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La ricerca clinica costituisce un investimento di qualità sul lungo termine, è un motore di sviluppo economico e sociale per il Paese e può dare un contributo importante al recupero dall’attuale crisi sanitaria ed economica. A ricordare il ruolo strategico degli studi clinici per migliorare la salute e la crescita delle popolazioni, ogni anno il 20 maggio, si celebra l'International Clinical Trials’ Day, la Giornata internazionale della ricerca clinica. La data è relativa al giorno in cui, nel 1747, James Lind avviò il primo studio clinico randomizzato che confrontava l’efficacia di differenti trattamenti per lo scorbuto tra i marinai della British Royal Navy.

Il settore è in piena evoluzione tecnologica e normativa. Sono in accelerazione, a seguito dell’emergenza Covid, processi come la virtualizzazione dei trial e l’impiego diffuso dell’intelligenza artificiale.

Parallelamente, sono attesi aggiornamenti normativi e regolatori, con l’introduzione del Regolamento Europeo 536/14, che ha l’obiettivo di invertire la tendenza sulla perdita di competitività globale dell’Unione Europea nel settore. “Questi fattori, se supportati da interventi organizzativi e di governance, costituiscono importati opportunità di sviluppo per il sistema italiano”, secondo quanto si legge nel Reprot 2020 “Il Valore delle sperimentazioni cliniche in Italia” di Altems (Alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari).

Impatto economico della ricerca clinica

Secondo il report di Altems, in Italia nel 2019 sono state approvate 672 nuove sperimentazioni cliniche, pari al 23% di quelle approvate nell’Unione Europea. Questo valore è rimasto sostanzialmente stabile fino al 2020, con una diminuzione, dal decennio precedente, meno marcata rispetto alla media europea, che ha portato così ad un aumento della quota in Italia.

A livello economico, gli investimenti valgono per oltre 750 milioni di euro all’anno e, in media, il 92% dei finanziamenti diretti proviene da aziende farmaceutiche per studi profit, secondo stime di Fadoi (Federazione delle associazioni dirigenti ospedalieri internisti).

Le ricadute economiche degli investimenti, per i fornitori di servizi alla ricerca clinica (come le Contract Research Organization, CRO), laboratori, diagnostica e simili, hanno valori interessanti. Dati prodotti da Austria e America mostrano che, per ogni euro investito in sperimentazioni cliniche dall’industria farmaceutica si generano tra 1,95 e 2,50 euro di valore aggiunto per l’economia nel complesso. Lo studio austriaco stima l’effetto leva occupazionale (employment multiplier) della ricerca clinica a 1,66.

Il report di Altems - realizzato su un campione di 12 imprese del farmaco che hanno partecipato all’indagine 2020 - segnala che, su un totale di quasi 212 milioni di euro rilevati come investimento diretto, i costi evitati dallo svolgimento degli studi clinici (Averted Costs) hanno un valore di 376 milioni di euro per il Servizio sanitario nazionale (Ssn), con un risparmio aggiuntivo di 1,77 euro per ogni euro investito dalle aziende promotrici di studi clinici. L’effetto leva che misura il beneficio di uno studio clinico è pertanto di 2,77 euro ogni euro investito dalle imprese.

I benefici socio-sanitari dei clinical trial

Gli autori del report di Altems ritengono che siano ancora più rilevanti i benefici non economici della ricerca clinica. “I circa 35.000 pazienti direttamente coinvolti negli studi clinici ogni anno – si legge nel documento - beneficiano di trattamenti innovativi con grande anticipo rispetto alla loro disponibilità generale, ottenendo miglioramenti precoci della loro condizione e della qualità della vita”. Parallelamente, le aziende sanitarie che ospitano centri sperimentali godono di un miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria e della crescita professionale del personale coinvolto. A questo va aggiunto l’allungamento della vita media ed il miglioramento della qualità della vita generale della popolazione.

Perché le farmaceutiche investono nella ricerca clinica italiana

In Italia, la spesa in ricerca e sviluppo è pari all'1,2% del Pil, mentre la media dei Paesi europei raggiunge il 2%, con la Germania quasi al 3%. Nonostante i minori fondi a disposizione, i lavori scientifici italiani sono di primo piano, a livello internazionale: in ambito oncologico, ad esempio, i trial clinici italiani sono tra i più citati al mondo, subito dopo quelli del Regno Unito.

Del resto, lo stesso report Altems segnala che le aziende farmaceutiche, “per il prossimo triennio, dimostrano ancora una ferma volontà di investire in Italia ed esprimono disponibilità ad aumentare, anche significativamente, gli studi clinici”, grazie ai punti di forza riconosciuti come: “l’alto profilo scientifico degli sperimentatori italiani, con expertise di eccellenza riconosciute a livello internazionale; ampi bacini di pazienti per ogni area terapeutica, per arruolamenti rapidi; qualità del Ssn e presenza di centri clinici sperimentali di eccellenza, con dotazioni avanzate, che permettono lo svolgimento di studi anche complessi; presenza sul territorio di filiali di tutte le principali aziende farmaceutiche mondiali, con dipartimenti dedicati alla ricerca”.

Governance e norme chiare per far decollare il settore

L’Italia ha tutte le potenzialità per essere un attore primario del settore della ricerca clinica, in Europa e nel mondo, ma è fondamentale agire su alcuni elementi, prettamente politico-istituzionali per rendere davvero attrattivo il nostro Paese.

Gli esperti di Altems pongono, come primo punto, l’adeguamento del quadro regolatorio e legislativo, favorendo la collaborazione tra pubblico e privato. “È necessaria una riforma della legislazione sugli studi clinici – scrivono nel report - per implementare efficacemente il Regolamento Europeo 536/14 e la L. 3/18 “Decreto Lorenzin”, ancora mancante dei necessari decreti attuativi”. A seguire, c’è il potenziamento del personale nei centri sperimentali per poter arruolare un numero elevato di pazienti. Completano la lista, l’innovazione tecnologica con strategie di forte digitalizzazione dei centri di ricerca e l’introduzione di incentivi per gli investimenti – defiscalizzazione e riapertura del credito di imposta alle commesse estere - come avviene negli altri Paesi europei. “Questo – concludono gli autori - avrebbe verosimilmente un saldo netto positivo sulle finanze pubbliche, grazie all’effetto moltiplicatore dei benefici della ricerca clinica sul sistema economico”.

20/05/2022

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