Trapianto di fegato
Intervento chirurgico che consente la sostituzione del fegato malato con un fegato sano, proveniente da un donatore
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Intervento chirurgico che consente la sostituzione del fegato malato con un fegato sano, proveniente da un donatore
Il trapianto di fegato è un intervento chirurgico che consiste nella sostituzione del fegato malato in modo irreversibile, con un fegato sano proveniente da un donatore.
Il donatore può essere una persona deceduta recentemente oppure un vivente: in quest'ultimo caso la donazione è solo parziale, ma – viste le capacità rigenerative dell'organo – può comunque rivelarsi altrettanto efficace.
I candidati al trapianto di fegato vengono scelti dopo una lunga serie di esami specifici. Quando una persona risulta idonea all'intervento, viene inserita in una lista d'attesa e chiamata appena si rende disponibile un fegato per sostituire quello malato. A coordinare tutti i passaggi c’è il Centro nazionale trapianti (CNT), a cui sono collegati in network i centri trapianti locali.
Dai dati ufficiali del Centro Nazionale Trapianti del 2020, in Italia il numero di trapianti di fegato effettuati è stato di 1201.
Dal 1992 al 2020, sempre in Italia, i trapiantati sono stati oltre 25.000.
La percentuale di sopravvivenza a un anno è dell'86,8% e l'85,5% riprende un'attività lavorativa. A cinque anni dal trapianto la sopravvivenza dei pazienti si attesta dal 75 all'80%.
Il fegato è uno degli organi più complessi del corpo umano e svolge un numero molto elevato di funzioni fondamentali per la vita. Rientrano tra queste:
Il fegato, per svariati motivi, può danneggiarsi e non svolgere più le sue funzioni. Tale condizione è definita insufficienza epatica grave e può avere diverse origini:
Altre condizioni che possono richiedere il trapianto del fegato sono:
Tra le cause meno comuni di cirrosi si sono:
In base alla velocità con cui si presentano i sintomi di insufficienza epatica si distinguono:
Diversamente da quanto accade per cuore, reni e polmoni, non esiste attualmente un organo artificiale o un dispositivo meccanico (come ad es. la dialisi renale) in grado di sostituire la funzionalità del fegato.
L'unica soluzione possibile, quando il danno epatico è profondo e irreparabile, è il trapianto d'organo umano. Ciò spiega diversi aspetti: non solo le difficoltà nel recuperare un organo compatibile con il paziente, ma anche l'enorme richiesta, i tempi di attesa e l'iter da seguire per rientrare nelle liste di attesa.
Il trapianto di fegato è un intervento molto delicato e non privo di complicazioni:
A mettere in contatto il paziente con il Centro Trapianti è il medico curante, il quale, dopo vari esami, ipotizza che possano esserci le condizioni per l'inserimento in lista d'attesa. A quel punto, il paziente viene visitato da un’equipe di medici ed esperti (chirurghi, epatologi, anestesisti-rianimatori, infermieri, assistenti sociali ecc.), i quali, solo dopo un'analisi accurata, decreteranno se il trapianto è la soluzione più indicata.
I test utili per il trapianto sono diversi:
Se a tutte queste valutazioni ci sarà un esito positivo, il paziente verrà inserito in lista d'attesa.
In base alla gravità, i malati più compromessi vengono inseriti in una posizione più avanzata. La gravità dell'insufficienza epatica di un paziente può essere contrassegnata con due diversi punteggi: il MELD (acronimo inglese per Model for End-Stage Liver Disease) e il Child-Pugh.
I tempi di attesa per un trapianto di fegato sono variabili (da settimane a mesi) e non è possibile stabilirli con esattezza, ma dipendono da:
In qualsiasi momento, appena c’è una disponibilità di organo, il Centro Trapianti informa il paziente che risponde alla convocazione. Il paziente deve prepararsi all’intervento seguendo le indicazioni che verranno fornite in quanto è prevista l'anestesia generale.
Il trapianto di fegato è un'operazione chirurgica molto delicata eseguita in anestesia generale.
Il fegato proviene, solitamente, da un donatore deceduto per morte definita con criteri cerebrali o cardiaci, anche se non è escluso che possa provenire da un vivente.
