Sindrome Metabolica
La sindrome metabolica è la compresenza di fattori, quali obesità, ipertensione e trigliceridi alti, che possono favorire lo sviluppo di malattie cardiovascolari, diabete e tumori
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La sindrome metabolica è la compresenza di fattori, quali obesità, ipertensione e trigliceridi alti, che possono favorire lo sviluppo di malattie cardiovascolari, diabete e tumori
Per sindrome metabolica si intende un quadro clinico complesso, determinato dalla presenza simultanea di varie condizioni: diabete, pressione alta, obesità, una grande circonferenza della vita (obesità viscerale), dovuta a un eccesso di grasso addominale intorno agli organi interni come fegato, pancreas e intestino, alterazioni dei livelli ematici di colesterolo e altri grassi (dislipidemia).
La sindrome metabolica viene indicata anche come sindrome da insulino-resistenza poiché si ritiene che la sua causa principale sia la resistenza delle cellule all’insulina, ormone prodotto dal pancreas che controlla il trasporto del glucosio dal sangue nelle cellule dove è utilizzato per la produzione di energia.
I fattori che possono causare la sindrome metabolica sono:
Chi nasce con la tendenza a sviluppare l’insulino-resistenza, svolge scarsa attività fisica e continua ad accumulare peso in eccesso, corre un rischio maggiore di essere colpito dalla sindrome metabolica.
Altre condizioni che svolgono un ruolo importante nella comparsa della sindrome metabolica sono:
Il rischio di sviluppare la sindrome metabolica aumenta con l’avanzare dell’età.
Inoltre, la sindrome metabolica presenta un rischio due volte maggiore di sviluppare malattiecardiache (infarti e ictus) e cinque volte maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2. Il motivo? Il grasso addominale in eccesso aumenta il rischio di:
I depositi di grasso in eccesso nell’addome aumentano il rischio anche di:
Diabete, pressione alta e obesità sono correlati tra di loro, e sono sempre più comuni nella popolazione a causa di abitudini e stili di vita errati. Questo spiega la larga diffusione della sindrome metabolica, che attualmente interessa una persona adulta su quattro.
Secondo l’Oms nei Paesi industrializzati, la sindrome metabolica è un problema grave e negli Stati Uniti colpisce più del 40% dei soggetti di età superiore a 50 anni (il 35% in Europa) e il 43,5% delle persone over 60, in particolare le donne dopo la menopausa.
Anche i bambini e gli adolescenti possono sviluppare la sindrome metabolica. La sua frequenza è stimata intorno al 4% nella popolazione pediatrica generale, raggiungendo il 30% nei bambini con obesità.
La sindrome metabolica è un nemico silenzioso. Spesso, infatti, chi ne soffre non lamenta sintomi particolari.
L’obesità viscerale, quindi la circonferenza addominale, è l’elemento cardine, oltre che l’unico chiaramente visibile mentre gli altri vanno cercati con le analisi del sangue o la misurazione della pressione.
La sindrome metabolica inizia in sordina con l’unico segno esterno che è appunto la «pancetta». Anche per questo motivo tale condizione viene diagnosticata casualmente, durante accertamenti eseguiti per altre motivazioni.
Il rischio di sviluppare la sindrome metabolica aumenta in presenza dei seguenti fattori:
A questi vanno aggiunti altri fattori come l’età avanzata, la predisposizione genetica, la scarsa attività fisica e la familiarità con il diabete.
Più alto è il numero di condizioni di cui si soffre, maggiore è la probabilità di sviluppare la sindrome metabolica.
In chi soffre di obesità, sono stati riscontrati alti livelli di ferritina e, in concomitanza, un’alta incidenza della sindrome metabolica.
La ferritina è la proteina di deposito del ferro che indica i livelli di ferro nell'organismo. Se presente in livelli elevati, la ferritina può causare stati infiammatori.
Il dosaggio della ferritina plasmatica (ferritinemia) è impiegato per individuare il deficit o il sovraccarico di ferro. Tale dosaggio viene effettuato su campione di sangue. Il paziente può sottoporsi al prelievo di sangue dopo un digiuno di circa 3 ore.
