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Il percorso diagnostico e terapeutico dei pazienti con Orticaria cronica spontanea (Csu) può essere tortuoso e caratterizzato da tempi lunghi, per ottenere la diagnosi della malattia e consentire l’inizio del trattamento appropriato. Per migliorare il riconoscimento dei sintomi e ottimizzare il percorso di cura dei pazienti con questa patologia, dieci specialisti, tra i maggiori esperti nazionali in ambito dermatologico ed allergologico - riuniti in un Advisory Board - hanno sviluppato un documento con indicazioni pratiche, a supporto dei medici.

Il documento “sulla diagnosi e terapia dell’Orticaria cronica spontanea (Csu) ha l’obiettivo di migliorare il patient journey, il percorso che il paziente esegue per arrivare alla diagnosi e alla terapia giusta”, spiega Silvia Ferrucci, Dirigente Medico presso SC Dermatologia del Policlinico di Milano e membro dell’Advisory Board. “Sappiamo che l’antistaminico - continua l’esperta - è la terapia da indicare in prima linea, avendo cura di scegliere antistaminici di ultima generazione che danno meno sonnolenza, dato che il paziente, a causa del prurito, ha disturbi del sonno e riposa male. Se non funziona aumentiamo il dosaggio fino a 4 volte, ma per evitare inutili perdite di tempo, in un paziente che ha una qualità di vita veramente compromessa, bisogna rivolgersi a un centro specialistico - aggiunge Ferrucci - per favorire l’accesso alla terapia con farmaci biologici efficaci e ben tollerati, per un miglioramento dei segni e sintomi della patologia e della qualità della vita”.

“L’orticaria cronica spontanea (Csu) - spiega la specialista - è una malattia infiammatoria caratterizzata da pomfi, rilievi della pelle a tipo “puntura di zanzara” molto pruriginosi a cui si associa, a volte, angioedema, un gonfiore che può deformare una parte del corpo, come le palpebre o le labbra. Ha un impatto fortemente negativo sui nostri pazienti per la manifestazione clinica, ma soprattutto per il prurito, sempre presente, che disturba il sonno, e che impedisce lo svolgere l’attività quotidiana”.

Per agevolare il patient journey della persona con Csu, “abbiamo pensato a un documento - continua Ferrucci - per dare ai nostri colleghi, medici di famiglia, specialisti sul territorio, dermatologi, allergologi e reumatologi, un iter, delle indicazioni pratiche che li aiutino a capire quale sia il percorso ideale”. Si tratta di uno strumento che “ha l’obiettivo di indirizzare il paziente che non risponde alle terapie ai centri di riferimento - chiarisce la specialista - per evitare perdite di tempo e facilitare l’accesso alle cure che funzionano in più del 70% dei pazienti. Per quelli che non rispondono, sono disponibili altri trattamenti, o la possibilità di essere inseriti in studi clinici e accedere ad altre terapie”.

Evitare esami inutili: non è un’allergia, ma un disordine immunitario

La Csu “non è un’allergia, ma è un disordine del sistema immunitario per cui esistono terapie specifiche - sottolinea Ferrucci - È importante che il medico di medicina generale o lo specialista del territorio, nel momento in cui il paziente non risponde alla terapia antistaminica, lo invii al centro di riferimento, evitando di perdere tempo a cercare l’antistaminico adeguato, perché ritarda al paziente la possibilità di gestire al meglio la sua patologia. Secondo le linee guida internazionali - ricorda - il percorso terapeutico inizia con l’antistaminico che, se non funziona, va aumentato fino a 4 volte (4 compresse al giorno) e, in assenza di risposta alla cura, si passa al gradino successivo: il paziente deve essere inviato a un centro di eccellenza”.

La diagnosi di orticaria cronica spontanea “è essenzialmente clinica - chiarisce Riccardo Asero, Responsabile dell’Ambulatorio di Allergologia della Clinica San Carlo di Paderno Dugnano (Mi) e membro dell’Advisory Board - Il paziente deve avere lesioni orticariariose, i tipici pomfi con o senza angioedema – (cioè gonfiore alle labbra, alle palpebre, alle mani, piedi e genitali) che si presentano per un tempo che va da 30 minuti a 24 ore, per poi sparire senza lasciare traccia - continuativamente o meno, per 6 o più settimane”.

In pratica, si indirizzano allo specialista le persone “che non rispondono alla terapia antistaminica oppure quelle i cui pomfi hanno una durata superiore alle 24 ore e/o esitano con lesioni di tipo purpurico - spiega Asero -. La gran parte delle Csu rispondono abbastanza facilmente alla sola terapia antistaminica e possono rimanere in gestione al medico di medicina generale o allo specialista territoriale, allergologo o dermatologo. La cosa si fa più complicata quando il paziente non risponde alla terapia antistaminica, né a dose standard né a dose aumentata fino a 4 volte, secondo linee guida. Allora - afferma l’esperto - si deve rivolgere a un centro di dermatologia o allergologia che abbia l’abilitazione alla prescrizione del farmaco biologico, passo successivo del trattamento”.

I ritardi della diagnosi dipendono dai percorsi che i pazienti intraprendono e dall’abitudine del medico di base. “Non servono le indagini allergologiche - ribadisce Ferrucci - la Csu non è una allergia, è un disordine del sistema immunitario e gli esami da fare sono pochi e guidati dall’anamnesi. Una volta se ne facevano molti, con una notevole perdita di tempo e denaro anche per il Servizio sanitario e con un ritardo della diagnosi e quindi della cura, senza però che si arrivasse ad identificare una causa, anzi, confondendo ulteriormente le idee. Questa guida che abbiamo elaborato - riflette - ha l’indicazione di fare solo esami specifici come l’emocromo e gli indici di infiammazione. Quando il paziente entra nel centro di riferimento, si prevede un dosaggio di anticorpi IgE e del D dimero, per la scelta terapeutica”.

Eppure, “quasi tutti i pazienti arrivano convinti di avere una forma di allergia alimentare - rimarca Asero -. Uno dei compiti principali dello specialista è spiegare loro che si tratta di una malattia autoimmunitaria, che tutto nasce all’interno del paziente e non è provocato da eventi esterni. In generale - conclude l’esperto - è una malattia autoimmune e deve essere inquadrata adeguatamente dallo specialista”.

29/05/2023

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