La telemedicina e le prossime innovazioni tecnologiche nella sanità italiana
Editoriale a cura di Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto superiore di sanità
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Editoriale a cura di Francesco Gabbrielli, direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto superiore di sanità
Prestazioni mediche erogate a distanza, piattaforme per interagire con il servizio sanitario e cartelle sanitarie elettroniche: la rivoluzione digitale è già in atto anche per la salute, come mostra la prima di una serie di approfondimenti realizzati dal direttore del Centro nazionale per la telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto superiore di sanità Francesco Gabbrielli, in esclusiva per Alleati per la Salute, di cui è membro del Comitato di garanzia.
In un orizzonte temporale di 1-2 anni l’innovazione tecnologica che sarà realmente disponibile per i servizi sanitari di tutti i giorni e che andrà a erogare prestazioni di telemedicina è sostanzialmente legata alle piattaforme digitali per la gestione dei dati. Le altre innovazioni digitali interessano la sensoristica, per il controllo a distanza di alcuni parametri fisiologici e, probabilmente, le terapie digitali. La maggior parte di queste tecnologie non sono innovazioni, esistono già, ma sono una novità per il nostro sistema di sanità pubblico. Nuovo è quindi il trasferimento nella routine quotidiana di queste pratiche. Questa è la vera novità che ci attendiamo.
A questa innovazione di processi e sistemi si associano numerose difficoltà e incognite. Le difficoltà attengono alla preparazione e alla competenza professionale specifica, in questo settore, degli operatori sanitari ma, ancora di più, è cruciale la competenza reale delle persone che si occupano dell’amministrazione e gestione delle aziende sanitarie e ospedaliere. L’introduzione dei sistemi digitali comporta il doversi confrontare con procedure e processi consolidati: l’analogico e la burocrazia italiana che derivano da norme scritte molto tempo fa e che non prendono in considerazione l’evoluzione digitale. Un esempio emblematico è quanto avvenuto per l’aggiornamento dei Lea (Livelli essenziali di assistenza). Dopo lunghi anni di dibattuto sulla necessità di questo passaggio, nel 2017 è stato fatto il decreto. All’interno del documento, però, non si trovano parole chiave come “telemedicina, digitale, elettronica”. Nemmeno “calcolatore”, che si usava negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, è presente. L’unica parola tecnologica nominata è “telematica”. Presente una volta sola, compare all’art 18 come modalità di trasferimento del documento di autorizzazione delle protesi ortopediche in caso di urgenza e in assenza di altri sistemi, cioè se proprio non funziona il sistema del piccione viaggiatore, sembra dire. Tutto questo si riferisce a un documento pubblicato nel 2017.
Un altro esempio della difficoltà nell’evoluzione normativa e nell’applicazione di nuove procedure è nella possibilità di prescrivere i farmaci in formato digitale e inviare l’ordine alla farmacia per la sua consegna. Questa cosa è stata fatta durante il lockdown per l’emergenza sanitaria.
Nel 2006 c’è stato un decreto che indicava la possibilità, da parte delle farmacie, di vendere prodotti online: non farmaci, ma cerotti, ad esempio. Da lì i farmacisti stessi hanno cercato di portare alla prescrizione dematerializzata. Pochi medici hanno insistito. Nel 2015, quasi dopo 10 anni, si è arrivati ad avere un ulteriore decreto per dematerializzare la ricetta, per evitare di usare il ricettario rosa o rosso, del Servizio sanitario della regione. La ricetta inserita nel sistema computerizzato dei medici prescrittori doveva però comunque essere stampata su un foglio bianco che il paziente doveva consegnare in farmacia per farsi dare il farmaco. Nel 2016 è arrivata la possibilità, per la farmacia, di vendere online i farmaci da banco (Otc), cioè quelli acquistabili senza prescrizione medica. Il farmaco per il mal di testa si poteva comprare online se era un Otc, ma se era con prescrizione, allora serviva ancora il foglio bianco ritirato dal medico. A questo punto il processo si è fermato perché altrimenti si aprivano questioni giudicate quasi irrisolvibili, come ammettere la prescrizione online del farmaco etico, e in più prescrivere e vendere i farmaci online avrebbe alterato il rapporto medico-paziente.
