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All’interno di un percorso di cura un elemento cruciale è rappresentato dall’aderenza terapeutica, che può essere difficile da mantenere se si tratta di gestire trattamenti impegnativi, come nel caso del melanoma. Un’indagine realizzata da Doxa, ultimata a luglio 2022, ha analizzato nel dettaglio i diversi aspetti della questione, evidenziando le criticità e offrendo indicazioni preziose per migliorare la situazione.

Aderenza e non aderenza: la visione dei clinici

Per prima cosa, c’è da considerare una disparità sui dati di aderenza e non aderenza, ovvero una visione differente da parte del clinico e del paziente.

Nella percezione dei clinici, la percentuale media generale di aderenza raggiunge l’89% dei pazienti con melanoma, quindi molto elevata. All'interno del dato globale, vengono distinti i pazienti in setting adiuvante, per i quali la percentuale di aderenza è dell’86%, e i pazienti in fase metastatica, a cui è attribuito l’87%. Nel primo gruppo rientrano i soggetti che seguono una terapia di sostegno al trattamento principale, come la rimozione chirurgica del melanoma, con l’obiettivo di migliorare la prognosi e ridurre il rischio di metastasi. La fase metastatica si verifica invece quando le cellule tumorali si spostano dal tumore primario e si diffondono in altri tessuti.

A livello generale, i principali motivi della non aderenza vengono identificati dai clinici in:

  • effetti collaterali;
  • livello di comprensione;
  • età e fattori socio-demografici;
  • relazione medico-paziente;
  • schema di assunzione della terapia;
  • metabolizzazione della malattia nel tempo.

Le percentuali che riguardano le motivazioni sono in alcuni casi simili in entrambe le categorie di pazienti, che si trovano in momenti diversi della malattia e della cura ma che sono accomunati in modo particolare dalla paura nei confronti degli effetti collaterali e dalle specificità determinate da età e fattori socio-demografici.

Aspetti che invece variano significativamente sono la percezione di essere guariti (15% in setting adiuvante, 0% in fase metastatica) e la sottovalutazione dei rischi e dell’importanza della terapia (rispettivamente 18% e 1%), fattori che riguardano il tipo di comprensione della malattia.

Se nel primo gruppo di pazienti le ragioni della non aderenza sono quindi da individuare maggiormente nella sensazione che il problema sia stato già risolto, per esempio tramite l’intervento, e che le successive terapie non siano veramente necessarie, in caso di pazienti che devono affrontare la comparsa di metastasi si manifestano spesso sfiducia nell’efficacia delle terapie e depressione, presenti nel 15% dei casi, contro il 5% di coloro che sono in setting adiuvante.

Sottovalutazione della non aderenza da parte dei clinici

In generale, i clinici tendono a sottovalutare la non aderenza, anche perché il melanoma interessa nella maggior parte dei pazienti abbastanza giovani, considerati informati e con un buon livello di comprensione dell’importanza dei trattamenti. Inoltre, i clinici ritengono che i pazienti siano spaventati dalla malattia e che per questo motivo siano spinti a seguire in maniera precisa le indicazioni terapeutiche.

Con l’aumento delle terapie orali, però, si assiste a una maggiore attenzione al pericolo della non aderenza, dato che è attribuita più autonomia ai pazienti nella gestione del trattamento.

Il vissuto del paziente e l’impatto sulla qualità della vita

La diagnosi di melanoma genera inizialmente nel paziente una reazione di rabbia, anche per le caratteristiche subdole della malattia, che sfocia poi in paura nei confronti delle terapie, tra difficoltà di comprensione e timore degli effetti collaterali. In molti casi, questa patologia provoca un forte impatto sulla qualità di vita in diversi ambiti, come in quello psicologico, perché bisogna iniziare a pensarsi come persona malata “cronica”, e in quello fisico, a causa della stanchezza e delle altre conseguenze dei trattamenti. Anche la vita familiare, di relazione e lavorativa ne risente, tra le preoccupazioni per il futuro, gli effetti collaterali invalidanti, la scomodità di assunzione delle terapie e la necessità di fare assenze dal lavoro.

Aderenza e non aderenza: il punto di vista dei pazienti

Questo difficile vissuto determina numeri ben diversi rispetto a quelli dei clinici. Secondo i pazienti, infatti, i soggetti con elevata aderenza si assestano solo al 37%, mentre il 50% si limita a una media aderenza, per arrivare a un 13% di bassa aderenza.

Considerando la questione più nel dettaglio, il 12% degli intervistati sostiene che le ragioni della mancata aderenza risiedano nella limitata consapevolezza della gravità e dei rischi connessi alla malattia e nella paura degli effetti collaterali delle terapie; nell’8% dei casi viene additata la mancanza di informazioni e nel 6% il rapporto medico-paziente.

Riguardo a quest’ultimo aspetto, un elemento sottolineato è il tempo che viene dedicato alla visita, ad ascoltare il paziente e a fornire tutte i chiarimenti necessari per capire cosa implichi veramente soffrire di melanoma, quale sia il valore delle cure e come portarle avanti al meglio. Quando il tempo non è giudicato sufficiente, diventa difficile creare una reale alleanza fra medico e paziente e impostare una relazione empatica e proficua.

Soprattutto in caso di recidiva, se il paziente non si sente adeguatamente supportato, anche a causa del susseguirsi di diversi medici durante il percorso terapeutico, è facile che si faccia prendere dallo sconforto e perda fiducia nelle cure.

Come migliorare l’aderenza terapeutica

Per favorire l’aderenza terapeutica emerge da parte dei clinici la necessità di una corretta e chiara comunicazione (19%) e di una migliore relazione con i pazienti (11%). Vengono anche indicati comportamenti concreti da adottare, come una maggiore frequenza dei colloqui con i pazienti, anche tramite contatti periodici via telefono ed email, e l’impegno a dedicare loro più tempo.

I medici e, in maniera ancora più rilevante, i pazienti assegnano all’infermiere un ruolo fondamentale di supporto e riconoscono in lui un’importante figura di raccordo con la struttura presso cui si effettuano le cure. A seguire, sono poi indicati psicologi, associazioni di pazienti e aziende farmaceutiche.

L’esigenza di una buona comunicazione - che deve includere i benefici connessi alla terapia, gli effetti collaterali e i rischi determinati dal non assumerla - è ribadita dal 33% dei pazienti. Inoltre, il 15% dei pazienti reclama la necessità di avere continuità con le figure mediche che li assistono, sia per quanto riguarda i medici che gli infermieri. Anche una comunicazione attiva e la piena fiducia nel proprio dottore sono elementi ritenuti essenziali in ottica di un miglioramento del percorso terapeutico.

L’indicazione principale che proviene da questa indagine riguarda proprio la necessità di sopperire alle attuali mancanze in ambito di dialogo e di empatia per arrivare a costruire una profonda alleanza fra medico e paziente, che rappresenta il vero pilastro dell’aderenza terapeutica.

26/09/2022

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