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“Si parla con toni drammatici, di milioni di italiani che rimarranno senza medico di famiglia ma non è così, dalla pandemia ci siamo rimboccati le maniche e stiamo risolvendo tanti problemi. Ad esempio, da quasi due anni stiamo traghettando 5-6mila giovani medici al posto di chi va in pensione. L'operazione non è conclusa perché ci vuole tempo e serve trovare un nuovo equilibrio nel rapporto tra assistito e professionista". Così Claudio Cricelli, presidente Società italiana di medicina generale (Simg) in occasione della Giornata mondiale dei medici di famiglia.

"La medicina generale ha dimostrato grande capacità di adattamento", sottolinea Cricelli. E sul monito lanciato dal presidente della Federazione degli Ordini dei medici e odontoiatria, Filippo Anelli, che i "medici sono costretti a visitare in 15 minuti, serve più tempo", Cricelli è meno drastico: "Ci sono tante tipologie di pazienti, c'è chi viene una volta a settimana e ha bisogno di poco tempo e chi invece necessità di un colloquio più lungo. Nessuno di noi - ricorda - guarda l'orologio in studio perché non siamo pagati a prestazione come altri professionisti".

I medici di famiglia "sono molto cambiati in questi anni. E la pandemia ci ha lasciato in eredità un nuovo rapporto con i pazienti, oggi più attenti alla dinamica della salute. Inoltre, i più giovani, che un tempo raramente frequentavano i nostri ambulatori, sono molto più presenti: il Covid li ha avvicinati, anche grazie all'uso di forme di comunicazione digitale", rimarca Silvestro Scotti, segretario generale della Fimmg.

"Solo qualche anno fa - continua - gli assistiti giovani che, occasionalmente venivano in studio, lamentavano soprattutto le attese in sale piene di anziani. Oggi tutto questo è stato 'governato': tutti i medici lavorano per prenotazione, la tecnologia permette risposte più rapide, lo scambio di informazioni e richieste possono avere canali rapidi". Anche gli anziani, che rappresentano comunque ancora la maggioranza dei pazienti, con oltre il 50% degli assistiti over 60, "si stanno adattando agli strumenti tecnologici, spesso aiutati proprio dai familiari giovani che anche per questo hanno un rapporto più frequente con il medico di famiglia".

Sicuramente, continua Scotti, "la nostra professione è molto cambiata, anche se il più delle volte tutto questo non viene riconosciuto: chi ricorda, ad esempio che la digitalizzazione, di cui tanto si parla, è cominciata proprio nei nostri studi?". Ma in occasione della giornata dedicata a questi professionisti, "la vera festa è che la medicina di famiglia, con i suoi principi - fiduciarietà, prossimità, libera scelta del cittadino - è ancora qua, non è stata archiviata. Anzi. Il che significa che sono i suoi fondamenti a definirne la forza, non le evoluzioni che rappresentano, invece, solo la capacità di adattamento a modelli culturali e tecnologici".

18/05/2023

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