e 1 persona su 4 affetta da una malattia rara è costretta a spostarsi dalla propria residenza per potersi curare. Ritardi e diagnosi mancate sono fattori che impattano sulla qualità di vita (anche psicologica) del paziente e sul decorso della malattia. Ma cosa può fare la telemedicina per favorire diagnosi precoci, accelerare la messa in rete di ospedali e territorio, in altre parole: aiutare le persone che convivono con una malattia cronica e rara? A questo quesito hanno cercato di dare una risposta gli autori del XX Rapporto sulle politiche di cronicità “Fermi al Piano”, realizzato da Cittadinanzattiva.

l report fa emergere alcuni dati sullo stato di applicazione del Piano nazionale della cronicità nel nostro Paese: quasi il 36% delle associazioni di pazienti con malattie croniche o rare ne denuncia la mancata attuazione e il 15 per cento l’attuazione soltanto in alcune regioni. Non solo: dalle interviste si evince che più di un paziente su tre ha atteso oltre 10 anni dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi di patologia cronica; circa uno su cinque da 2 a 10 anni; 1 malato raro su 4 deve per curarsi deve spostarsi in strutture di altre province o fuori regione. Non è tutto: oltre il 60% dei malati cronici e rari sostiene di non ricevere cure standardizzate sul territorio e circa il 17,5 per cento dice di affidarsi a un centro privato; oltre la metà degli intervistati denuncia tempi lunghi di attesa per gli esami diagnostici e per le visite di controllo. I motivi della mancata o ritardata diagnosi vanno dalla scarsa conoscenza della malattia da parte del medico di famiglia o del pediatra (per 2 pazienti su 3) alla sottovalutazione dei sintomi (per oltre la metà), dalla mancanza di personale e centri specializzati nel territorio di residenza (per il 45%) alle lunghe liste di attesa per le visite specialistiche, di controllo e follow-up e per gli esami diagnostici (per il 26%).

La sfida della telemedicina

La telemedicina – secondo gli autori dello studio - ha tutte le carte in regola per vincere la sfida delle malattie croniche e rare e risolvere diverse difficoltà legate alla gestione e presa in carico di queste patologie. La telemedicina, infatti, muove le informazioni cliniche anziché le persone. Una delle difficoltà del malato cronico o affetto da patologia rara è legata proprio agli spostamenti ripetuti dalla sua abitazione ai centri di cura. Se a circolare tra gli specialisti è il fascicolo clinico e la storia della malattia del paziente, se i dati clinici vengono scambiati tra i centri, mettendo in rete i professionisti sanitari e le informazioni cliniche anche in assenza del malato, i meccanismi di gestione dei referral – dettaglia il report - diventano più rapidi. Questo risolve la difficoltà più grande legata alla cronicità e alla rarità delle malattie: le tempistiche di formulazione di una corretta diagnosi.

Liste di attesa ridotte

Ovviamente, il consulto a distanza tra medico e paziente non potrà mai sostituire la visita, la prestazione in presenza. Tuttavia, la telemedicina può ottimizzare notevolmente i tempi di svolgimento della visita. Per visionare esami e accertamenti e indicare terapie e trattamenti, 20-30 minuti in televisita sono sufficienti ad assistere il paziente con la stessa qualità di una visita de visu – sottolineano da Cittadinanzattiva – Vengono meno spostamenti del paziente e, allo stesso tempo, si favorisce una maggiore capacità, da parte della struttura sanitaria, di gestire le liste di prenotazione e di attesa.

Percorso di cura del paziente

Con la telemedicina il percorso di cura del paziente è gestito in modo condiviso tra più specialisti, dalla diagnosi al follow-up. Ogni clinico accede facilmente alla documentazione clinica dell’assistito. Inoltre, l’integrazione tra ospedale-ospedale e ospedale-territorio (in cui i medici di medicina generale e le case di comunità sono i principali attori) fa nascere nuovi punti di contatto di erogazione delle cure, ricolloca i pazienti e i loro bisogni al centro dei modelli di cura e rafforza il legame e il confronto multidisciplinare tra curanti, indispensabili per garantire percorsi terapeutici efficaci.

24/07/2023

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