La resistenza all’insulina è ritenuta la causa principale della sindrome metabolica. L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che controlla il trasporto del glucosio dal sangue alle cellule. In caso di insulino-resistenza, i livelli di glucosio nel sangue crescono in modo errato.
In caso di insulino-resistenza le cellule del nostro corpo non rispondono adeguatamente allo stimolo dell’insulina e, conseguentemente, il glucosio non entra nelle cellule. Quindi i livelli di glucosio nel sangue aumentano nonostante il tentativo dell’organismo di mantenerli sotto controllo producendo dosi sempre maggiori di insulina.
L’insulino-resistenza fa sì che il corpo produca più insulina per compensare una condizione nota come iperinsulinemia. Inoltre, può essere un fattore scatenante per lo sviluppo del diabete di tipo 2 e del diabete in gravidanza.
L’insulino-resistenza da parte delle cellule muscolari, adipose ed epatiche fa sì che esse non rispondano correttamente alla presenza dell’insulina, e di conseguenza la loro capacità di assorbire glucosio dal sangue cala. Per raggiungere l’effetto desiderato, sarà così necessaria una maggiore concentrazione di insulina.
All’inizio non dà sintomi; questi ultimi si manifestano in un secondo momento, come conseguenza degli alti livelli di glucosio nel sangue e includono: appetito, sonnolenza, difficoltà di concentrazione, pressione arteriosa alta, livelli di colesterolo alti, aumento di peso, soprattutto sul ventre.
Numerosi i fattori di rischio che possono contribuire al suo sviluppo:
L’insulino-resistenza può essere diagnosticata controllando i livelli di insulina nel sangue. Un paziente con questa condizione può essere seguito da medici specializzati in endocrinologia, diabete e metabolismo perché sono ugualmente in grado di diagnosticare e trattare insulino-resistenza.
Per la diagnosi di sindrome metabolica è necessaria la compresenza di almeno tre fattori di rischio:
Per porre la diagnosi di sindrome metabolica, il medico misura la circonferenza della vita, la pressione arteriosa e i livelli ematici di zucchero e grassi (lipidi) a digiuno.
La circonferenza della vita deve essere misurata a tutti in quanto anche chi non è sovrappeso oppure ha un aspetto magro può immagazzinare grasso in eccesso nell’addome. Maggiore è la circonferenza della vita, maggiore è il rischio di sindrome metabolica e relative complicanze.
In presenza di sindrome metabolica è corretto rivolgersi presso centri specializzati per una gestione multidisciplinare adeguata.
Il trattamento iniziale prevede esercizio fisico e cambiamenti delle abitudini alimentari. Se necessario, ciascuna componente della sindrome metabolica deve essere trattata anche con farmaci per tenere sotto controllo la pressione alta, abbassare il colesterolo e i trigliceridi o ridurre la glicemia in base ai parametri alterati rispetto alla norma.
Se i soggetti presentano diabete oppure un alto livello glicemico, possono essere utili i farmaci che aumentano la sensibilità dell’organismo all’ insulina, come la metformina.
La metformina un farmaco ipoglicemizzante attivo per via orale, sotto forma di compresse, nel trattamento del diabete di tipo 2. È somministrato sia in monoterapia che in terapia combinata con altri farmaci. Tale farmaco ha il compito di modulare il metabolismo degli zuccheri presenti nell'organismo senza agire sulle cellule beta pancreatiche responsabili della secrezione di insulina (ormone ad azione ipoglicemizzante), garantendo un buon controllo sia della glicemia basale che di quella post-prandiale e riducendo al minimo il rischio di incorrere in episodi di ipoglicemia.
La terapia a base di metformina risulta ben tollerata, tuttavia talvolta l’assunzione di questo farmaco risulta associata alla comparsa di effetti a carico dell'apparato gastro-intestinale (nausea, vomito, diarrea, dolori addominali) e perdita di appetito.
L'uso di metformina è controindicato in caso di ipersensibilità al principio attivo o a uno dei suoi eccipienti. Non deve inoltre essere somministrato nei pazienti con insufficienza renale o disfunzione renale, disidratazione, insufficienze cardiaca, insufficienza respiratoria, insufficienza epatica, e durante l'allattamento. Durante la gravidanza è, invece, ammesso.
