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Una corretta gestione della pressione arteriosa passa da un suo attento monitoraggio. Negli anni, sono stati definiti e aggiornati i parametri da rispettare e valutate le metodologie più efficaci per ridurre il rischio cardiovascolare. Uno studio pone in particolare l’accento sul ruolo e i benefici di un controllo intensivo.

Gli studi precedenti

Il primo studio SPRINT (Systolic Blood Pressure Intervention Trial) risale al 2015 ed è stato realizzato da David Reboussin, professore di biostatistica e scienza dei dati presso la Wake Forest University School of Medicine, con il coinvolgimento di 9.300 soggetti di età pari o superiore a 50 anni. Ai partecipanti erano stati attribuiti in modo casuale un obiettivo standard di pressione sistolica, ovvero inferiore a 140 mm Hg, oppure un obiettivo intensivo, cioè inferiore a 120 mm Hg.

I risultati emersi avevano confermato che per adulti di età pari o superiore a 50 anni con pressione alta puntare allo standard intensivo aveva un effetto benefico. Nello specifico, si è ottenuta una riduzione del 25% sul tasso degli eventi cardiovascolari, come infarto e insufficienza cardiaca, e dell'ictus. L’adozione del parametro di pressione sistolica inferiore a 120 mm Hg ha comportato una diminuzione del rischio di morte del 27% rispetto alle persone con target più elevato. Alla luce di questi dati sono state definite le nuove linee guida per il controllo della pressione.

Nel 2019, con lo studio SPRINT MIND è stato chiarito che il mantenimento di standard più bassi aiuta anche a ridurre il rischio di decadimento cognitivo lieve negli anziani.

Effetto a lungo termine del trattamento intensivo

L'esigenza di effettuare un’analisi secondaria dello studio SPRINT è nata con lo scopo di valutare l'effetto a lungo termine del trattamento intensivo.

Questa nuova indagine, pubblicata a ottobre 2022 su JAMA Cardiology, è stata coordinata da Nicholas Pajewski, professore associato di biostatistica e scienza dei dati presso la Wake Forest University School of Medicine, e ha concluso che i benefici sulla mortalità cardiovascolare ottenuti hanno un andamento decrescente. Nei pazienti coinvolti nello studio originario, infatti, è stato riscontrato un graduale aumento della pressione arteriosa nel corso degli anni successivi alla ricerca, tanto che dopo 5 anni non erano più presenti differenze fra coloro che avevano praticato il controllo intensivo e quelli che avevano seguito quello standard.

Il messaggio che i ricercatori hanno dedotto da questi risultati è il riconoscimento del ruolo essenziale di un controllo intensivo prolungato per riuscire a ridurre il rischio cardiovascolare in maniera continuativa ed efficace.

06/02/2023

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