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Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, che suscita a volte dubbi e timori nell’opinione pubblica, comporta in ambito medico numerosi vantaggi, strettamente collegati al livello di qualità dei dati clinici che devono essere elaborati, elemento fondamentale per poter ottenere risultati utili e affidabili nel campo della diagnostica, della definizione degli interventi terapeutici e della formazione

Intelligenza artificiale in medicina: timori e vantaggi

Con la diffusione delle applicazioni dell’intelligenza artificiale crescono anche le preoccupazioni sul futuro della medicina. Per questo motivo Elena Giovanna Bignami, Professore Ordinario Divisione di Anestesiologia, Terapia Intensiva e Medicina del Dolore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Parma, chiarisce che l’intelligenza artificiale, “almeno in ambito clinico, non è e non sarà un robottino antropomorfo che ruberà il lavoro ai sanitari, ai medici o agli infermieri. Attraverso i suoi algoritmi, è un insieme di passaggi statistici matematici che ci aiuteranno a prendere le decisioni migliori”. Questa innovazione rappresenta un passo in avanti “per stratificare il rischio dei nostri pazienti, - precisa Bignami - stratificare che cosa accadrà loro, per esempio, nel percorso perioperatorio e non solo, non con un rischio generico ma proprio nel rischio di quel paziente, per quella complicanza, in quell'unità di tempo”. Ricorrere a queste tecnologie permette di archiviare e analizzare un’ampia mole di dati e di attuare una medicina personalizzata al singolo caso

Qualità dei dati

Un aspetto molto importante riguarda la gestione e l’archiviazione dei dati clinici e il fatto che l’intelligenza artificiale, attraverso la costruzione di algoritmi, attua una “trasduzione continua dei parametri vitali – illustra Bignami - come la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e la saturazione dell'ossigeno, in modo che non ci sia una selezione da parte del clinico, ma vengano archiviati tutti”. Attraverso la costruzione di algoritmi, attua una “trasduzione continua dei parametri vitali – illustra Bignami - come la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e la saturazione dell'ossigeno, in modo che non ci sia una selezione da parte del clinico, ma vengano archiviati tutti”. 

Si riesce così ad avere una grande quantità di dati e ad aumentarne la qualità, grazie al processo diretto di trasmissione che evita la trascrizione mediata dal medico e i relativi rischi di errore o di eccessiva selezione. Un progresso cruciale perché “se abbiamo dati di cattiva qualità che entrano nell'algoritmo - spiega Bignami - ne usciranno dei dati di cattiva qualità e quindi non così forti e robusti per prendere una decisione. E questo a noi clinici serve tantissimo”. Questi strumenti si rilevano essere di notevole supporto all’attività del medico e si affiancano all’utilizzo di nuove tecnologie come i dispositivi indossabili, in grado di tracciare, ad esempio, la frequenza cardiaca e respiratoria. In questo modo, diventa sempre più possibile alleggerire il carico di lavoro degli ospedali e puntare “a slegare il monitoraggio del paziente o il trattamento del paziente alla logistica”, evitando accessi inutili e lunghe attese.

Intelligenza artificiale e formazione

Anche nell’ambito della formazione clinica, i sistemi di intelligenza artificiale si stanno rivelando preziosi, perché “permettono di imparare sempre più - evidenzia Bignami - immagazzinando l'esperienza pregressa”. Estremamente utili sono le simulazioni effettuate attraverso l’uso del metaverso, che consentono di ricreare le condizioni specifiche del paziente e di esercitarsi in tutta sicurezza, soprattutto per riuscire ad affrontare al meglio situazioni rare e complesse, come gli interventi sui neonati. L’intelligenza artificiale, quindi, nelle sue diverse applicazioni mediche, “non è di nulla di cui aver paura, ma solo uno strumento e come tale va trattato”, conclude Bignami.

15/12/2023

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