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Oggi si conoscono alcune delle mutazioni all’origine delle cardiomiopatie. Queste informazioni sono importanti perché permettono di valutare e curare in modo più preciso la malattia e individuarla, se presente, nei gruppi familiari. Prima di procedere all’analisi genetica, è necessaria una consulenza genetica, fatta dallo specialista in genetica o dal cardiologo, esperti che sono anche in grado di interpretare correttamente il referto.

L’analisi genetica, nota come next generation sequencing (Ngs), viene richiesta dallo specialista quando ha già posto una diagnosi e permette di identificare una o più mutazioni in uno o più geni che sono stati individuati come responsabili dello sviluppo di alcune patologie cardiache. Attualmente vengono analizzati particolari geni in base al tipo di cardiomiopatia. Nel caso, ad esempio, della forma ipertrofica, si indagano 12 geni (MYBPC3, MYH7, TNNT2, TNNI3, TPM1, ACTC1, MYL2, MYL3, GLA, LAMP 2, PRKAG2, TTR). Se in questi geni non vengono riscontrate mutazioni, il cardiologo potrebbe proporre di estendere l’analisi ad altri gruppi di geni.

L’analisi genetica, che permette di identificare con più precisione il tipo di cardiomiopatia, evoluzione e complicanze, oltre a favorire l’accesso al trattamento più appropriato, viene sempre valutata insieme ad altri elementi clinici e strumentali, come l’elettro ed eco cardiogramma, la risonanza magnetica cardiaca, il test cardiorespiratorio e l’ecocardiogramma (Ecg) dinamico.

Il test genetico consente, inoltre, di confermare la presenza di una cardiomiopatia nei casi dubbi, ad esempio quando ci sono delle iniziali, come la sola presenza di anomalie tipiche nell’Ecg. Sempre nel caso della forma ipertrofica, l’analisi permette di distinguere con maggiore certezza quella dei bambini - per esempio la malattia di Danon - o negli adulti - la malattia di Fabry o Amiloidosi.

Familiarità

Attualmente, con le tecniche disponibili, se la cardiomiopatia è stata diagnosticata con analisi strumentali come l’eco cardiografia (Eco) in familiari di un paziente, la probabilità di trovare una mutazione è di circa il 60%; in caso contrario, la percentuale si dimezza, al 30%.

Le manifestazioni cliniche della cardiomiopatia associate a una stessa mutazione possono essere molto diverse nei familiari: più lievi o più severe. I figli di una persona con cardiomiopatia devono periodicamente (ogni 2-3 anni nei giovani e 5 anni negli adulti) fare dei controlli con Ecg ed Ecocardiogramma. Nel caso in cui la mutazione sia identificata nel figlio, anche se non presenta dei segni clinici, sono previsti controlli ogni 1-2 anni.

Uno studio internazionale multicentrico a cui ha partecipato anche l’Italia che ha analizzato oltre 200 familiari di pazienti con cardiomiopatia ipertrofica, nei quali era stata identificata la stessa mutazione senza ancora avere segni elettrocardiografici o ecocardiografici della patologia, la cardiomiopatia ipertrofica si è sviluppata solo nel 10% dei soggetti dopo un periodo di controllo cardiologico medio di 6 anni.

Nel caso in cui non si identifichi la mutazione e resta il dubbio diagnostico, il cardiologo opterà per controlli cardiologici specifici e, eventualmente, analisi genetiche più approfondite, anche perché la ricerca continua e ci sono vari fattori che possono influenzare l’espressione di mutazioni. Molte evidenze hanno accertato, per esempio, che obesità, attività sportiva intensa, e ipertensione arteriosa possono facilitare lo sviluppo della cardiomiopatia nei familiari con la stessa mutazione genetica. Anche per questo, la tempestiva identificazione di una stessa mutazione, all’interno della famiglia, può mettere in atto una strategia preventiva che può rallentare, se non evitare, la manifestazione clinica della malattia.

Presente e futuro

Distinguere, nella forma ipertrofica, la malattia di Fabry e l’amiloidosi cardiaca può fare una grande differenza perché esistono farmaci specifici. In altre situazioni è attualmente meno rilevante ma, mentre si studiano altre mutazioni, parallelamente la ricerca sta mettendo a punto altri farmaci e terapie geniche, in grado, queste ultime, di riparare il danno genetico.

29/03/2023

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