Questa seconda possibilità - che molto spesso vede come protagonisti membri della stessa famiglia, con un forte vantaggio per la compatibilità immunologica - è permessa dalla straordinaria capacità del fegato di autorigenerarsi, dopo un'asportazione parziale.
Lo split liver, tradotto in italiano "fegato diviso", è un normale trapianto di fegato da donatore deceduto, dove però il fegato da impiantare viene diviso in due: la parte più grande è destinata a un ricevente adulto, mentre la parte più piccola è assegnata a un ricevente pediatrico o di ridotta corporatura.
Dal donatore vivente viene asportato uno dei due lobi del fegato: il lobo destro, che è più grande, è riservato ai pazienti adulti o di corporatura normale, mentre il lobo sinistro, che è più piccolo, è riservato ai pazienti giovani (in genere bambini) o di ridotte dimensioni corporee. L'intervento sul ricevente è del tutto uguale a quello praticato nel caso di trapianti da donatori deceduti.
I lobi, sia nel ricevente che nel donatore, crescono molto velocemente: dopo un mese circa dal trapianto, infatti, il fegato ha già raggiunto l'85% della sua dimensione originale.
Il grosso vantaggio di un trapianto da donatore vivente è rappresentato dal fatto che i tempi di attesa sono notevolmente ridotti. Infatti, se c'è compatibilità di gruppo sanguigno tra due membri della stessa famiglia (o anche tra due amici molto stretti), l'operazione può essere quasi immediata (generalmente entro un mese) espletati i necessari accertamenti sul donatore.
Una volta conclusa l’operazione, il paziente deve trascorrere qualche giorno in terapia intensiva per osservare come l'organismo reagisce al trapianto. Se non ci sono complicazioni, il paziente viene ricoverato in un reparto ospedaliero per almeno un paio di settimane.
In questo arco di tempo, medici e personale specializzato si occuperanno di insegnare al degente come avere massima cura della propria salute e quali farmaci assumere a dimissione avvenuta.
Subito dopo il trapianto deve essere iniziata la terapia farmacologica a base di immunosoppressori che dura per tutto il resto della vita. Si tratta di una terapia impegnativa e che deve essere assunta con regolarità. Gli immunosoppressori, per prevenire il rigetto, riducono l'efficienza del sistema immunitario.
Questa condizione espone il paziente a infezioni e ad altri disturbi, soprattutto nei primi tempi successivi al trapianto, quando i dosaggi sono più elevati.
I principali preparati farmacologici sono gli inibitori della calcineurina, il micofenolato o gli inibitori m-TOR (che presentano minore tossicità renale, ma minore potenza immunosoppressiva) e i corticosteroidi: quest'ultimi vengono generalmente sospesi entro i primi 3 mesi tranne nei casi di patologie autoimmunitarie.
Da quando si conclude l'intervento e per il resto della vita, un individuo trapiantato di fegato deve sottoporsi a controlli periodici (principalmente esami del sangue), che valutano il suo stato di salute generale e quello del fegato trapiantato.
Le abitudini di vita di una persona che ha ricevuto un trapianto di fegato devono tener conto di alcuni cambiamenti:
Di regola i pazienti trapiantati non devono seguire un regime alimentare specifico. Tuttavia, non va perso di vista il peso corporeo. Un eccesso di peso è nocivo perché causa la malattia del fegato grasso.
Frutta e verdura devono essere lavate accuratamente ed è consigliabile rinunciare a quelle che crescono a diretto contatto con il suolo (per esempio fragole). Visto che i farmaci immunosoppressori limitano la funzionalità dei reni, si raccomanda di bere molto (almeno 2 litri a giorno).
È da evitare particolarmente il consumo di pompelmo e succo di pompelmo perché aumentano la concentrazione nel sangue dei farmaci immunosoppressori.
In assenza di complicazioni, dopo un trapianto di fegato, il ritorno a una vita normale può richiedere da 6 a 12 mesi.
Al termine di questo periodo, il paziente può tornare anche a lavorare e a svolgere attività fisica, ma deve continuare ad assumere i farmaci e avere cura della sua salute. I tempi di ripresa dipendono dalle condizioni pre-intervento: se molto gravi, si allungano. Da alcune indagini statistiche italiane (i cui risultati sono molto simili a quelli di altri paesi) è emerso che circa il 75-80% delle persone sottoposte a trapianto di fegato sopravvive a 5 anni dopo l'intervento.
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