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Costruire modelli di medicina di iniziativa, per una presa in carico più “proattiva” dei pazienti cronici; ripensare un modello assistenziale orientato verso un’offerta territoriale integrata con i servizi sociali, puntando sulla prossimità; rendere omogeneo l’accesso alle cure, anche innovative, ai pazienti su tutto il territorio nazionale e ripristinare l’attenzione dei cittadini verso la salute del cuore perché diventino parte attiva del percorso di prevenzione e cura.

Queste le principali priorità emerse nel corso dell’evento “Nuove strategie di prevenzione cardiovascolare nel post-pandemia: la sfida parte dal territorio”, organizzato da Novartis Italia e patrocinato da City Health Institute, proprio in occasione della giornata mondiale del cuore.

Con 18 milioni di decessi all’anno nel mondo e 230mila in Italia, le malattie cardiovascolari sono oggi la principale causa di morte prematura. Entro il 2030, si stima che si arriverà a 24 milioni di morti nel mondo all’anno, con un costo globale che passerà da circa 863 miliardi di dollari nel 2010 a oltre 1 trilione. Da questi numeri parte la necessità di un cambio di rotta nella gestione di queste patologie.

“Le malattie cardiovascolari rappresentano un banco di prova importante per i sistemi sanitari di tutto il mondo. Come Novartis siamo impegnati ad individuare soluzioni che possano generare un impatto su larga scala come le malattie cardiovascolari richiedono, a beneficio della popolazione, ha sottolineato Gaia Panina, Chief Scientific Officer di Novartis Italia. Vogliamo disegnare un nuovo approccio a queste patologie, che contribuisca ad arginare l’emergenza che la società sta affrontando in questo momento, ma anche rafforzare i sistemi sanitari per le sfide che si proporranno nel futuro. E in questo siamo al fianco delle Società Scientifiche, delle Associazioni Pazienti ma anche delle Istituzioni.”

L’evento ha dato l’opportunità di condividere proposte e priorità con l’obiettivo di ripensare le strategie della prevenzione e recuperare il tempo perso dopo i ritardi dovuti all’emergenza sanitaria. I dati parlano chiaro: si è assistito a una riduzione compresa fra il 50 e l’85% dell’attività chirurgica, del 55% degli interventi di cardiochirurgia, del 75% degli ecocardiogrammi trans esofagei e delle diagnostiche per cardiopatia ischemica, del 10% di nuove diagnosi di scompenso cardiaco e del 30% di invio allo specialista, e a un aumento del 20% della mortalità cardiovascolare e di quella generale.

Focalizzare l’attenzione sulla prevenzione cardiovascolare è fondamentale per provare a raggiungere entro il 2030 la riduzione del 25% della mortalità prematura da malattie non trasmissibili, seguendo le raccomandazioni dell’ITALIAN URBAN HEALTH DECLARATION ai Governi dei Paesi del G20.

Istituzioni, mondo sanitario, accademico e privato sono chiamati a definire un indirizzo comune e a impegnarsi per un futuro libero dalle CVD, agendo con urgenza per disporre piani e politiche finalizzate a migliorare la salute e la qualità della vita delle persone e garantire allo stesso tempo la sostenibilità e l’efficienza dei sistemi sociosanitari e assistenziali nel lungo periodo e su larga scala.

In particolar modo, è stato evidenziato il ruolo del contesto urbano, sia perché legato a maggiori rischi, sia per trasformarlo nel fulcro dei nuovi piani di prevenzione.

“Le principali patologie croniche e non trasmissibili, prime fra tutte le CVD, sono un problema urbano legato ai maggiori livelli di urbanizzazione, all’invecchiamento della popolazione e agli stili di vita meno sani, ha chiarito Andrea Lenzi, Presidente Health City Institute, Il ruolo delle città nella promozione della salute, quindi, sarà fondamentale nei prossimi decenni e la lotta alle CVD rappresenta un’opportunità per promuovere la creazione di una rete di collaborazione tra soggetti diversi e lo sviluppo di programmi di prevenzione e gestione della cronicità che tengano conto del controllo dei fattori di rischio CVD, come l'ipertensione e l’ipercolesterolemia, dell'assistenza sanitaria primaria e secondaria, dell’innovazione.”