Per anni si è discusso senza arrivare a soluzioni, poi a fine febbraio 2020 è arrivato il Covid e, circa un mese dopo, a marzo, un’ordinanza della protezione civile indicava che i farmaci dovevano essere prescritti solo online, bandendo il foglio di carta bianca e sostituendolo con il numero della ricetta inviato via sms al paziente che, mostrando il codice al farmacista, otteneva il farmaco. La prescrizione poteva altrimenti arrivare online al farmacista che poi poteva recapitare il farmaco con il corriere, al domicilio del paziente. Questa condizione è la dimostrazione palese della fatica che fa il nostro Paese a implementare la tecnologia in favore dei pazienti. Dal 2016 al 2020, anno dell’ordinanza della protezione civile, non è stata aggiornata nessuna Legge dello Stato in materia, non è successo nulla di eclatante dal punto di vista normativo, nonostante le tecnologie fossero già disponibili nel 2014.
L’iniziativa del marzo 2020 ha il sapore di una nuova regolamentazione che mette una toppa su un problema urgente. A fine maggio 2022, con la chiusura dello stato di emergenza Covid, sono venute meno le disposizioni della protezione civile. Per alcuni giorni si è tornati al foglio bianco, poi qualcuno ci ha messo una pezza e il governo ha prorogato la misura a dicembre 2022, ma solo perché c’era una estrema complessità per il paziente. Nessuno sa che il motivo per cui oggi possiamo prescrivere i farmaci online e avere la ricetta dematerializzata è l’ordinanza della protezione civile nel momento di emergenza e non per l’evoluzione culturale e programmatica del servizio sanitario, a fronte di una tecnologia già presente da 10 anni.
Guardando nei prossimi 12 -18 mesi, l’innovazione tecnologica più importante attesa riguarda l’uso dei dati. La gestione dei dati è ancora principalmente di tipo analogico. Le tecnologie digitali più impiegate utilizzano attualmente piattaforme di social o chat come Whatsapp, FB e Zoom per scambiare, in difformità delle norme europee sulla privacy, solo a titolo individuale, in maniera non coordinata o strutturata, informazioni sanitarie.
Le aziende sanitarie ospedaliere, se veramente devono riorganizzare il Servizio sanitario territoriale - come previsto dal DM77, con punti di raccordo e coordinamento per l’erogazione di prestazioni in case della salute, ospedali di comunità fino al domicilio del paziente – hanno bisogno della costruzione di piattaforme per la gestione dei dati. La maggior parte delle regioni non hanno implementato queste piattaforme. Il Ministero ha pensato a una piattaforma di telemedicina con servizi software che permettono di erogare prestazioni di telemedicina, ad esempio fare videochiamate, utilizzare uno spazio di memoria, un’agenda. In cambio, il Ministero chiede a tutti gli enti di fornire dati di attività e dei pazienti. Si tratta di trasformare in digitale tutti i dati di ogni ospedale e azienda sanitaria. È questo il primo vero banco di prova della capacità di innovare il sistema.
La piattaforma di telemedicina non sarà vincolante, ce l’hanno già regioni come il Piemonte, la Lombardia e l’Emilia-Romagna, la Toscana, ad esempio. I dati dovranno essere interoperabili, altrimenti avremo un problema per l’intero sistema sanitario. L’interoperabilità però non è una caratteristica del dato, ma del sistema di gestione dei dati. I database devono cioè essere costruiti in modo che i dati possano essere scambiati. Se, ad esempio, un database per descrivere le caratteristiche di una persona, come la gradazione di colore dei capelli, utilizza numerosi codici numerici e un altro database usa invece pochi termini descrittivi e soggettivi come castano, castano chiaro, biondo, moro e rosso, i due database saranno molto difficilmente interoperabili, perché il sistema potrebbe non sapere quali numeri attribuire alla differenza di colore per permettere lo scambio dei dati. Questa difficoltà potrebbe non essere immediatamente superabile.
Un’altra novità è che tutti i dati sanitari saranno infatti disponibili: non solo quelli del medico di medicina generale per un paziente ma di più specialisti, per lo stesso paziente. Si tratta di un’evoluzione culturale.
Un sistema di scambio di dati interoperabile a disposizione di Aziende sanitarie e aziende ospedaliere, a livello centrale, può aiutare anche il ministero della Salute a costruire con più attenzione i budget sanitari. Servirebbero inoltre sistemi di valutazione costo/efficacia: questo però è oltre l’orizzonte dei 12-18 mesi. In questo momento le istituzioni stanno elaborando parametri per tenere sotto controllo la produttività e l’efficacia dell’organizzazione che si sta delineando. Si lavora su indicatori di processo e organizzazione, ma dalla loro definizione, alla raccolta dei risultati e quindi alla valutazione delle survey, ci vorranno probabilmente circa 2 anni.
Un altro punto fondamentale di cui ci occupiamo al Centro Nazionale per la Telemedicina riguarda la valutazione delle prestazioni di telemedicina. Questo però è un terreno molto più complicato che necessita di studi specifici molto approfonditi.
02/09/2022
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