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I pensieri, le emozioni, la quotidianità delle donne che vivono con il tumore al seno metastatico diventano ‘Note di vita’, una guida in 10 punti presentata in occasione della Giornata Nazionale del Tumore al Seno Metastatico, che si celebra il 13 ottobre, per aiutare a capire quello che per loro è importante davvero: parole e gesti che sono di aiuto o, al contrario, da evitare, per le 37mila donne che in Italia affrontano una diagnosi che cambia la vita a cinquant’anni (il 30% ne ha 45). Sono donne attive, con un lavoro, una famiglia, dei figli ancora piccoli. La ricerca scientifica, in questi ultimi anni, permette di dare loro tempo di vita, una prospettiva. La malattia cambia la vita, ma allo stesso tempo dà la forza per affrontarla.

Note di vita non è solo un vademecum, “è un regalo per affrontare meglio alcuni momenti difficili che tutti noi incontriamo", puntualizzano le anime dell'iniziativa che viene proposta come uno strumento pratico, nato dalla campagna 'È tempo di vita', promossa da Novartis Italia con Salute Donna Onlus.

"Sono come degli appunti che raccogliamo dalle pazienti. Vanno invertiti i ruoli, perché sono loro che hanno da insegnarci e da dirci qualcosa”, spiega Stefania Andreoli, psicoterapeuta e consulente scientifica del progetto. Nel testo si indagano gli aspetti trascurati nell’interiorità di una donna con tumore al seno avanzato, che deve intraprendere un percorso complesso non solo dal punto di vista terapeutico, ma anche psicologico ed emotivo, che investe tanti aspetti della quotidianità.

Cosa dicono le donne

Le Note di vita accendono un faro per guidare chi intreccia il suo cammino con quello di una donna con tumore al seno in stadio avanzato, perché esprimono e chiariscono le parole e gesti che sono di aiuto e quello che invece è da evitare. Nei 10 punti della guida, si trova tutta quella forza inaspettata che arriva dalla malattia e rimescola le priorità, così come quelle fragilità interiori che le pazienti faticano a condividere, ma che è bene tirare fuori per permettere agli altri di essere di aiuto. Nello scorrere l’elenco si scopre, non solo, come dia fastidio l’etichetta di ‘guerriera’, ma anche la necessità di considerare il valore sottovalutato del silenzio e quello ‘terapeutico’ del tempo, che le pazienti considerano un po’ come una cura, perché alimenta la speranza.

"No, non chiamateci guerriere. Siamo donne che affrontano il dolore. E questa non è una battaglia, è un percorso in cui ognuna deve trovare il proprio equilibrio anche grazie al supporto di chi ha accanto. C'è un dolore che spacca la vita, i sentimenti, la quotidianità. Si affronta con forza, ma con alti e bassi - racconta Anna Maria Mancuso, presidente dell'associazione Salute Donna Onlus - E si piange anche, mentre le guerriere non cedono mai. Affrontare il dolore significa anche questo: condividerlo e camminare insieme sulla stessa strada".

Le donne “ci spiegano come questa narrazione della battaglia, della guerra, dell'essere soldatesse della vita, della malattia e della guarigione, sia in realtà una stortura, di molto fuori fuoco - osserva Andreoli. Facciamoci caso: chi dovesse avere un esito infausto della malattia, non è stata abbastanza strenua nei suoi tentativi?". È un discorso anche "pericoloso. Potevamo arrivarci da soli, ma hanno avuto bisogno di dircelo le pazienti stesse. Mi colpisce – continua - una di queste note, in particolare: a volte, c'è scritto, il silenzio è di supporto più del chiedere continuamente come stai. Chi è portatore di malattia a volte viene messo nella posizione di doversi fare carico delle ansie e angosce di chi ha intorno. Il silenzio credo sia ingiustamente sottovalutato, invece è profondamente comunicativo. Esistono dei silenzi pienissimi e rivelatori".

Dall’ascolto al confronto in Life Academy

Nella Giornata del Tumore al Seno Metastatico sulle pagine social di È Tempo di Vita (su Facebook e Instagram) è disponibile anche il quinto e ultimo appuntamento della Life Academy: conversazioni dedicate all’io profondo di chi convive con una diagnosi di tumore al seno avanzato con la psicoterapeuta Stefania Andreoli. Attraverso le diverse fasi della malattia, dal cambiamento all’accettazione, si approfondiscono temi come l’intimità e l’importanza della figura del caregiver. “È un percorso che invita coloro che convivono con una diagnosi di tumore al seno in stadio avanzato – racconta Andreoli - ad avere il coraggio di mettere a confronto la propria interiorità con l’esteriorità, ponendosi una semplice domanda: come sono, come mi sento? Un viaggio per guidarle alla scoperta di se stesse attraverso conversazioni contraddistinte da un clima caldo e informale. Nel salotto della Life Academy il parere oncologico incontra la scrittura e la mindfulness, ma lascia anche il posto a temi come l’intimità e il supporto”.

Il senso profondo della campagna Life Academy è “ricordare alle donne che è sempre tempo di vita – aggiunge la psicoterapeuta - donando loro uno spazio dove comprendere che non sono sole in questo percorso. Le loro paure, le loro riflessioni sono condivise da molte altre donne”. Gli argomenti della Life Academy nascono infatti da un attento ascolto della community di È Tempo di Vita: oltre 56 mila utenti tra Facebook e Instagram. Le pazienti cercano attivamente spazi online dove aprirsi e condividere emozioni ed essere rassicurate anche sugli aspetti più trascurati della malattia, come ad esempio la sfera interiore e più intima delle pazienti, che rappresenta proprio il fil rouge delle conversazioni realizzate in questo spazio.

Guadagnare tempo e ripartire dall'alleanza

Ma c'è anche la speranza "fra le parole che pesano", fa notare Michelino De Laurentiis, direttore del Dipartimento di oncologia senologica e toraco-polmonare all'Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione Pascale di Napoli. "Io sarei ottimista ed è un messaggio che mi sento di dare alle donne col tumore al seno metastatico: in poco tempo abbiamo visto una rivoluzione completa della nostra capacità di gestire questa malattia - rimarca - Circa 10-15 anni fa l'aspettativa di vita era a una mediana di circa 2 anni. Oggi supera i 5 anni. Vuol dire che metà delle nostre donne vivranno di più, anche 7-10 anni e non lo sappiamo nemmeno se ancora più a lungo di così, visto che i nuovi farmaci sono 'in azione' da pochi anni. Significa essere in grado di bloccare la malattia, cronicizzarla mantenendo la qualità di vita".

In questo modo, evidenzia l'oncologo, “guadagniamo tempo, e questo permetterà alle donne di avere accesso ai tanti nuovi farmaci rivoluzionari già all'orizzonte, che arriveranno. E poi, perché no, magari nel giro di massimo 20 anni - prospetta - potremmo riuscire a guarire anche il tumore al seno metastatico. Io ci credo". Sul ruolo del medico, "l'ascolto – osserva - deve essere empatico, nel rispetto della professionalità e dei ruoli differenti. Ma comprendere le reali necessità di quella singola persona ammalata che abbiamo di fronte è, secondo me, metà del percorso per ottenere un successo terapeutico. Fare il medico è soprattutto questo".

13/10/2022

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