Si riempiono e svuotano ritmicamente, consentendoci di respirare e di avere l’ossigeno indispensabile per la vita: sono i polmoni e proprio misurando la capacità di questi organi di contenere e far circolare l’aria, e di assorbire l’ossigeno, è possibile valutare il loro stato di salute, scoprire o monitorare eventuali condizioni e patologie.
Gli esami di funzionalità polmonare permettono di stabilire il tipo di malattia e di gravità. Altri esami, come la diagnostica per immagini – TC, tomografia computerizzata e RM, risonanza magnetica - la broncoscopia e la toracoscopia consentono di stabilire la causa specifica della patologia polmonare. La stretta interdipendenza tra cuore e polmoni - visto che è proprio a livello degli alveoli che il sangue si ossigena per poi essere pompato in tutto l’organismo – spiega perché sintomi di malattie cardiache possano contemplare respiro affannoso, e spiega anche il fatto che il paziente con disturbi polmonari possa essere sottoposto a elettrocardiografia (ECG, per misurare gli impulsi elettrici cardiaci) ed ecocardiografia (ecografia del cuore).
Sono tre le principali prove di funzionalità respiratoria (Pfr) e misurano l'inspirazione e l'espirazione e l'efficacia dello scambio tra ossigeno e anidride carbonica nel sangue.
Il test più noto è la spirometria, ma ci sono anche l’esame della diffusione del monossido di carbonio e il test dei 6 minuti di cammino. Gli esami sono previsti per evidenziare eventuali problemi alle vie respiratorie, come indicato dalle linee guida internazionali delle società scientifiche per il sistema respiratorio, l’American Thoracic Society e la European Respiratory Society.
Quando eseguire le prove di funzionalità respiratoria
I test polmonari possono essere eseguiti ai fini diagnostici, per definire l’idoneità nella pratica sportiva e monitorare situazioni (fumo, lavoro) a rischio di sviluppare patologie polmonari. Nei pazienti che hanno già una diagnosi, questi esami possono valutare la progressione del disturbo e l’eventuale risposta a una terapia. Questi test sono raccomandabili anche nei quarantenni per avere un dato oggettivo della funzione polmonare e seguirla poi nel tempo, durante l’invecchiamento, per valutare tempestivamente eventuali patologie polmonari.
Spirometria
La spirometria, che misura i volumi polmonari, è la prima e più semplice indagine di funzionalità respiratoria. È molto utilizzata nei pazienti con malattie come la broncopneumopatia cronica ostruttiva per definire la diagnosi e verificare la gravità. La spirometria è un esame di routine previsto anche nelle visite medico-sportive ed è molto rapida, basta inspirare ed espirare in uno specifico macchinario che misura i flussi, cioè quanta aria passa nei polmoni in un’unità di tempo, e i volumi che entrano nei polmoni stessi. Questi parametri permettono di dare una indicazione generale sulla funzione polmonare e, per esempio, evidenziare problemi che dipendono dalla compromissione dei flussi d’aria, come l’asma, o da una riduzione dei volumi come nel caso della fibrosi in pazienti con enfisema polmonare. I parametri specifici della spirometria sono, per la fase espiratoria:
- il volume espulso nel 1º secondo dell’espirazione (VEMS);
- la capacità vitale (CV);
- il flusso espiratorio al 50% della CV (FEF50).
Per la fase inspiratoria il più utilizzato è il flusso inspiratorio al 50% della CV (FIF50).
I volumi polmonari fondamentali per la respirazione sono tre. Il primo è la capacità funzionale residua (CFR), volume della respirazione normale a riposo. Il secondo è la capacità polmonare totale (CPT), volume che identifica la massima espansione della gabbia toracica. Il terzo è il volume residuo (VR), cioè il volume del polmone al quale, nel soggetto adulto, si manifesta la completa o quasi completa chiusura delle vie aeree. Ognuno di questi tre volumi è regolato da meccanismi differenti e la loro compromissione è espressione del tipo, gravità ed evoluzione di una malattia.
Diffusione del monossido di carbonio
Il test della diffusione del monossido di carbonio indica l’efficienza della barriera emato-alveolare, cioè della struttura polmonare che c’è tra alveoli polmonari e capillari sanguigni, dove avvengono gli scambi di ossigeno e anidride carbonica. Consiste nel respirare aria con una piccola percentuale di monossido di carbonio per poi rilevare la quantità di questo gas nell’aria espirata. L’esame si basa sul fatto che il monossido di carbonio ha una maggiore affinità per l’emoglobina del sangue rispetto all’ossigeno, quindi, più la barriera è efficiente negli scambi gassosi nei polmoni, più bassa è la percentuale di monossido espirata perché gran parte del gas passa subito nel sangue e non viene espirato.
Il test da sforzo del cammino in sei minuti
Il terzo esame di riferimento per definire lo stato di salute dei polmoni è il test da sforzo del cammino in sei minuti. Consiste nel misurare la saturazione dell’ossigeno nel sangue dopo aver fatto camminare la persona per sei minuti: se la saturazione si riduce, significa che la funzionalità polmonare è scarsa e che quindi non si riesce a sostenere bene uno sforzo.
07/06/2022
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