Per prevenire lo sviluppo della sindrome metabolica è necessario:
L'esercizio fisico regolare, anche moderato, mantiene costante la glicemia, riduce la resistenza all'insulina e i livelli di trigliceridi, alza i valori del colesterolo HDL abbassando quelli del colesterolo LDL, previene la pressione alta (ipertensione) e favorisce la perdita di peso e la riduzione del grasso corporeo, soprattutto quello addominale.
Non è necessario praticare un’attività fisica intensa. Sono sufficienti piccoli accorgimenti come salire e scendere le scale, evitando di prendere l’ascensore; passeggiare a passo sostenuto per circa 10 minuti tre volte alla settimana, aumentando gradualmente sia la velocità che la durata dell’esercizio sino ad arrivare a 30-60 minuti dalle quattro alle sei volte alla settimana.
La dieta deve prevedere il consumo regolare di frutta, verdura, legumi e cereali integrali, ricchi di fibre, e limitare l’uso di alimenti proteici, come carni rosse, latticini, formaggi e insaccati, ad alto contenuto di grassi e colesterolo.
Particolare attenzione deve essere prestata all'uso del sale da cucina (sodio) limitandone le quantità a vantaggio dell’impiego di erbe aromatiche e spezie; da evitare, o limitare, il consumo di zuccheri, dolci e bevande zuccherate.
È consigliabile mangiare pane di farina integrale al posto di quello bianco. Burro e margarina dovrebbero essere eliminati dalla dieta utilizzando, invece, come condimento l’olio extravergine di oliva, preferibilmente a crudo.
Uno stile di vita sano comprende anche moderazione nel consumo di alcol e astensione dal fumo.
In età pediatrica la sua frequenza è stimata intorno al 4% nella popolazione pediatrica generale, raggiungendo il 30% nei bambini con obesità.
E in Italia circa il 30% dei bambini dai 7 ai 9 anni ha un peso superiore rispetto a quello che dovrebbe avere, in particolare nelle regioni del Sud, prima fra tutte le Campania (secondo i dati del Dipartimento Materno Infantile dell'Università della Campania Luigi Vanvitelli e delle valutazioni ministeriali di OKkio alla Salute).
Inoltre, un bambino obeso dai 7 ai 10 anni di vita ha l'80% delle probabilità di essere obeso anche da adulto, il triplo delle possibilità di essere da adulto affetto da diabete di tipo 2 e sempre il triplo delle possibilità di morire per una malattia cardiovascolare.
Tra le problematiche di salute innescate dal sovrappeso e dall'obesità anche in età pediatrica, la più insidiosa è l'ipertensione, tanto che circa il 30% dei bambini obesi è iperteso.
Un’altra complicanza è la steatosi epatica (fegato ingrossato) che riguarda circa il 40% dei bambini obesi a partire dai 5-7 anni di età.
Come l’adulto, anche il bambino quasi mai presenta sintomi. Il pediatra, visitando il suo piccolo paziente nei controlli di routine, quando riscontra un aumento dell'adipe su addome, torace e dorso, immediatamente provvede alla misurazione della circonferenza della vita e della pressione arteriosa.
Nel caso sospetti si tratti di sindrome metabolica, procederà ad indagini di laboratorio e strumentali di semplice attuazione (glicemia ed insulinemia, profilo lipidico, transaminasi, ecografia epatica).
Il bambino con eccesso di peso, alimentazione non adeguata ai fabbisogni e sedentarietà è a rischio di sviluppare questa sindrome.
Il pediatra invierà il paziente con forte sospetto di sindrome metabolica al centro di riferimento per ulteriori esami (curva da carico orale con glucosio, monitoraggio della pressione delle 24 ore, test da sforzo cardiovascolare) e per impostare la terapia.
Il trattamento deve sempre prevedere l'adozione di un regime alimentare adeguato ai reali fabbisogni del bambino e che tenga conto delle alterazioni dei valori di laboratorio rilevati.
Indispensabile è, inoltre, una buona attività motoria quotidiana.
Laddove lo specialista (endocrinologo, epatologo, cardiologo, broncopneumologo) lo ritenga indicato, potrà essere prescritta una terapia specifica che agisca sul singolo fattore di rischio.
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