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Hanno sintomi riferibili a una malattia di cui però non si conosce ancora il nome. Sono persone, circa 100mila in Italia, che hanno una malattia rara senza nome perché hanno disabilità, manifestazioni cliniche probabilmente dovute a un problema genetico, ma per le quali non esiste una definizione e descrizione medica.

I malati rari senza una diagnosi possono essere distinti in 2 gruppi: “non diagnosticati”, perché hanno sintomi comuni o fuorvianti o un quadro clinico atipico di una malattia rara diagnosticabile, “non diagnosticabili” perché la malattia non è stata ancora descritta, oppure la causa non è stata identificata. A queste persone può capitare di ricevere una diagnosi errata, perché la sindrome viene confusa con altre.

Se già un paziente con malattia rara ha un percorso di diagnosi e cura complesso, la persona con una malattia senza nome deve aggiungere anche l’incomprensione, la solitudine e l’incertezza di non sapere come evolverà la situazione e nemmeno se il trattamento potrà o meno essere adeguato. Una diagnosi infatti permette di uscire dall’isolamento e condividere la stessa esperienza con altre persone che affrontano gli stessi problemi, vedersi riconoscere dei diritti, avere un centro di riferimento e un percorso di cure.

Secondo il National institute of health americano, le persone senza diagnosi sono circa il 6% dei malati rari, ma il valore arriva al 40-50% se si considerano solo i malati rari pediatrici con disabilità mentale o quadri sindromiche. “La diagnosi è una delle pietre angolari nel percorso di chi è affetto da una malattia rara, ma è anche il primo grande scoglio da affrontare”, spiega Bruno Dallapiccola, direttore Scientifico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, struttura che in 10 anni è riuscito a fare una diagnosi a un migliaio di bambini e adolescenti. “Mediamente”, continua il professore, il nome della malattia “arriva con 4,8 anni di ritardo, 1 paziente su 3 riceve una prima diagnosi errata con conseguenti terapie non idonee, e anche dopo questo c’è comunque una fetta di persone che non arriva a una diagnosi”.

Qualcosa sta cambiando

“Grazie ai nuovi strumenti di analisi genetica e genomica, che oggi hanno costi fino a 100mila volte in meno rispetto a 20 anni fa – aggiunge Dallapiccola - siamo in grado di dare una diagnosi a circa 2 casi su 3, ora l’obiettivo è farlo in tempi sempre più brevi”.

All’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, dal 2016 esiste un ambulatorio dedicato proprio ai pazienti rari senza diagnosi, all’interno dell’Unità operativa complessa Malattie rare e Genetica medica diretta da Andrea Bartuli. “Da quando è stato aperto, l’ambulatorio ha preso in carico più di 1.670 pazienti, 400 dei quali solo nell’ultimo anno, il 10% del totale di quelli che vengono visti nel nostro centro – ricorda Bartuli - Se nel 2016 arrivava a una diagnosi il 30% dei pazienti che si rivolgevano all’ambulatorio, nel 2022 la percentuale raggiunge quasi il 70%, più del doppio. Questo anche grazie ai passi avanti nel sequenziamento dell’esoma, che tra il 2019 e il 2022 abbiamo applicato su 700 famiglie, arrivando a 455 nuove diagnosi”.

La diagnosi, però, non è solo un punto di arrivo, ma anche di partenza per la ricerca di terapie, per costruire modelli animali e poi passare a vere e proprie sperimentazioni su terapie efficaci anche per questi casi rarissimi. Succede sempre più spesso che, in seguito alla scoperta di nuovi geni e a una maggiore conoscenza delle correlazioni tra mutazioni e sintomi, si sia potuto dare un nome alla patologia di persone in attesa di diagnosi da anni. A livello di terapie, grazie al Regolamento europeo sui farmaci orfani, in vent’anni, si sono ottenute più di 2.500 designazioni di farmaci orfani e oltre 200 medicinali per le malattie rare.

L’importanza di un codice dedicato

Oltre a cercare una diagnosi, e quindi poter sperare in future terapie, le persone alle prese con malattie rare non diagnosticate hanno bisogno anche di una organizzazione socio-sanitaria assistenziale in grado di pensare alle esigenze della loro particolare condizione. “In primo luogo – elenca Federico Maspes, presidente della Fondazione Hopen - la definizione di un codice di esenzione dedicato per le malattie non diagnosticate, esattamente come lo hanno tante malattie rare e croniche che una diagnosi ce l’hanno. Il codice permetterebbe l’accesso all’esenzione per gli esami genetici richiesti, faciliterebbe le richieste di accesso al sostegno scolastico e alla previdenza, con un riferimento tracciabile per l’attivazione delle pratiche per l’indennità di pensione e per l’invalidità. Esiste attualmente il codice R99 temporaneo, valido nel periodo di attesa per la verifica di un sospetto di malattia rara, ma applicato in maniera non del tutto uniforme tra regioni”.

Iniziative nazionali e network internazionali

Per rispondere al numero molto limitato di pazienti con malattie rare senza diagnosi è fondamentale unire le risorse e le ricerche creando progetti e network, anche internazionali, per condividere informazioni utili a dare un nome a una serie di sintomi. Con questo obiettivo, dal 2016 il Centro nazionale delle malattie rare, insieme al National institut of health, ha avviato un programma ad hoc finanziato dal ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. La struttura del progetto evidenzia la necessità di un ampio sforzo multidisciplinare per rendere concretamente applicabili le nuove biotecnologie genomiche nei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali dei pazienti con malattie rare senza diagnosi. I dettagli su questo progetto sono disponibili sul portale dedicato Udnp (UnDiagnosed Network Program Italy) che è parte del Network internazionale Undiagnosed diseases Network InternationaI (Udni) avviato nel 2013 come naturale sviluppo del programma statunitense (Udp). Al progetto partecipano, oltre a Italia e Usa, altri paesi europei, Canada, Giappone, Australia, Korea, India.

A livello nazionale, oltre all’ambulatorio dedicato dell’Irccs Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, è attivo, dal 2016, il programma Malattie senza diagnosi coordinato dall’Istituto Telethon di genetica e medicina di Pozzuoli (Tigem) che coinvolge una rete italiana di 14 ospedali pediatrici, che ricorrono a tecnologie di sequenziamento del Dna all’avanguardia (Next Generation Sequencing). L’Ospedale Policlinico San Martino di Genova, nel 2017 ha istituito il Centro clinico per i Malati orfani di diagnosi per la presa in carico con competenze poli-specialistiche e l’accompagnamento durante tutto l’iter.

21/12/2022

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