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Nonostante i passi avanti degli ultimi anni, la digitalizzazione della sanità in Italia presenta ad oggi ritardi e criticità. Qual è l’attuale situazione e come la telemedicina può aiutare a colmare il gap digitale?

Disparità di accesso ai servizi digitali

Da un recente report realizzato dal Boston Consulting Group sulla maturità digitale del nostro Paese emerge un quadro abbastanza variegato. Infatti, “da un lato, ci possiamo fregiare di essere più avanti rispetto ad alcuni esempi della Germania sull'adozione della cartella clinica elettronica - osserva Stefano Cazzaniga, Managing Director & Partner del settore Health Care Payers and Providers di Boston Consulting Group - però siamo sicuramente meno avanti rispetto ai Paesi nordici per quanto attiene l'utilizzo della telemedicina, dei teleconsulti, del monitoraggio, dei registri di patologia.” Sono presenti, inoltre, differenze significative sul territorio nazionale, fra Regione e Regione e anche all’interno di una stessa Regione, tanto da determinare “un'enorme eterogeneità dei servizi disponibili ai cittadini. Si va dal cartaceo puro a chi invece ha un'esperienza quasi completamente digitale”.

Digitalizzazione in sanità: il ruolo di una strategia nazionale

I modi per migliorare e uniformare l’accesso ai servizi non mancano. Un semplice esempio riguarda - secondo Cazzaniga - il momento in cui “un medico prescrive un'ecografia e il paziente deve autonomamente provvedere a pianificarla. Chiaramente può succedere che lo dimentichi. Può succedere che semplicemente non trovi posto e che decida di rimandare. La tecnologia, questa è la buona notizia, è già ampiamente disponibile” per far in modo che il medico prenoti direttamente l’esame diagnostico e, se necessari, anche l’intervento e la riabilitazione.

Se la tecnologia c’è e sono stati ormai portati a termine con successo diversi esperimenti di digitalizzazione, ciò che serve maggiormente in Italia è una strategia organica. “Quello che sicuramente è necessario è pensare, in primis, a cosa si vuole ottenere dalla trasformazione digitale”, avverte Cazzaniga. Il punto di riferimento per riuscire a dare priorità alle iniziative è “il valore per il paziente”, chiarisce l’esperto. Puntare, quindi, a migliorare l’esito clinico e il percorso diagnostico e terapeutico deve essere il criterio da adottare per un’applicazione della tecnologia alla sanità in grado di fare veramente la differenza per il cittadino.

La realizzazione di una strategia nazionale, da implementare anche grazie ai fondi del PNRR, può fare in modo che i pazienti abbiano accesso allo stesso livello di servizi in tutta la penisola. “La telemedicina o la digitalizzazione della sanità – ribadisce Cazzaniga - possono essere il cambio di paradigma” e aprire nuove opportunità di sviluppo sia in ambito di prevenzione che di cura.

Le applicazioni della telemedicina

Nel concreto, questo cambiamento non deve mirare solo alla modalità di televisita, che con la pandemia ha conosciuto una notevole diffusione, ma anche al “monitoraggio, alle dimissioni protette, alla presa in carico digitale di un paziente cronico”- precisa Cazzaniga - insieme “all’enorme opportunità di un utilizzo coordinato di tutte le informazioni che riguardano la mia salute” e che consente di mettere in atto una “prevenzione attiva e individualizzata”. Con un uso efficace della tecnologia, si possono rivoluzionare i percorsi clinici e, nello stesso tempo, ridurre burocrazia e tempistiche.

“Personalmente non credo da medico che potremo mai fare a meno della sanità in presenza - osserva Cazzaniga - però è vero che tutto ciò che avvicina e aumenta l'accesso, in un sistema che ha dei problemi esattamente di prossimità e di accesso, sia da vedere in maniera positiva”.

12/05/2023

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