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Globalmente, “ogni anno, si stimano 18 milioni di nuovi casi di tumore e sono quasi 10 milioni i decessi – afferma Saverio Cinieri, Presidente dell’Associazione italiana oncologia medica (Aiom) -. In uno studio pubblicato recentemente da The Lancet è stato evidenziato che, in Europa, il rischio di morire di cancro aumenta progressivamente al diminuire del livello socioeconomico. Le neoplasie che più risentono del gradiente sociale sono quelle del polmone, stomaco e cervice uterina”.

Le persone meno istruite e più povere hanno stili di vita scorretti, in particolare fumano di più, partecipano meno agli screening, non accedono ai sistemi sanitari e, troppo spesso, arrivano alla diagnosi di tumore in fase già avanzata: nel nostro continente, il 32% delle morti per cancro negli uomini e il 16% nelle donne sono collegate a disuguaglianze socioeconomiche, in particolare a bassi livelli di istruzione e reddito. In Italia, e nei Paesi che presentano sistemi sanitari universalistici, queste disparità sono meno evidenti. Ma noi dobbiamo colmare lo storico divario nell’adesione ai programmi di screening fra Nord e Sud e snellire le questioni amministrative: più del 50% del tempo di ogni visita oncologica è assorbito da adempimenti burocratici.

“Più si comprendono i processi biologici, i fattori di rischio e i determinanti della salute che favoriscono l’insorgere dei tumori - continua Cinieri - più efficaci diventano la prevenzione, la diagnosi e il trattamento. Vanno contrastati i principali fattori di rischio, tenendo conto di tutti i determinanti della salute, tra cui istruzione e status socioeconomico. Serve una visione a 360 gradi, che includa anche le condizioni di disagio dei cittadini, per non lasciare indietro nessuno”.

Lo studio rivela che in Europa, circa 1 morte di tumore su 3 negli uomini è associata a disuguaglianze socioeconomiche (si arriva a quasi la metà nell’Europa dell’Est), per le donne questa proporzione è 1 a 6 (1 su 4 nell’Europa dell’Est). “L’Italia, come altri Paesi mediterranei, sembra soffrire meno delle disuguaglianze sociali nei tumori – osserva il presidente Aiom - Ma vi sono aree su cui servono interventi urgenti, a partire dalla sensibilizzazione dei cittadini sui corretti stili di vita. Nel 2022, in Italia, sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. Il 40% dei casi può essere evitato agendo su fattori di rischio modificabili. In particolare, il fumo di tabacco è il principale fattore di rischio associato all’insorgenza di circa 1 tumore su 3 e a ben 17 tipi di neoplasia, oltre a quella del polmone. Le differenze sociali nel fumo, che vedono più esposte le persone con minori risorse economiche o basso livello di istruzione, nel nostro Paese si mantengono nel tempo ampie e significative, a fronte di una riduzione che coinvolge di più gli individui meno svantaggiati”.

Disagio socioeconomico, fumo e sedentarietà

I dati mostrano che nel 2021 l’abitudine tabagica fra i cittadini che dichiarano di avere molte difficoltà economiche e faticano ad arrivare alla fine del mese è stata pari al 37% e analoga a quanto si osservava nel 2008, mentre fra chi non ha problemi finanziari la quota di fumatori è scesa dal 27% al 20% fra il 2008 e il 2021. Ma non basta. “Secondo stime del ‘World Cancer Research Fund’ il 20-25% dei casi di tumore è attribuibile a un bilancio energetico troppo ricco, legato al binomio eccesso ponderale e sedentarietà - sottolinea Francesco Perrone, presidente eletto Aiom -. In Italia, il 31% dei cittadini è sedentario e il 10% è obeso, ma queste percentuali raggiungono, rispettivamente, il 45% e il 17% fra coloro che sono in difficoltà economiche o presentano un basso livello di istruzione. È necessario potenziare le azioni volte a diffondere l’adozione consapevole di uno stile di vita sano e attivo in tutte le età, integrando cambiamento individuale e trasformazione sociale, attraverso lo sviluppo di programmi di promozione della salute”.

Implementare i programmi di screening

“Nel 2021 – continua Perrone – si è osservato un ritorno ai dati pre-pandemici per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Ma non basta, perché restano ancora troppe differenze regionali. In particolare, nel 2021, al Nord i valori di copertura della mammografia hanno raggiunto il 63% rispetto al 23% al Sud. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il dato è del 45% rispetto al 10%. Nello screening cervicale, al 41% delle Regioni settentrionali fa da contraltare il 22% di quelle meridionali”. Per migliorare i livelli di adesione in queste aree, si possono coinvolgere le farmacie nello screening del tumore colon-retto.

Ridurre la burocrazia

“Una ricerca svolta in 35 strutture ospedaliere, per un totale di 1.469 pazienti visitati – spiega Rossana Berardi, membro del Direttivo Nazionale Aiom - ha mostrato che, durante un appuntamento, per 11 minuti dedicati alla visita della persona, ulteriori 16 vengono spesi per la compilazione di moduli, prenotazione di appuntamenti, visite, esami, letti e poltrone per ricoveri o day hospital, prescrizioni, invio di e-mail. Un dato che probabilmente è addirittura sottostimato, perché molti centri dedicano giorni fissi a queste attività. La scarsità dei clinici è diventata una vera emergenza”.

La proposta di Aiom è di affiancare agli oncologi nuovo personale: figure amministrative e paramediche, biologi o data manager in grado di supportare il medico durante le visite, per accorciarne la durata e aumentarne il numero. “Meno tempo dedicato a compilare moduli significa più ore a disposizione per le visite dei pazienti. Chiediamo maggior attenzione per affrontare la pandemia di cancro - conclude Berardi - più spazi fisici e più professionisti in staff, comprese figure di aiuto come gli psiconcologi, data manager e case manager”.

12/04/2023

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