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Si presenta con stanchezza, astenia, dispnea da sforzo durante l'esercizio fisico, pallore, dolori all’addome e al torace, difficoltà di concentrazione, impotenza: tutti disturbi che possono essere sottovalutati dal medico curante. Questi sono solo alcuni dei sintomi della emoglobinuria parossistica notturna (epn), una malattia molto rara e complessa del midollo osseo che colpisce soprattutto i giovani dai 30 ai 35 anni: è una patologia che necessita di cure e controlli continui e, quindi, di un costante contatto con ematologi esperti.

Una malattia cronica per 350 italiani

La malattia cronica - che porta i globuli rossi alla distruzione - colpisce circa 2-5 persone ogni milione di abitanti. In Italia i pazienti affetti da questa patologia rara sono circa 350. L’epn interessa uomini e donne di tutte le etnie, origini ed età e ha un impatto significativo sulla vita di questi pazienti, sia in ambito lavorativo sia nella sfera delle relazioni sociali. Oltre ai sintomi già di per sé invalidanti – primo fra tutti la fatigue causata dall’anemia - alcuni pazienti devono infatti ricorrere a trasfusioni, con importanti conseguenze sulla vita quotidiana.

Campanelli d’allarme

L'emoglobinuria parossistica notturna comporta la produzione delle caratteristiche urine scure durante la notte e la mattina (nel 25% circa dei pazienti). All’anemia possono associarsi l'insufficienza renale e l'ittero, ma la complicazione più grave è la trombosi, cioè la formazione di coaguli all’interno dei vasi sanguigni, soprattutto delle vene. A seconda della localizzazione, le trombosi (che colpiscono il 30-40% dei pazienti non trattati) si manifestano con dolore addominale, ingrossamento patologico del fegato, accumulo di liquido nella cavità addominale (asciti) e cefalea. Non solo: l’epn è caratterizzata da crisi emolitiche scatenate da diversi fattori quali una banale infezione, le vaccinazioni, interventi chirurgici o l'assunzione di alcuni antibiotici. L'insufficienza del midollo osseo può manifestarsi prima, durante o come complicanza tardiva della malattia (nel 40-50% dei casi).

Cause

La malattia è causata da mutazioni del gene PIG-A, localizzato sul cromosoma X. Nella cellula staminale emopoietica adulta queste mutazioni determinano l'espansione di una popolazione di cellule geneticamente identiche tra loro (un clone) da cui originano globuli rossi, granulociti neutrofili e piastrine con un difetto della membrana cellulare. Questo difetto rende i globuli rossi estremamente sensibili all'attivazione del complemento, perché la membrana è carente di alcune proteine, in particolare CD55 (o DAF) e CD59 (o MIRL) che funzionano da inibitori del complemento.

Queste mutazioni si verificano nel corso della vita e non coinvolgono le cellule della linea germinale (spermatozoi e cellule uovo). Pertanto, non sono ereditarie.

Diagnosi

Riconoscere e diagnosticare l'epn in tempi rapidi è molto importante per definire un efficace percorso terapeutico e garantire così un concreto miglioramento della qualità di vita di queste persone, che compiono con grande difficoltà anche i gesti quotidiani più semplici. Tuttavia, questa malattia non è ben conosciuta dai medici, quindi la diagnosi è spesso tardiva.

Per accertare che si tratti effettivamente di epn, la diagnosi si basa sull'osservazione dei segni clinici e sulla presenza di anemia emolitica, soprattutto la sua associazione con le trombosi e/o la citopenia nel sangue periferico. Le indagini di primo livello sono l'esame emocromocitometrico con reticolociti, per valutare i livelli di emoglobina, dei leucociti e delle piastrine; la ricerca di indici di emolisi (bilirubina totale/frazionata, Ldh, aptoglobina, esame urine); la ferritina, che può essere ridotta a causa dell'emolisi cronica, e la presenza di emoglobina nelle urine.

Terapie

Per le persone con epn esistono terapie di supporto, cioè trattamenti che non consentono di guarire, ma attenuano i sintomi, riducono le complicanze e migliorano la qualità della vita. Tra questi i farmaci inibitori del complemento C5 (C5i), acido folico, ferro e vitamine, profilassi o terapia anticoagulante, eritropoietina, trasfusioni. Anche alcuni anticorpi monoclonali riducono significativamente la necessità di trasfusioni, l'insorgenza di trombosi e il rischio di insufficienza renale, migliorando la sopravvivenza dei pazienti. Il trapianto di midollo osseo è risolutivo, ma è indicato solo nei pazienti che presentano anche aplasia midollare (l’incapacità del midollo osseo a produrre un numero sufficiente di cellule del sangue) a causa delle possibili gravi complicanze legate all’intervento.

25/01/2023

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