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“L’obesità implica un sovraccarico di lavoro per i reni, potendo portare, nel tempo, a una progressiva riduzione della funzione renale globale. Inoltre, il paziente obeso è più a rischio di sviluppare diabete e ipertensione, tra le prime cause di malattia renale cronica”, spiega così il legame indissolubile tra obesità, alimentazione, diabete e malattia renale cronica, Piergiorgio Messa, presidente della Società italiana di nefrologia (Sin), già direttore di Unità Operativa Complessa di Nefrologia, dialisi e trapianto renale, policlinico e professore ordinario di Nefrologia all'Università degli Studi di Milano.

L’alta incidenza di obesità fra i pazienti con malattia renale cronica - spiega una nota della Sin - è dovuta al fatto che molti diabetici obesi e/o ipertesi sviluppano una nefropatia. Il diabete è infatti una delle prime cause di malattia renale cronica (Mrc), non solo come effetto - Mrc diabetica - ma anche perché il paziente diabetico è a maggior rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e infettive, che concorrono all’aumentata malattia renale.

"Fino al 30-40% dei pazienti diabetici - ricorda Messa - sviluppa malattia renale cronica, ma in alcune realtà etniche, come quella afroamericana e ispanica negli Stati Uniti d’America, nelle quali questa tendenza è particolarmente elevata, anche perché spesso associata ad obesità, la prevalenza globale della malattia renale cronica può raggiungere o superare il 50%. I dati europei sono al momento moderatamente migliori - continua - con una minore incidenza di Mrc nei pazienti diabetici (circa 30-40%) e minore prevalenza di obesità. Questi dati epidemiologici suggeriscono che l’obesità sia un fattore addizionale di rischio per lo sviluppo di Mrc. Non è poi da dimenticare che esistono condizioni genetiche, solo in parte definite, che concorrono a predisporre allo sviluppo di nefropatie”.

Biomarcatori e altri fattori

La diagnosi di diabete correlato all’obesità e l’evoluzione della stessa condizione si può oggi conoscere grazie ai biomarker diagnostici e prognostici. Sono in fase di studio una serie di marker predittivi del tipo dell’evoluzione della Mrc, che potranno aggiungersi ai marcatori usati ormai di routine, per favorire una maggiore specificità e predittività degli eventi renali.

La correlazione obesità – malattia renale cronica è inoltre dovuta all’effetto di alcuni farmaci che vengono usati nella terapia, come i cortisonici, e alla riduzione di attività fisica dovuta all'aumento di peso, ma anche alla presenza di fattori clinici e metabolici che possono influire, a vario titolo, sullo sviluppo della malattia renale.

Obesità e trapianto renale

Il peso elevato ha un impatto negativo anche sulla salute dei pazienti che hanno avuto un trapianto di rene. La percentuale di obesi è piuttosto alta a causa dei farmaci somministrati per evitare il rigetto, come la terapia steroidea, a cui si aggiunge il recupero dell’appetito e della convivialità, dopo il periodo di malattia. L'obesità incide quindi anche sulla sopravvivenza dell’organo trapiantato, mettendo ulteriormente sotto stress l’unico rene.

Su alimentazione e stile di vita, gli studi indicano che si riduce il rischio di sviluppare la malattia renale cronica e, se presente, si rallenta l’evoluzione della patologia, quando è seguita una dieta ricca in fibre vegetali e con limitato apporto di proteine animali e di sale. In sintesi, contro l’obesità e la malattia renale, è utile la dieta Plado (Plant-dominant low-protein diet) che privilegia i grassi e le proteine vegetali rispetto alle proteine animali, riduce l’assunzione di zuccheri semplici, a rapido assorbimento con la conseguenza di aumentare l’introito di elementi proteici e di ridurre l’apporto calorico a rapida utilizzazione. Nella terapia nutrizionale è inoltre importante il microbiota.

“Tre le condizioni che preoccupano maggiormente il nefrologo ci sono: l’accumulo di fosforo, gli eccessivi apporti di proteine e quelli di potassio (che non viene eliminato correttamente da reni non sufficienti nella loro funzione) - spiega Gaetano La Manna, professore ordinario e direttore dell’Unità Operativa di Nefrologia, Dialisi e trapianto, policlinico di Sant'Orsola dell'Università di Bologna - Questo "significa che, teoricamente nei nefropatici con riduzione della funzione renale, ci sia la necessità di una forte limitazione dell’apporto di proteine animali, ma anche di quelle vegetali”. In alcuni contesti “in passato - aggiunge -, l’eccessivo contenimento di alimenti ad elevato valore nutrizionale, e in particolare di quelli di origine vegetale, poneva il rischio di malnutrizione, fino, in qualche caso, a forme di cachessia", ovvero di profondo deperimento organico.

"Oggi è possibile controllare il potassio e chelare il fosforo (rendendolo meno assorbibile) grazie all’avanzamento della scienza e della dietologia – sottolinea il nefrologo - ma anche a nuove migliori opportunità terapeutiche. Ciò significa” garantire “una dieta più equilibrata e più generosa verso gli alimenti vegetali, sfruttando maggiormente i vantaggi della dieta mediterranea per un miglior controllo del peso forma e della qualità della vita, e nondimeno migliorando le potenzialità di approccio terapeutico alla progressione della malattia renale cronica”.

05/01/2023

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