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Ci sono degli elementi che rendono la città un luogo di benessere fisico, mentale e sociale. Sono contenuti nel Manifesto “La salute nelle città: bene comune”, un documento, lanciato per la prima volta nel 2016, di cui è stata recentemente presentata in Senato una revisione, arricchita da elementi ricavati dall’emergenza Covid e dal ruolo della prevenzione.

Oggi il 37% della popolazione italiana vive nelle aree metropolitane. “Sono le città dove scoppiano le epidemie pandemiche, la spagnola”, di un secolo fa “si è diffusa meno, per la presenza di agglomerati meno numerosi. La città è diventata un problema medico che, però, il medico non può risolvere da solo”, afferma Andrea Lenzi, presidente di Health City Institute e del Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

“Il concetto di Health city - spiega Lenzi - risale all’inizio degli anni 2000. In Italia abbiamo cominciato a occuparci della questione nel 2010, il primo manifesto è uscito nel 2016 ed è stato redatto da una trentina di colleghi di varie discipline. Alla stesura e revisione dell’ultima edizione hanno contribuito di oltre 200 esperti e una quarantina di istituzioni, enti, università, società scientifiche, associazioni pubbliche e private” tra cui l’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci), l’Intergruppo Parlamentare Qualità di Vita nelle Città, Sport e Salute, Health City Institute, C14+, Federsanità, Istituto per la competitività I-Com, Fondazione SportCity.

Il Manifesto elenca i dieci punti chiave per guidare le città a elaborare strategie per migliorare gli stili di vita e lo stato di salute dei cittadini, ovvero:

  1. Ogni cittadino ha diritto a una vita sana e integrata nel proprio contesto urbano. Bisogna rendere la salute il fulcro di tutte le politiche urbane
  2. Assicurare un alto livello di alfabetizzazione e di accessibilità all’informazione sanitaria per tutti i cittadini e inserire l’educazione sanitaria in tutti i programmi scolastici con particolare riferimento ai rischi per la salute nel contesto urbano
  3. Incoraggiare stili di vita sani nei luoghi di lavoro, nelle comunità e nei contesti familiari
  4. Promuovere una cultura alimentare e la lotta alla povertà alimentare
  5. Ampliare e migliorare l’accesso alle pratiche sportive e motorie per tutti i cittadini, favorendo lo sviluppo psicofisico dei giovani e l’invecchiamento attivo
  6. Sviluppare politiche locali di trasporto urbano orientate alla sostenibilità ambientale e alla creazione di una vita salutare
  7. Creare iniziative locali per promuovere l’adesione dei cittadini ai programmi di prevenzione primaria, con particolare riferimento alle malattie croniche, trasmissibili e non trasmissibili
  8. Intervenire per prevenire e contenere l’impatto delle malattie trasmissibili infettive e diffusive, promuovendo e incentivando i piani di vaccinazione, le profilassi e la capacità di reazione delle istituzioni coinvolte con la collaborazione dei cittadini
  9. Considerare la salute delle fasce più deboli e a rischio quale priorità per l’inclusione sociale nel contesto urbano
  10. Studiare e monitorare a livello urbano i determinanti della salute dei cittadini attraverso una forte alleanza tra Comuni, Università, Aziende Sanitarie, centri di ricerca, industria e professionisti.

“Nella nuova edizione - aggiunge Lenzi - abbiamo approfondito i vari temi partendo dal concetto che la salute è un bene comune. Il mondo è diventato come il pianerottolo di casa, poco più: se sta male il mio vicino sto male anch’io”. Per questo “devono stare bene tutti, dai più giovani ai più fragili, e i mezzi per accedere ai servizi per la salute devono essere adeguati”. Particolare rilievo assume, nella revisione del Manifesto, il punto 8, aggiunto come necessario aggiornamento di fronte alla recente esperienza globale della pandemia, quindi per le malattie trasmissibili.

L’esperienza del Covid ha evidenziato che è centrale la prevenzione intesa “essenzialmente come educazione nel senso anglosassone del termine - ricorda Lenzi - La popolazione in generale non riceve, soprattutto nei Paesi occidentali, un’educazione sufficiente alla Salute in generale e, in particolare, alla Salute come bene comune: non è solo avere il farmacista e il medico vicino, ma servono servizi sanitari prossimi. In sintesi, servono “prevenzione, prossimità ed educazione”, cioè formazione della cittadinanza. L’educazione - ribadisce il professore - è intesa a tutti i livelli. Spero si possa riprendere un progetto per la scuola: i bambini che imparano a scuola portano l’esempio di best practice a casa, insegnandola a genitori e nonni”.

Per realizzare i punti di questo manifesto ci sono 3 step da fare: map share and act. Il primo è “mappare la situazione, servono i dati per poter governare - sottolinea l’esperto - Per ogni settore ci vuole una conoscenza dei dati reali. La mappa bisogna poi condividerla (share) con le realtà, con i sindaci. Su alcuni progetti fatti con le società scientifiche italiane di medicina e altre discipline, è stato estremamente importante condividere i dati con gli 8mila sindaci dell’Anci. Poi bisogna agire (act) - certo - Noi lavoriamo a silos: architetti sociologi, psicologi, amministratori e medici pensano ciascuno qualcosa e non si parlano. L’azione vera si fa se c’è condivisione. A Roma, a distanza di 5 Km in linea d’aria dal Policlinico, ci sono 6-7 parchi, ma non esiste un percorso sicuro e coordinato per raggiungerli e attraversarli”.

In questa riedizione del Manifesto, c’è stato un maggiore coinvolgimento dei sindaci e la costituzione dell’Intergruppo parlamentare per la ‘Qualità di vita nelle città’, strumento che permette di portare rapidamente ,a livello di istituzioni parlamentari, temi di ampio interesse.

A testimonianza del cammino fatto, “l’Anci attraverso il dipartimento per le politiche giovanili - ricorda Lenzi - ha finanziato l’istituzione di una nuova figura professionale, l’Health city manager di cui noi, come Health City Insitute, curiamo la formazione e, come Università La Sapienza abbiamo costruito l’ordinamento didattico per preparare i professionisti a fare da tramite tra i vari silos degli assessorati dei comuni che, spesso non dialogano. Alcuni comuni come Genova e Bari, Imola, Bologna, Torino ed altri, con varie tipologie contrattuali, l’hanno già adottato”.

L’obiettivo più vicino del Manifesto è “rendere alcune città modello di best practice perché siano da traino per le altre - afferma l’esperto - A Roma, in centro, la prevalenza di diabete è sopra il 5%, mentre al Tor Bella Monaca è superiore al 7%. Da malattia dei ricchi, è diventata una malattia di chi vive un disagio sociale ed educazionale, che mangia male. A livello globale - prosegue - è l’obiettivo è di fare network con grandi istituzioni a livello mondiale, come l’Unesco per dare una visione del rischio che la città possono costituire. Le città infatti - sottolinea - inquinano per il 70% del mondo e consumano il 60% delle risorse”.

A tale proposito, l’Health City Institute è diventato membro della Eupha, European of Public Health Association, per portarla a livello di grandi istituzioni la questione della salute. Inoltre, primato tutto italiano, l’Unesco, agenzia delle Nazioni unite per l’education, “ha istituito qui a La Sapienza la cattedra di Urban Health come nodo centrale di riferimento globale per l’educazione e la ricerca in materia”, chiosa Lenzi.

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