C’è un ritardo da recuperare e una situazione complessiva difficile, derivata dal sommarsi di più emergenze, poiché il COVID-19 ha interrotto drasticamente le cure ambulatoriali e i percorsi diagnostico-terapeutici di molte altre patologie, come quelle cardiovascolari. “Durante la pandemia, ha evidenziato Massimo Volpe, Presidente Società Italiana per la prevenzione cardiovascolare (SIPREC), abbiamo assistito a un paradosso: l’infodemia ha portato le persone, soprattutto i pazienti cronici, a focalizzarsi sul timore legittimo del Covid, dimenticando però le patologie, anche importanti, che già avevano, procrastinando visite, esami, terapie. Ancora oggi questo atteggiamento non è totalmente rientrato ed è necessario intervenire per rimettere in ordine le priorità di ciascuno. Occorre recuperare quanto prima questo ritardo. La pandemia ha senza dubbio messo in evidenza le difficoltà del sistema sanitario, sia a livello territoriale che ospedaliero, a mantenere i livelli di assistenza alle patologie CV in condizioni di emergenza”.

Tra le CVD, lo scompenso cardiaco è la prima causa di ricovero nelle persone over 65. Per arginare i rischi per la salute ed eccessive spese a carico del sistema sanitario “urge, secondo Pasquale Perrone Filardi, Presidente eletto Società Italiana di Cardiologia, nel breve termine, che maturi la piena consapevolezza della necessità di strutturare una risposta assistenziale per la gestione di pazienti complessi e cronici, come quelli affetti da scompenso cardiaco, patologia che in Italia colpisce circa 1 milione di persone per un costo annuo pari a 3 miliardi di euro, a partire da percorsi personalizzati di presa in carico del paziente attraverso l’identificazione e stratificazione del rischio, la definizione dei riferimenti di invio allo specialista o al territorio, una nuova modalità di follow-up e l’introduzione del monitoraggio da remoto”.

Le difficoltà emerse dalla pandemia devono fungere da stimolo, per “individuare il miglior percorso da seguire attraverso l’attuazione di un modello di gestione della patologia di tipo interdisciplinare e integrato, nel quale tutti coloro che si prendono cura del paziente possano dialogare in maniera circolare facendo ricorso anche a sistemi di digitalizzazione, come suggerisce Maria Rosaria Di Somma, Consigliere Associazione Italiana Scompensati (AISC). Possiamo inoltre testimoniare il grande valore che offre al sistema sanitario il paziente informato e formato, attento all’aderenza alla terapia, al riconoscimento dei sintomi, al corretto stile di vita, al monitoraggio quotidiano dei parametri evolutivi della malattia e che sappia dialogare con il proprio medico.”

Anche l’ipercolesterolemia rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica ed è ormai considerata una vera e propria causa delle malattie cardiovascolari. Negli ultimi anni “ha mostrato un trend in crescita preoccupante, ha sottolineato Furio Colivicchi, Presidente Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), fenomeno che si unisce al dato preoccupante secondo cui l’80% dei pazienti ad alto rischio non raggiunge il livello di LDL-C ottimale raccomandato dalle linee guida per il trattamento con sole statine, mettendoli a rischio di incorrere in eventi cardiovascolari o morte. L’ipercolesterolemia, unita all’aumento dell’indice di massa corporea, rappresenta una bomba a orologeria per imprevisti eventi acuti. Il controllo del colesterolo e il raggiungimento dei valori targetsono le armi più efficaci per ridurre la mortalità cardiovascolare e migliorare in modo significativo la qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie”.

La prevenzione in questo ambito risulta quindi essenziale e passa attraverso la diffusione di una maggiore consapevolezza del rischio. “Per accrescere il controllo del rischio cardiovascolare è indispensabile rendere i cittadini più consapevoli, ha raccomandato Marcello Arca, Presidente Società Italiana per lo Studio dell’Aterosclerosi (SISA). Un esempio significativo è quello del controllo del colesterolo rispetto al quale c’è sottovalutazione del rischio e scarsa conoscenza dei livelli target e dell’importanza di mantenerli nel tempo. È dunque necessario porre rimedio attraverso azioni di educazione, progetti innovativi e di alto tenore scientifico e di altrettanto impatto comunicativo.”

29/09/2021

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